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Bloody FacebookChapter 7

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Federico arrivò al parcheggio a pagamento coperto che si trovava a cinquecento metri dal Comando dei Carabinieri di Monza. Date le circostanze,  e dovendo avere a che fare con esponenti della legalità, decise di presentarsi prudentemente in anticipo rispetto all’orario concordato: le tredici e trenta. Parcheggiò la sua auto perfettamente entro le strisce. Scese dalla stessa e si avviò con molta calma verso la scalinata dell’uscita; tuttavia, l’ansia di dover rispondere a domande senza conoscere l’argomento si faceva sentire. Camminava a testa leggermente bassa, osservando gli scalini e stando attento a non inciampare. A un tratto, si scontrò inavvertitamente con una persona.


-Ops scusami!-
-Scusa un cazzo! Dammi il portafoglio!-


Lo scontro non fu casuale : l’altro era un malvivente andatogli addosso apposta per rapinarlo. Minacciato con un coltello, Federico stava per consegnare il portafoglio quando, alle sue spalle, si materializzò un angelo custode.
-Ehi! Cosa stai facendo?! Guarda che chiamo i Carabinieri!-
Il malvivente, spaventatosi, si dileguò a gambe levate, buttando a terra il portafoglio. Federico lo raccolse e, stupito dal coraggio dell’uomo, lo ringraziò abbracciandolo con affetto.


-Grazie signore, posso sapere il suo nome?-
-Mi chiamo Andrey Bykov, piacere.-


Si trattava di Atropo che, per la prima volta, ebbe l’opportunità di abbracciare suo figlio e di vederlo finalmente dal vivo. Il malvivente era d’accordo con lui per la messa in scena, in cambio di una cospicua somma di denaro.
Federico rispose:

– Piacere a lei, mi chiamo Federico Bond. Cosa posso fare per sdebitarmi? Vorrei almeno offrirle qualcosa da bere al bar, qui appena fuori dal parcheggio.-
-No, ma grazie di cuore, ho fretta. Se vuole, le lascio il mio biglietto da visita così, se avrà tempo e se vorrà, potrà venirmi a trovare nella mia galleria d’arte.-


Federico prese in mano il biglietto in cui c’era scritto: “Art Gallery Russian Icons” di Andrey Bykov. Non fece neanche in tempo ad alzare la testa per ringraziarlo di nuovo che il suo salvatore era già andato via.

Intanto nella Caserma… Prima di assistere agli interrogatori delle persone collegate alla vittima, Matilde Vergani prese un caffè al distributore automatico; con lei c’era Antonio Garbin.


– Allora cara, ti è piaciuto il pomeriggio passato ieri a Milano con me? Che peccato poi per la tua emicrania, ci tenevo tanto a offrirti una cena alla Locanda del Gatto Giallo. Vorrà dire che l’invito sarà per una di queste sere.-


Matilde fece al suo corteggiatore disperato un sorriso flebile di circostanza e, cambiando abilmente discorso, gli chiese:


-Come sta andando il pedinamento di Romeo Cosentino? È emerso qualche cosa di interessante?-


Il detective rispose :

– Niente di particolare o di sospetto: gira sempre con la sua Mercedes, scortato dai suoi gorilla sulla Bmw, per i tre locali di sua proprietà. L’unica novità è l’assunzione di una ragazza al Margaritas Pub in sostituzione della vittima. Secondo me, Cosentino non ha niente a che vedere con l’omicidio di Alina: il suo comportamento è troppo normale. Molto probabilmente non sarà nemmeno a conoscenza della sua morte, sono curioso di verificare la sua reazione durante l’interrogatorio.-


Mentre disse queste parole, arrivò Salvatore Longobucco che salutò entrambi con un sorriso e si diresse deciso verso la toilette. Garbin gli fece un cenno di saluto da bradipo piangente, mentre Matilde lo salutò con gli occhi radiosi e disse:
-Ciao Antonio, ci vediamo fra poco agli interrogatori.- Poi anche lei si diresse velocemente alla toilette.
Longobucco stava minzionando all’orinatoio a muro, quando si sentì coprire gli occhi con le mani.

-Ciao Salvo, auguri per ieri,  mi sei mancato tanto, bastardo!-


-Ma che caz…-

Salvatore non fece neanche in tempo a stupirsi di quell’improvvisata che sentì il rumore della porta d’ingresso principale della toilette. Era Garbin. Allora Salvatore, giusto il tempo di bloccare la sua minzione, e senza neanche chiudersi la patta dei pantaloni, prese con decisione il braccio di Matilde, se la portò nel localino del bagno per disabili e chiuse la porta. Mentre Longobucco indicava con il dito a Matilde di fare silenzio, lei si alzò la gonna tubino scoprendo la sua beatitudine. Salvatore notò che, sotto i collant velati color carne, non portava le mutandine. Lei si chinò a novanta gradi in modo provocatorio.

Longobucco, preso da un attacco di eccitazione animalesco, strappò i collant e la sottomise con colpi poderosi, tenendole tappata la bocca. L’amplesso durò pochissimo, giusto il tempo della minzione di Garbin. E mentre l’inconsapevole spettatore si tirò su la patta e si mise a fischiettare, Salvatore uscì dal bagno dei disabili e lo guardò sorridendo, dicendogli:


-Pardon, ma per certe esigenze corporali approfitto di questi bagni, sono molto più comodi.-


Uscirono insieme dalla toilette e, mentre Garbin andò verso la sala degli interrogatori, Longobucco si diresse verso il distributore automatico dove inviò un messaggio a Matilde: Ora puoi uscire. Si girò e la vide uscire dalla toilette; notò che la donna era anche riuscita a cambiare i collant, ora di color nero. Matilde si voltò verso di lui e gli mandò un bacio col soffio. Poi raggiunse il “povero” Garbin.

Dopo l’incontro con suo figlio Federico, Atropo stava sognando a occhi aperti sdraiato sul divano di casa. Immaginava come la sua vita sarebbe potuta essere serena e felice se la figlia Agata non fosse incappata nella tragica compagnia di Alina. Alina sapeva, Alina l’aveva ingannata, Alina l’aveva portata alla morte. Una morte brutale che si poteva evitare. Invece no, Alina, senza pentimenti, l’aveva gettata, inerme, nelle fauci dei mostri. Agata avrebbe incontrato Federico e, con il suo fare dolce e persuasivo, sarebbe riuscita a convincerlo a conoscere il suo vero padre. Ora, Atropo, non solo aveva perso la figlia ma, anche, la concreta possibilità di farsi amare da Federico. Poteva avere il suo affetto solo grazie a sotterfugi, ma pensò a quanto gli aveva scaldato il cuore il suo abbraccio nel parcheggio e a come gli brillavano gli occhi per la gioia di aver scampato la rapina a opera del malvivente. Mentre si lasciò andare a questo inevitabile sconforto sentimentale, arrivò dalla penombra della sala il fedele Adrian.


-Ciao padre, siamo pronti per l’imboscata a Romeo Cosentino. Agiremo, come pianificato, la sera nella quale andrà a cena con Annika.  Sono stato al Margaritas Pub, come un qualunque frequentatore del locale, per consegnare ad Annika il sonnifero e un foglietto con le indicazioni precise del piano.-


– Ti ringrazio Adrian, sei stato, e sempre lo sarai, come un figlio per me: ti voglio bene. Quando questa brutta storia sarà terminata sarai libero di andare via lontano da qui, magari oltreoceano, a goderti meritatamente l’eredità che ti ho già lasciato in anticipo.-


-No padre, ti ringrazio di cuore, ma io starò sempre al tuo fianco. Ti sono debitore per tutta la vita.-


Il buio si fece sempre più intenso e calò il sipario sulla sala tenebrosa.

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8 commenti

  1. Sergio ha detto:

    Fortissima la scena della toilette…

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  2. Marga-88 ha detto:

    Forte il collegamento che hai messo con Facebook a ogni capitolo per poter leggere nella lingue di ogni paese. Buona trovata, bravo Carlo, questo è un utilizzo ben congeniale dei Social…

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  3. Josa ha detto:

    …Il buio si fece sempre più intenso e calò il sipario sulla sala tenebrosa…Frase finale top…Complimenti Carlo…

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  4. Bruce88 ha detto:

    Mi piace questo rapporto intimo/tenebroso padre/figlio(adottivo) fra Atropo (alias Bykov) e Adrian.

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  5. Mariass ha detto:

    E’ una forma narrativa piuttosto acerba, però è un buonissimo lavoro, c’è parecchio phatos.

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  6. Pattyp ha detto:

    Grande carlobianchiorbis

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  7. Luisetta ha detto:

    E’ proprio un bel thriller. Bravo Carlo..

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    1. carlobianchiorbis ha detto:

      Grazie di cuore Luisetta.

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