Bloody Facebook – Prologue
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Il sole era già tramontato da alcune ore e un corvo nero stava volando sopra i tetti di Monza. Si vedevano solo i suoi occhi rossi che scrutavano attenti le luci brillanti della sera. L’animale si allontanò dal centro cittadino gracchiando, come per annunciare un presagio malefico che si stava avverando nella città lombarda.
“Load up on guns, bring your friends. It’s fun to lose and to pretend. She’s overboard, self assured. Oh no I know, a dirty word…”
Una canzone grunge dei Nirvana, proveniente dalla birreria Party Night e la luce fredda di un lampione, attraversarono i vetri della finestra di un appartamento sito in uno stabile ottocentesco. Come degli ospiti intrusi senza invito, si unirono a una voce camuffata da un distorsore sonoro:
“Sono Atropo e in questo preciso momento spezzerò la vita di Alina”.
La ragazza era seduta con le mani e i piedi legati come una prigioniera di guerra. Aveva anche la testa bloccata, con una fascia, a un semiasse di legno posto in verticale dietro la schiena. Era costretta a osservare in un’unica direzione. Sulle palpebre aveva degli schermini di metallo traforati che la costringevano a tenere gli occhi aperti e che formavano una cornice sanguinante attorno ai suoi occhi verde smeraldo. La bocca della giovane donna era tappata da un nastro nero telato che non le permetteva di urlare, di poter chiedere pietà al suo carnefice, ma la costringeva a tenere tutta per sé i gemiti di pianto e disperazione. Mentre Atropo stava mettendo in atto la sua spietata esecuzione, Alina era pietrificata dal terrore ed era già l’immagine decadente della vittima predestinata al macello. Le parole pronunciate dal boia in videoregistrazione sullo smartphone sarebbero bastate a segnarla per sempre, anche qualora un evento soprannaturale l’avesse salvata. Seppur nel suo profondo dell’animo non credesse ai miracoli, sperava con tutto il cuore che potesse succedere un fenomeno straordinario, che un angelo scendesse sulla terra in quel preciso istante e la traesse in salvo dal demonio che la stava soggiogando ancor prima di ucciderla. Mentre alla vittima scendevano le lacrime miste a sangue, dagli angoli dei suoi bellissimi occhi ormai deturpati, Atropo si avvicinò pian piano verso di lei destreggiandosi in una danza macabra e tenendo nelle mani una forca di metallo lucente. Il danzatore crudele sembrava fiero di quello che stava compiendo e si sentiva come un samurai che si stava accingendo alla battaglia del millennio.
Ad Alina, in quel brevissimo lasso di tempo di esecuzione sommaria e surreale, non rimaneva ormai che rivolgere il suo ultimo pensiero ad Amanda, Adam e Cesar. Mamma, papà e fratello rimasti nel suo paese natio dell’est Europa. Allora cercò di pensare a qualcosa di bello che la legasse ai suoi cari, come se fossero lì con lei a consolarla da un castigo di non ritorno. Le venne in mente una ninna nanna che le cantava sua mamma Amanda, quando non riusciva a prendere sonno, perché aveva paura del buio…ninna nanna…ninna nanna bella Alina mia piccina…ninna nanna…e… le punte malefiche della forca entrarono nelle sue giovini carni e posero fine allo strazio della poverina.
La musica assordante della birreria, al piano terra dello stabile, passò da “Smells Like Teen Spirit” a “Hooch” dei Melvins e un ragazzo, vestito con jeans slim fit e giubbotto di pelle nera, uscì dal locale per fumarsi una sigaretta. Passò davanti a lui un alcolizzato che gli chiese se poteva offrirgliene una. Il giovane, senza neanche degnarlo di uno sguardo, si passò una mano sul suo ciuffo di capelli scuri, estrasse lo smartphone dalla tasca del giubbotto e si mise a chattare continuando a fumare.
-Ehi! Ti ho chiesto se puoi offrirmi una sigaretta! Sei sordo o fai finta di non sentirmi? Pezzo di stronzo!-
Il frequentatore della birreria venne convinto alle attenzioni dell’uomo e notò che indossava un cappotto grigio sporco e consunto e aveva barba e capelli talmente lunghi che il viso era irriconoscibile. Lo osservò per alcuni secondi facendo uno sguardo schifato. Fece un paio di tiri con la sigaretta al termine della sua utilità, buttò il mozzicone verso il vagabondo e gli fece un gesto eloquente con la mano di allontanarsi da lui. Ma il disadattato, prima di continuare sulla sua strada nel nulla, disse al giovane delle parole che lo basirono:
-Ma vai a quel paese, finocchio!-
Dopo un paio di minuti, l’alcolizzato, fischiettando una melodia di cui probabilmente non conosceva il titolo, giunse in un vicolo buio senza uscita, dove sapeva che solitamente c’erano dei grossi cartoni depositati da un minimarket, in attesa del ritiro da parte degli operatori ecologici, il mattino seguente. L’uomo ne prelevò un paio come solito e si accomodò nell’usuale angolino adibito a una piccola camera da letto sotto le stelle. Si addormentò subito esausto, ma dopo pochi minuti si svegliò di soprassalto sentendo del liquido caldo sulla pelle del viso che colava dalla barba e dai capelli fetidi.
-Ma che caspita, è piscia!-
Il ragazzo che non gli offrì la sigaretta, stava filmando col suo smartphone, tre suoi amici che, sghignazzando compiaciuti, stavano urinando sulla testa del vagabondo. Il crudele regista improvvisato disse con sguardo diabolico:
-Oh raga, ora posto questo video su Facebook e chissà quanti like avremo…-
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Si legge benissimo… Bel Sito Web, complimenti
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Effettivamente, qui, la lettura è molto meglio rispetto a Facebook. Bravo Carlo 👍
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Complimenti Carlo…
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Top👌👌👌
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Bellissimo 👍
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Bellissimo Prologo. Voglio leggermelo tutto!
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Bel Incipit
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Molto interessante
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Bel Prologo… Complimenti… Appena ho tempo voglio proprio leggere tutto questo thriller. Deve essere avvincente…
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L’ha ripubblicato su Edizioni Noubs http://www.noubs.it.
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