Greek Love – L’Amore Greco – Chapter 14
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Eravamo sul taxi. Era un’automobile blu di marca Mercedes. Sembrava molto vecchia, ma tenuta molto bene, sia riguardo la carrozzeria che gli interni. Anche il tassista sembrava piuttosto anziano, poteva avere intorno ai settant’anni ed ebbi il sospetto che non fosse però un tassista vero e proprio ma un autista privato di Dimitra. Aveva la fronte molto stempiata e i capelli corti grigi. Sguardo rassicurante con labbra carnose, naso piuttosto importante e occhi scuri e viso con parecchie rughe un po’ dappertutto: sulle guance e sulla fronte.
L’uomo era vestito in modo elegante: abito grigio chiaro gessato, camicia bianca e cravatta con ricami fiorati in grigio scuro su sfondo grigio chiaro. Oltre ad aver notato che gli altri taxi erano di colore giallo caldo, mi venne poi in mente che non c’era la scritta “Taxi” sul tetto dell’auto. Non ci feci subito caso perché il mio sguardo era concentrato sul viso di Dimitra quando salutò Giulio: oltre a sorridergli amabilmente, mostrò i suoi occhi neri che sembrava brillassero di luce propria. Poi si abbracciarono e si baciarono sulle guance e mio padre mi presentò a lei, che mi porse la mano destra per stringere la mia, in segno di saluto. Io mi accomodai sul sedile anteriore, mentre loro due su quello posteriore. A parte i saluti in lingua greca che mio padre riuscì a fare con disinvoltura, come avvenuto sull’aereo, cominciò poi ad andare in difficoltà con le frasi un pochino più complesse del tipo: “Poú masas pass tavros Dímitra?”…il cui significato della frase che doveva essere…” Dove ci porti di bello ora Dimitra?” diventò “Dove porti il toro Dimitra?” La donna scoppiò a ridere di gusto coinvolgendo anche l’autista e me.
“Giulio, parliamo purrre in italiagno, ho fatto un corso accellerrrato della tua lingua e mi pare che forsse riesco a farmi cappire meglio, direi, no?”
Mi voltai indietro col busto e vidi il viso di mio padre intontito che fece cenno di sì col capo. Tutti quanti ci mettemmo di nuovo a ridere, lui compreso.
Poi la nostra amica greca ci presentò quello che era il suo autista presunto e non un tassista come poi avevo logicamente realizzato nella mia mente. Si chiamava Gregorio ed era comunque un ex tassista andato in pensione. Dimitra lo conosceva da molti anni, fin da bambina, quando anche suo padre si avvaleva sempre di Gregorio, il tassista con l’auto blu. Essa si affezionò molto a lui, al punto che era disposta a pagare il quadruplo del costo della corsa prevista, pur di convincerlo a sacrificare il suo tempo libero da pensionato.
“Pensssate Giulio e Ricardo che questa vettura di Gregorio ha moltissimi chilometrrri. Ora Ricardo puoi vedere sul taccchimetro che ha su ventimila chilometri ma in realtà è riparttitto da zero per almeno ben dieci volte. Come puoi vedere, il contachilometri arriva fino a novantanovemmila e poi riparte da zerrro!”
Mi sporsi verso Gregorio per leggere il contachilometri, feci nella mia mente il calcolo dieci per centomila chilometri e il totale dava la bellezza di un milione di chilometri. Feci lo sguardo sbalordito e l’autista sorridendo fece cenno con capo di sì per tre volte.
“Certo che il buon Gregorio, ha più voltte cambiatto il motorrre, quante volte Gregorio?” Chiese Dimitra. E l’uomo lasciò la mano destra dal volante per mostrare quattro dita.
La donna greca ci disse che se non eravamo particolarmente stanchi per il viaggio ci avrebbe portati a visitare l’Acropoli. Noi accettammo volentieri.
C’era moltissimo traffico e mi venne in mente che era il medesimo di San Paolo e Milano. Pensai a questa cosa in comune delle grandi metropoli e all’assurdità che se si dovesse fare un gioco: mettere una persona bendata sull’auto, ignara della località in cui si trovava, per poi togliergli la benda, non sapeva minimamente dove poteva trovarsi. I clacson suonavano a ripetizione come a San Paolo e Milano. C’erano delle gran code come a San Paolo e Milano. Moltitudine di gente attraversava la strada ai semafori come a San Paolo e Milano. Mi stavo annoiando anche perché l’autista era simpatico ma non spiccicava parola e fra l’altro notai che Giulio e Dimitra parlavano tra di loro ma bisbigliavano senza rendermi partecipe. Era evidente che stavano cominciando un primo approccio d’intimità. E procedendo in auto mi sentii anche un po’ in imbarazzo perché, in un attimo di silenzio fra di loro, mi sembrò di sentire un rumore secco di bacio e non potendomi evidentemente voltare, spostai leggermente il capo giusto per intravedere, con la coda dell’occhio, la mano di Dimitra sulla coscia di mio padre che stava alla mia sinistra. Poi vidi Gregorio che, con circospezione, osservava loro sullo specchietto retrovisore e faceva un sorrisino sornione. In quel momento sembrò che il tempo si fosse fermato e Giulio e l’amica alternavano momenti in cui parlavano a bassa voce e silenzio con sospetta intimità fra di loro. Li sentii anche sghignazzare in maniera contenuta e poi ancora rumori molto sospetti di baci e l’autista che osservava sempre sornione, finché finalmente fummo quasi arrivati, perché vedevo da lontano la sospirata Acropoli, bellissima, sulla sommità di un’altura, circondata da grandi crostoni di roccia e piante verdi.
Finalmente arrivammo ai piedi della città antica e incredibilmente, non appena si fermò l’auto, parlò Gregorio in un italiano piuttosto scorrevole:
“Ci troviamo in via Dionysiou Areopayitou. Ora Dimitra vi potrebbe accompagnare sull’Acropoli a piedi, salendo dalla Plaka dove c’è una stradina che sale verso ovest, alla vostra destra. Proseguirete lungo il viale pedonale, che inizia di fianco all’arco di Adriano e sale verso l’Acropoli. Qui incrocierete la strada di pietra che porta all’ingresso. Ci si può arrivare però anche con la metro, scendendo alla fermata Acropoli. La biglietteria si trova poco sotto l’ingresso e c’è anche un bar. Il periodo migliore per visitare l’Acropoli sarebbe alla fine dell’inverno o in primavera, siamo in piena estate e pertanto vi consiglio di prendere la metro, perché sicuramente la stanchezza del viaggio si farà inevitabilmente sentire.
Io ora Dimitra vado a rifocillarmi e a riposarmi in una locanda qui vicino. Quando prevedi di ritornare qui, dove parcheggio l’auto, chiamami col cellulare calcolando almeno mezz’ora d’anticipo.”
La nostra amica rispose di sì e si allungò per salutare l’autista con un bacio sulla sua guancia. Scendemmo poi tutti quanti dall’auto.
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Capitolo meraviglioso.
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Grazie di cuore per il Vostro interesse…
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Super
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