>CAPITOLO 1 < BLOODY FACEBOOK

Bloody Facebook – Chapter 1

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L’auto avanzava velocemente lungo una strada della provincia brianzola, in una grigia mattina d’inverno. Il suo passaggio smuoveva i rinsecchiti fogliami sull’asfalto e le ormai nude piante, insieme al sole celato, assistevano tristemente allo spettacolo desolante di una natura brinata lombarda.
All’interno dell’utilitaria in movimento, la radio metteva un pizzico di allegria al conducente :

“…ciao ciao belle tettine, scusami se parlo male lo sai che io non sono fine…sì come in India, hai mai pensato a quel progetto di esportare la piadina Romagnola?…”

Buongiorno cari ascoltatori ! Vi siete appena alzati? Oppure vi state già recando al lavoro? Oppure non avete ancora…

” Che palle!” pensò Federico alla guida.”
Alla radio non fanno manco finire una canzone che continuano a parlare!” Molto infastidito, cambiò emittente in continuazione sobbalzando tra pubblicità, insulsi scherzi telefonici e oroscopi di sempre più dubbia veridicità. Mentre un’emittente locale stava dando la notizia di atti vandalici commessi da ragazzi sugli emarginati che vivevano nelle strade e poi postavano in Facebook le loro squallide bravate per avere più consensi Social, l’uomo al volante, disgustato, spense l’autoradio.
Stava andando al lavoro e non aveva proprio voglia di sentire tutte quelle parole inutili e brutte notizie, aveva ancora una buona mezz’oretta da percorrere; così decise di riaccendere l’autoradio e di ascoltarsi un bel CD degli America. Federico era aperto alle evoluzioni tecnologiche ma si era affezionato alla sua vecchia Kenwood con il lettore CD. Questo apparecchio gli ricordava una passata storia d’amore. Ogni volta che inseriva un dischetto pensava a una sua vecchia fiamma :

“Oh Samanta che bei ricordi …”
e sorrise anche rammentando il giorno in cui acquistò l’auto nuova e il venditore lo guardò inebetito alla sua richiesta di installargli la sua vecchia autoradio “… All my life, without a doubt I give you all my life, now and forever till the…all my life, between each hour of the passing days…” e pensò alla sua ex ragazza, il suo primo amore che non si scorda mai. Quando facevano l’amore nei posti più disparati: nella toilette delle donne della discoteca. Il luogo migliore dove farlo perché c’era chiasso, confusione e stavano lì anche per parecchi minuti. Nel grande box dei genitori di lei, sul tavolo di bricolage del padre, ed era per loro il posto più eccitante. Poi, quella storia ebbe fine in malo modo, in quanto i genitori della ex volevano per la loro figlia un fidanzato di famiglia ricca e agiata. “Oh Samanta…” pensò di nuovo il ragazzo e, a un certo punto, decise di prendere una laterale verso ovest, direzione Villasanta, dove si trovava il suo studio di programmazione engineering. Era la sua solita strada alternativa con meno traffico. A Federico piaceva pensare che questa fosse una scorciatoia nota solo a lui e alla sua auto”…Vedi cara c’è traffico ma noi siamo furbi, lo evitiamo…” Inoltre, non si stancava mai di pensare, con convinzione, che gli automobilisti sono soliti seguire la direzione del traffico, come un gruppo di pesci che si accodano verso la corrente di un torrente. Ma Federico non voleva essere come loro, lui sognava di essere un pesce volante con pinne come ali che gli permettessero di volare molto lontano da lì, in posti caldi e temperati “…all my life, without a doubt I give you all my life, now and forever till the…”

In questa sua estasi artefatta, vide più avanti una ragazza che faceva autostop sul ciglio della strada. Notò subito che era una gran bella ragazza; tuttavia, in un breve lasso di tempo, i suoi neuroni encefalici presero il sopravvento sugli ormoni “virilistici” e lo convinsero a insospettirsi e a tutelarsi da eventuali pericoli. Solitamente non si fidava a trasportare gli autostoppisti ma, avvicinandosi, vide che, poco più in là, c’era un’auto di colore violetto con una gomma a terra e che la ragazza era piuttosto infreddolita. Allora decise di accostare la sua auto sul lato della strada, qualche metro dopo averla superata. Scese dalla sua utilitaria e con un impeto da “crocerossino” le chiese se servisse aiuto. La ragazza rispose :

– Sì grazie, ho bucato e il mio cellulare è scarico e non sono capace di cambiare la ruota. –

Federico, avvicinandosi a lei, notò anche che era una gran bella gnocca e che aveva uno spiccato accento sudamericano; così, con tono consolatorio e interessato disse :

-Bah, purtroppo quando capitano le sventure ci si mettono tutte insieme. Le cambierei la ruota volentieri ma devo recarmi al lavoro e sono in ritardo. Se vuole posso darle uno strappo fino al meccanico qui avanti, qualche chilometro, è proprio lungo la strada che faccio tutti i giorni, al limite potrei chiamarglielo però dovrebbe attendere al freddo.-

-Sarebbe gentilissimo ad accompagnarmi, la ringrazio tantissimo.-

E lo seguì salendo sulla sua auto.

-Piacere Rebeca.-

-Piacere Federico, Federico Bond.-

Quando Federico pronunciava il suo nome e cognome si divertiva tanto nel fare la macchietta di “007”.

I due ragazzi, mentre ripartirono sullo stesso mezzo si osservarono per qualche secondo . Lui notò che la ragazza aveva una pelle ambrata e occhi azzurri incantevoli, una bocca carnosa a forma di cuore, molto sensuale e ipotizzò che potesse avere circa venticinque anni.
Mentre lei notò che Federico aveva occhi scuri e penetranti e sguardo deciso, capelli castani, e le mani, che stringevano il volante, avevano delle vene in rilievo come se fossero state scolpite da Michelangelo Buonarroti. Rebeca non pensò a quanti anni potesse avere il suo soccorritore ma se il suo aspetto, molto macho, potesse realizzare i suoi bollenti sogni di sesso.
Il macho con tono alla James Bond disse all’allupata :

-Rebeca è un bellissimo nome, sembrerebbe Sudamericano.-

-Sì, sono brasiliana, di Rio de Janeiro, precisamente provengo da Favela Teixeira Bastos.-

-Bene- disse Federico e, intanto, mentre i chilometri venivano percorsi alla velocità della luce, come un bambino al quale avevano appena tolto un giocattolo nuovo dalle mani, dispiaciuto notò che erano già arrivati davanti all’insegna Autofficina Fratelli Riboldi.    

A qualche chilometro di distanza da quel luogo, si sentì la voce metallica ma suadente del navigatore satellitare di una Alfa che  indicava al conducente :

“…svoltare a destra e proseguire per  cento metri. Svoltare a sinistra in via Gobetti  e proseguire fino alla rotatoria. Immettersi nella rotatoria e imboccare la prima via a destra. Siete giunti in via Giacomazzi, il percorso guidato è terminato…”

Alla guida c’era Salvatore Longobucco, capo reparto investigazioni scientifiche di Parma; giunto a destinazione, mise in azione il comando di parcheggio automatico dell’auto. Mentre essa faceva il suo dovere autonomamente, Longobucco ebbe modo di guardare il display del cruscotto che indicava la temperatura esterna che era di tre gradi e l’ora : nove e trentacinque. Poi poté annusare, a pieni polmoni, il profumo lasciatogli ancora addosso dalla sua amata Martina. Si era alzato prestissimo, subito dopo la chiamata di convocazione urgente giunta al suo cellulare e, volutamente, non si era fatto la doccia per avere ancora addosso il buon odore della sua compagna. Questa era ormai diventata un’abitudine, iniziata quando diventò capo dei RIS e le chiamate d’urgenza erano diventate una routine. Così poteva sentire la sua Martina sempre accanto, mantenendo intorno a lui un’aureola di  benessere e una sensazione di purificazione dal mondo marcio in cui viveva. Omicidi efferati, raccapriccianti, scene del crimine inimmaginabili : le serie televisive in confronto erano barzellette per collegiali. Ma questo mondo faceva parte della sua vita ed era,  nonostante tutto, il suo lavoro, per di più appagante.
La macchina si posizionò perfettamente entro le strisce del parcheggio riservato al Comando Carabinieri di Monza. Prima di scendere dall’auto, Longobucco si guardò allo specchietto e pensò : fra pochi giorni avrò cinquantacinque anni. Da quando Salvatore aveva raggiunto il mezzo secolo di età teneva ormai un comportamento rituale che lo portava a osservarsi attentamente a ogni specchio gli capitasse a tiro. Dedicava almeno qualche minuto per verificare quanti nuovi capelli bianchi fossero spuntati e se le rughe fossero solchi che potessero renderlo veramente un uomo interessante, come diceva la sua Martina, oppure fossero un segno inevitabile del tempo che passava; pensava che, più il solco era profondo, maggiormente  il filo della vita si accorciava inesorabile. Decise di scendere dalla sua Alfa non prima di avere indossato il suo giaccone blu.

L’aria era molto umida come nella sua Parma. Pesante, gelida e gli  passava poderosa attraverso i bronchi, come l’acqua, non filtrata, bevuta dal rubinetto …come nella sua Parma. Pensò che Monza fosse molto simile alla città Emiliana: stessi palazzi signorili d’epoca e moderni; parecchio verde, grande parco e vie eleganti del centro con boutiques per i portafogli pieni di denaro o carte di credito con limiti di spesa mensili superiori a quello che guadagnerebbe un medio operaio italiano in un anno. Attraversò l’androne di ingresso dello stabile dei Carabinieri e, automaticamente, gli si aprì il portone automatico con apposto sul vetro smerigliato il logo blu e rosso con la corona. Grazie alla telecamera esterna il carabiniere scelto Antonio Di Gennaro lo aveva visto arrivare e gli andò incontro salutandolo con la mano ben tesa, a paletta, come gli avevano insegnato all’addestramento reclute.

-Buongiorno maggiore, il comandante Vittorio Lo Presti la attende, la accompagno, mi segua prego.-
Il maggiore notò che il militare aveva la tipica fisionomia del meridionale: sopracciglia nere, occhi castano scuri e pelle leggermente olivastra.

A passo di marcia, attraversarono tutto il cortile e poi entrarono in un androne che portava a una scalinata. Mentre il carabiniere scelto quasi correva sugli scalini, il maggiore lo seguiva a fatica pensando in cuor suo che forse era giunto il momento di evitare le sveltine  mattutine, perlomeno nei giorni lavorativi.
Arrivarono alla fine della scalinata, al secondo piano, e proseguirono a destra in un corridoio, la cui illuminazione era flebile come il triste sole “monziano”. Giunti innanzi alla quarta porta sulla loro destra, il carabiniere bussò e l’aprì subito dopo aver sentito il benestare del suo comandante. Come un principe che si rivolgeva al suo re disse :

-Buongiorno colonnello, è arrivato il maggiore Longobucco.-

Il carabiniere Di Gennaro, da buon soldatino, salutò prima  Lo Presti e poi Longobucco e chiuse la porta.

-Buongiorno maggiore, prego si accomodi- disse Lo Presti e senza andare troppo per il sottile, con i soliti preamboli di cortesia proseguì :

-L’ho convocata d’urgenza nel mio ufficio per mostrarle questo drone.-

Il maggiore Longobucco non ebbe neanche il modo di osservare il viso del comandante e pose subito lo sguardo su quell’oggetto, adagiato sul tavolo ed esterrefatto disse al colonnello :

-Un drone sotto forma di insetto, sembrerebbe un grosso atropo !-

Lo Presti confermò :

-Sì, è esattamente un grosso atropo, con tanto di teschio ed è stato radiocomandato, ieri notte, nel cortile della nostra caserma, molto probabilmente dall’assassino in persona. Inoltre,  in una tasca laterale a zip dello stesso,  abbiamo trovato questa chiavetta USB contenente un video dell’omicidio che vorrei mostrarle.-

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15 commenti

  1. Stefano ha detto:

    Dopo il Prologo, capitolo primo un po’ leggero, divertente ma che verso la fine prepara il terreno per la suspence del secondo capitolo… Bravo Carlo…

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  2. Marisa ha detto:

    Racconto un po’ spartano, grezzo ma efficace come ritmo, non è affatto noioso. Secondo me Carlo, se migliori come stile letterario può veramente essere un grande scrittore perchè hai molta, molta fantasia…

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  3. Sergio ha detto:

    #carlobianchiorbis è Top per me, già ampiamente apprezzato in Facebook Speranze Letterarie. Penso che Carlo sia uno dei pochi scrittori al mondo che divulga le sue opere Letterarie gratis senza la paura di essere copiato. Complimenti di cuore…

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  4. Marianna ha detto:

    #carlobianchiorbis è emozioni e passione❤️

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  5. Luisa ha detto:

    #carlobianchiorbis è sempre #carlobianchiorbis
    Ormai una certezza di emozioni… ❤️

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  6. Mario ha detto:

    Super Top 👌👌👌👌👌

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  7. martyn23 ha detto:

    Complimenti !!!👏👏
    Il sogno di mio figlio (10 anni) è diventare uno scrittore.
    Spero tanto che diventerà un bravo scrittore come lei☺️

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    1. carlobianchiorbis ha detto:

      Grazie di cuore martyn23…io scrivo col cuore, passione…cordiali saluti… #carlobianchiorbis
      da Abbiategrasso (MI)….

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  8. carlobianchiorbis ha detto:

    You can read all my novels, in all languages, in the following my Facebook blog:

    https://www.facebook.com/OrbisCarloBianchiAbbiategrassoedintornimilanesi

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  9. Aurora-oo8 ha detto:

    Forte la maglietta rossa che indossi sulla fotografia in copertina: con scritta Bloody Facebook in giallo.

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    1. carlobianchiorbis ha detto:

      Eh sì, maglietta Fatta appositamente stampare per promozionare il mio romanzo.

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  10. Vince77 ha detto:

    Bello e godibile come thriller.

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