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Bloody FacebookChapter 12

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Il maggiore Salvatore Longobucco e la criminologa Matilde Vergani avevano passato la notte insieme nella camera 44 del Grand Hotel Megan. Di primo mattino, furono svegliati dalla telefonata del carabiniere scelto Di Gennaro allo smartphone di Longobucco, alla quale seguì, dopo pochi secondi, lo squillo all’apparecchio di Matilde. Quel mattino, l’auto della criminologa ebbe problemi all’accensione e, pertanto, i due amanti-colleghi si recarono in caserma con l’auto di Salvatore. Sopraggiunti nei pressi del comando, cento metri prima dell’ingresso, Matilde scese dall’auto, per evitare pettegolezzi qualora fossero stati visti entrare insieme. Dovevano recarsi, unitamente a tutti i soliti noti della squadra investigativa fascicolo Atropo, nell’ufficio del comandante Lo Presti per assistere alla prima visione del terzo atto della catena di omicidi firmati dal diavolo. Videro tutto il macabro filmino girato dall’assassino; ai loro occhi, le scene apparvero ancora più raccapriccianti di quelle dei video precedenti. Prima ancora che glielo chiedessero, il colonnello Lo Presti disse: 

-La vittima è il latitante Vincenzo Cosentino. Atropo ci ha fatto un bel pacchetto regalo. Nella tasca del drone-insetto, insieme alla chiavetta USB contenente il file del video, c’era un foglietto con indicato l’indirizzo preciso del covo, dove si trova il cadavere, con tanto di dedica: 

Ognuno di noi è il suo proprio diavolo, e noi facciamo di questo mondo il nostro inferno. 

Trattasi di un aforisma di Oscar Wilde. L’indirizzo dove viveva rintanato Vincenzo Cosentino è stato sicuramente rivelato dal fratello Romeo prima di essere ucciso da Atropo. Dal referto dell’autopsia, eseguito dalla dottoressa Viganò, è risultato che, nel corpo di Romeo, sia stato iniettato il tiopental sodico, ovvero il siero della verità. Al contrario, su Vincenzo, molto probabilmente l’assassino ha voluto infierire in maniera fisica, con la tortura tradizionale, senza ricorrere ad alcuna iniezione; infatti, come abbiamo visto nel video, la vittima ha avuto entrambi gli alluci e tutto l’apparato genitale tranciati di netto. Abbiamo già informato Giuseppe e Calogero Cosentino della morte del fratello. Presumo che, a questo punto, collaboreranno di più alle nostre indagini, visto che il cerchio attorno alle loro teste si sta restringendo.-

Intervenne il detective Garbin: 

-Gli uomini di Carmelo Benetti sono stati sempre tenuti sotto controllo e non ci è risultato niente di anomalo, si sono sempre mossi senza interferire nella zona dei Cosentino. Così come la banda degli albanesi. Riguardo, invece, all’ultima donna di Romeo, quella che ha fatto da esca, non abbiamo trovato niente, niente di niente: in Italia non esiste alcuna registrazione della sua identità. Evidentemente è una donna dell’est Europa che è riuscita a intrufolarsi nel nostro paese con passaporto falso.-

-L’assassino è sicuramente un killer di professione oppure un uomo con un passato da reduce di guerra- disse Matilde Vergani. 

Intervenne anche Salvatore Longobucco: 

-Dalle verifiche eseguite dalla mia squadra nel cascinello, luogo dell’omicidio di Romeo, non sono emerse tracce significative. Anch’io confermo che abbiamo a che fare con uno o più professionisti del crimine. Siamo sempre più convinti che le indagini debbano essere indirizzate su fatti di cronaca nera, particolari, non risolti, avvenuti in Brianza negli ultimi anni. Abbiamo passato al setaccio gli avvenimenti nell’ultimo lustro e abbiamo rilevato venti casi che vale la pena approfondire. Faremo una verifica incrociata con le deposizioni delle persone interessate sui fatti, collegate alle vittime. Come già asserito dalla dottoressa Vergani, il modus operandi di Atropo è da giustiziere assetato di vendetta.-

Mentre disse queste ultime parole, Longobucco pensò, in cuor suo, che Atropo stesse facendo, tutto sommato, un bel servizio alle forze dell’ordine: pulizia della feccia malavitosa.

“I bambini sono innocenti e amano la giustizia, mentre la maggior parte degli adulti è malvagia e preferisce la misericordia” ( Gilbert Keith Chesterton).

Terminato il briefing nell’ufficio del comandante Lo Presti, il maggiore

Longobucco uscì in tutta fretta dal Comando dei Carabinieri per tornare subito a casa; aveva, infatti, ricevuto un messaggio dalla sua Martina con il quale informava di aver avuto un malore sul lavoro. Martina aveva tentato di tranquillizzarlo dicendogli che non era nulla di grave, di non preoccuparsi più del dovuto, ma aggiunse che era meglio se poteva raggiungerla quanto prima a Parma. Prima di uscire dalla caserma, Longobucco passò frettolosamente davanti al distributore del caffè dove c’erano Matilde con l’immancabile

Garbin e si rivolse alla donna dicendole solo poche parole: 

-Vado a casa, Martina ha avuto un malore, ciao.-

Matilde lo salutò con aria imbronciata dicendogli: 

-Speriamo non sia niente di grave, ciao fammi sapere.-

A Garbin, mentre lo sorseggiava, sembrò che il caffè avesse un gusto più buono; il gusto del piacere che il suo concorrente finalmente se ne sarebbe andato fuori dalle palle per un po’. Si rivolse quindi alla Vergani dicendole: 

-Oggi sei davvero stupenda Matilde, non riesco a trovare le parole per dirti quanto sei bella.-

La criminologa, ancora stizzita con Salvatore Longobucco, non aveva neanche prestato attenzione alle parole del detective, tuttavia, con un sorriso forzato, gli rispose:

-Grazie Antonio.-

E si mise a sorseggiare il caffè con uno sguardo corrucciato e pensieroso. Per nulla scoraggiato, il suo instancabile corteggiatore stava per proporle un invito a cena quando gli arrivò un messaggio sulla App Telegram del suo smartphone: 

“Sono Enzo l’idraulico, c’è un’urgenza!” 

Antonio Garbin, senza tradire alcuna emozione, si rivolse a Matilde dicendole:

-Scusami cara, mi devo allontanare un attimo.-

Mentre Antonio le girò le spalle per allontanarsi, Matilde si mise a sbuffare e pensò:” ma vattene và scemo!”

“Che c’è Enzo?” Si trattava dell’albanese Alket Behrami. 

“Volevo sapere se posso stare tranquillo col carico della polvere bianca dalla Colombia: ho paura che questa storia di Atropo rischi di mandare tutto a rotoli!” 

Garbin: “Ma cos’è? Non ti basta il mercato di Angelica? Ora metti il naso anche in quel campo, non è troppo rischioso? Comunque stai tranquillo, è tutto sotto controllo, anzi gioca a nostro favore, così con la scusa di pedinare gli uomini del calciatore, ci salvaguardiamo da colpi bassi”. Si trattava di Carmelo Benetti. Mentre per il mercato di Angelica si intendeva il business della prostituzione. 

Behrami: “È proprio il calciatore che mi ha proposto di accordarsi con lui promettendomi una bella fetta, perché ha bisogno di alleanze, non si fida dei Cosentino. Guarda che se fai il doppio gioco chiudo i rubinetti!” Behrami intendeva con “chiudo i rubinetti”, che non gli avrebbe più mandato le sue prostitute d’elite a lui e al suo cliente Onorevole. 

Garbin: “Hai la mia parola d’onore Enzo! L’amicizia con il nano fa comodo a entrambi, lo sappiamo benissimo tutti e due! Ora chiudo!” Per il nano intendevano l’Onorevole Silvio Ruggeroni.

Behrami lesse l’ultimo messaggio Telegram autodistruttivo. Garbin tornò al distributore nella speranza che Matilde fosse ancora lì e pensò che di questa storia di Atropo non gliene fregava proprio un cazzo: il suo scopo era quello di fare soldi e farsi le belle donne.

-Scusami padre se mi permetto, ma non ti sei esposto troppo invitando tuo figlio proprio qui, a casa tua? Devo togliere le foto di Agata da ogni stanza, anche se la ritraggono da bambina? Come ben sai, lui ha sicuramente conosciuto, anche se di sfuggita, tua figlia. Potrebbe ricordarsi del suo viso e farti delle domande, incuriosirsi, insospettirsi e fare delle ricerche.-

-Lo so caro Adrian, è un rischio calcolato. Tutto sommato sarebbe un modo per fargli sapere la verità a piccoli passi. Come diceva il filosofo Osho, ricorda che non sei solo nella ricerca della verità, anche la verità sta cercando te.-

Mentre diceva queste parole gli venne in mente la mamma di Federico, Elisabetta Bond. In Federico vedeva tantissimo di lei. Gli rammentava il suo primo vero amore di gioventù. Si ricordò quando la conobbe nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Sotto la copertura di studente delle belle arti, stava sorvegliando un professore americano per il controspionaggio russo. Proprio mentre spiava le mosse del nemico, venne distratto da una splendida creatura, una studentessa che stava leggendo un libro sull’iconografia della prima guerra mondiale. Il colpo di fulmine fu veemente, si creò una perfetta simbiosi di passione culturale e attrazione sensuale. Elisabetta era bellissima: capelli castani raccolti dietro con la coda, occhi azzurri e bocca con labbra sottili e ben delineate con rossetto rosa; in poche parole: molto raffinata ed elegante. Per il giovane Andrey fu impossibile mantenersi distaccato, essere indifferente a una visione così soave e leggiadra. Anche Elisabetta era studentessa delle belle arti e frequentava con assiduità la biblioteca, sempre in compagnia di altri ragazzi. 

All’inizio, il corteggiamento di Andrey fu cauto: la presenza di altri uomini al fianco della ragazza poteva, non solo dar luogo a spiacevoli inconvenienti ma, ancor peggio, intralciare il suo incarico di controspionaggio. Tuttavia, quando scoprì che Elisabetta era libera da legami, passò decisamente all’attacco. La loro, fu una storia d’amore travolgente. Il destino, però, non fu benevolo con i due innamorati. Elisabetta rimase incinta. Per Andrey fu, al tempo stesso, una notizia bellissima ma anche triste: la paternità rappresentava un intralcio alla sua missione di spia. Con la morte nel cuore, fu obbligato a rientrare in patria, richiamato con urgenza dal governo russo. Dovette mentire a Elisabetta, dicendole che suo padre non avrebbe mai acconsentito al matrimonio, ma che lui l’avrebbe comunque sostenuta economicamente finché fosse stato necessario. La giovane, orgogliosissima, non volle accettare il denaro e la loro separazione fu bruttissima. Negli anni seguenti, venne a sapere dai vecchi amici studenti di Firenze che Elisabetta, ragazza madre, si mise insieme a uno studente proveniente da Monza. Mentre Atropo stava ricordando, come in trance, a occhi aperti, questa sua bellissima, ma triste, passata storia d’amore, venne “risvegliato” da Adrian: 

-Scusa padre, cosa faccio? Chiamo Federico e gli chiedo se può venire domenica alle ventuno?-

-Va bene Adrian. Chiedi anche se vuole portare la sua amica Rebeca, così metterà un po’ di allegria sudamericana alla serata. Digli anche che passerai a prenderli con la nostra limousine.-

La sera era scesa. Non aveva incupito solo la campagna desolata di Vimercate, ma anche gli umori di Giuseppe e Calogero Cosentino, già angustiati dall’assassinio del loro fratello Vincenzo, dopo solo due giorni dal funerale dell’altro fratello Romeo. Erano nella loro tenuta, nella stanza delle “opere pie”, in compagnia di due gorilla armati fino ai denti. Altri sei gorilla, altrettanto armati, sorvegliavano il perimetro del podere. 

-Anche nostro fratello Vincenzo ammazzato come un maiale, mi sembra di vivere in un incubo- disse Calogero.

Giuseppe, prima di parlare, osservò con i suoi occhi di ghiaccio il pulviscolo illuminato dalla luce fredda della lampada appesa, come se volesse seguire la sua scia nel vuoto della stanza :

-Purtroppo l’assassino è stato molto lesto e tempestivo nell’agire; non abbiamo neanche avuto il tempo di pensare, che, forse, nostro fratello Vincenzo avesse bisogno di più guardie. Così come non abbiamo pensato che, probabilmente, l’omicida potesse aver estorto a Romeo l’indirizzo del covo di Vincenzo. Maledizione! Che stupidi siamo stati!-

-Sù, dai, Giuseppe, ormai è inutile piangere sul latte versato.

Ora dobbiamo concentrarci sul carico di droga in arrivo tra cinque giorni a Genova, direttamente dalla Colombia. Dobbiamo stare in allerta. Non mi fido di Benetti, i nostri uomini l’hanno visto nella zona degli albanesi, ho paura che ci voglia fregare. Probabilmente ora si fa forza del fatto che, con questo maledetto maniaco assassino, ci stiamo indebolendo.-

-Già, questo assassino deve avere un conto in sospeso con la nostra famiglia- disse Giuseppe, che aggiunse: 

-Mi sa Calogero che dobbiamo scendere a patti con gli albanesi, spartire anche con loro il carico di cocaina. Loro hanno agganci con le forze dell’ordine e così potremmo sapere qualcosa che ci possa portare alla sua identità. Anche se fosse un sospettato, non fa nulla, noi dobbiamo fare tabula rasa, magari riusciamo ad anticipare le sue mosse. Dobbiamo fargli sentire il nostro fiato sul collo, altrimenti rischiamo di fare la fine del topo che gioca con il gatto.-

-Hai ragione Giuseppe, contatterò al più presto Alket Behrami.-

La sera divenne sempre più buia e assorbì, come un buco nero, tutte le anime maligne.

Matilde Vergani era nella sua stanza del “Grand Hotel Megan”. Sdraiata sul letto a due piazze, sola e incupita, si stava fumando la terza sigaretta nel giro di una mezz’ora. Attendeva con ansia notizie da Salvatore Longobucco riguardo la sua compagna. In realtà, a lei non interessava nulla dello stato di salute di Martina ma solo che lui tornasse quanto prima a Monza. Ogni tanto, guardava il suo smartphone per vedere se, come d’incanto, si fosse materializzato un messaggio che la risollevasse dal suo stato di depressione sessuale. Allora aprì la App dal suo album fotografico e guardò una foto che aveva scattato a Salvatore, completamente nudo e a sua insaputa, una notte che dormì con lei. Mentre la osservò con passione, cominciò ad avere sempre più voglia di sesso e cominciò ad accarezzarsi delicatamente le parti intime. Si girò a pancia in giù, toccandosi sempre più in profondità e sempre più ritmicamente; infilò il suo viso nello spazio tra i due cuscini e si mise a respirare profondamente alla ricerca disperata del profumo di Salvatore. Respirava, annusava e ansimava con sofferto godimento finché non arrivò, alle ore ventitré e ventidue, il segnale acustico di un messaggio. Si bloccò subito e aprì la App di WhatsApp. Finalmente era Salvatore:

 “Ciao Matilde, non ci crederai, ma Martina è incinta di due mesi”. 

Matilde rimase di stucco; rilesse il messaggio più volte, mentre pian piano le lacrime le scendevano dagli occhi. Si mise a riflettere sulla loro situazione di coppia. Erano liberi di avere le loro avventure sessuali senza problemi di sorta. Ma quella gravidanza era frutto del seme di Salvatore o di qualcun altro? Si fece forza immaginando che quello sarebbe stato lo stesso ragionamento che avrebbe fatto lui; rispose pertanto a Salvatore:

“Bene Salvo! Sono felice per te e come ti senti? Che emozione! Sei papà!” 

Anche Salvatore impiegò qualche minuto prima di rispondere: “Sì, sono contento, però come ben sai, nella nostra situazione di coppia aperta e libera, ora mi sento molto confuso!” 

Matilde non ce l’ha faceva più a sostenere la farsa dell’amica compiacente e allora tagliò corto, con poche parole per farlo ingelosire: 

” Scusami, ma ora ti devo lasciare perché sono impegnata con un amico, complimenti di nuovo Salvo e fammi sapere quando torni a Monza, ciao”. 

Salvatore: “Ok Matilde, ti faccio sapere, ciao e buona notte”.

Matilde lasciò cadere lo smartphone sul letto e mise di nuovo il suo viso nello spazio tra i due cuscini, non per continuare nel suo autoerotismo ma per piangere a dirotto.

Calogero Cosentino era al Margaritas Pub, nell’ufficio dei comandi, e stava parlando a quattrocchi con Alket Behrami. Erano seduti ai due lati del tavolo e osservavano Camillo che versava, nei loro bicchieri, dell’ottimo scotch whisky d’annata. Non appena terminò l’ultimo, breve, gorgoglio del liquido ambrato nel suo bicchiere, Calogero disse: 

-Ti ringrazio, Alket, per la tua tempestività, cosa hai saputo dal tuo informatore riguardo il nostro persecutore?-

-Il vostro persecutore si fa chiamare Atropo. Dopo una serrata ricerca sui fatti di cronaca degli ultimi dieci anni, sono emersi venti casi di rilievo. Hanno fatto un controllo incrociato con le deposizioni delle persone interessate dei fatti e sono emersi, meritevoli di ulteriore approfondimento di indagini, solo tre casi. Si tratta di tutte vittime di donne dell’est Europa e indovina chi c’è tra queste?-

Calogero rifletté un attimino sul quesito e gli venne in mente chi potesse essere: Non mi dire… Agata la Russa?-

-Proprio lei- disse Alket. 

Calogero rifletté ancora ma per alcuni minuti, attorcigliandosi i suoi baffoni, e disse: 

-Allora è evidente che Atropo sia un parente russo. Per l’efferatezza dei delitti potrebbe essere suo padre: solo un padre arriverebbe a tanto, motivato dalla sete di vendetta. Ora il mosaico comincia a delinearsi. Annika Kotov, la donna che ha fatto l’imboscata a mio fratello Romeo, era russa e i miei contatti di Mosca non hanno trovato nulla riguardo alla sua identità. Con l’aiuto del tuo amico detective stringeremo il cerchio intorno ad Atropo. Non appena spunterà dalle indagini investigative, fatti dire subito il nome del padre di Agata: dopo avere concluso l’affare droga dalla Colombia, andremo a fargli una visita.-

-Ok Calogero. Io, però, voglio almeno il trenta percento.-

Calogero Cosentino pensò che avrebbe dovuto convincere Carmelo Benetti ad accontentarsi del trenta percento, e lui e suo fratello del restante quaranta. La faccenda di Atropo gli stava facendo perdere, non solo gli affetti familiari, ma anche un sacco di quattrini. 

“Per prevalere, il crimine uccide l’innocenza e l’innocenza si dibatte con tutte le forze nelle mani del crimine.” (Robespierre).

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15 commenti

  1. Betto69 ha detto:

    Fantastico!

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  2. Gio' ha detto:

    Sempre più intrigante.

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  3. Rudy ha detto:

    Il racconto sta entrando proprio nel vivo…

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  4. carlobianchiorbis ha detto:

    E già, proprio così Rudy…

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  5. Leos ha detto:

    Molto bello.

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  6. Cicos ha detto:

    Magico #bloodyfacebook

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  7. Resw55 ha detto:

    Il Russo Bykov contro la mafia italiana. Scontro fra titani…

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  8. Trevis ha detto:

    #carlobianchiorbis Vi stupirà anche con altri romanzi di altri generi letterari…

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  9. Restiv66 ha detto:

    Si vede che c’è impegno ma è una storia un po’ confusa…

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    1. carlobianchiorbis ha detto:

      Accetto anche le critiche…ci mancherebbe… Ciaooo

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  10. Renato ha detto:

    Grande #carlobianchiorbis che accetta le critiche e le pubblica…

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    1. carlobianchiorbis ha detto:

      Grazie Renato 😉❤️

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  11. Gianni ha detto:

    Hai in progetto di fare un seguito di #bloodyfacebook?

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    1. carlobianchiorbis ha detto:

      Si, perché no? Ci sto pensando…

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