>CAPITOLO 20< GREEK LOVE

Greek Love – L’Amore Greco – Chapter 20

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E così, dopo le mie esperienze di voyeurismo immaginario, al riguardo dei rapporti sessuali di Dimitra, più o meno probabili e non comprovati, provai anche la mia prima e unica avventura erotica di fare il guardone di una scena di sesso reale, fra lei e proprio mio padre. Buon per me, unica avventura, grazie al successivo evolversi di quella vacanza in Grecia; altrimenti rischiavo di incappare nella malattia perversa della scopofilia. Ma quella sera provai delle emozioni, sì viziose, ma molto eccitanti e intense. In una sola parola: irripetibili.
Non appena uscimmo dalla locanda “I mousikí tou kýmatos”, feci credere a Giulio e all’amica greca di fare quattro passi sulla spiaggia e così loro videro che mi incamminai sulla sabbia. Poi, non appena percorsi qualche metro, presi la passatoia di cemento che mi portava sulla strada e da lì chiamai un taxi, con l’intenzione di essere portato in un bordello trovato su internet. Ma non appena composi il numero sul mio cellulare, staccai subito la linea telefonica poiché mi venne un attacco improvviso di colite. Forse l’eccessiva emozione di quello che dovevo fare, forse il cibo non digerito bene, fatto sta che dovetti cercare una toilette al più presto. Guardai velocemente intorno e non c’era nessun locale aperto, prima di quello dove mangiammo e pertanto, appurando che ci avrei messo meno tempo ad andare nell’Hotel dove alloggiavamo, corsi immediatamente verso quest’ultimo. Una volta che entrai nell’edificio, andai direttamente nella toilette degli uomini ma accadde un altro imprevisto: un bagno era occupato, mentre quell’altro era fuori servizio. Cosicché dovetti andare nella nostra suite all’ultimo piano.

Entrai avvertendo Giulio e Dímitra del mio ingresso, con tono di voce piuttosto alto, ma non sentii risposta. Si sentiva della musica classica soffusa, provenire dalla camera matrimoniale. Mi sembravano delle note melodiche di Mozart. In un nanosecondo ero sulla tazza del water del bagno annesso alla mia camera. Il sollievo per la mia pancia fu piacevolissimo. Subito dopo mi lavai e decisi di uscire per mettere in pratica, finalmente, il mio obiettivo che mi ero prefissato quella notte. Ma non appena mi trovai fuori dal bagno sentii degli urletti di godimento smorzati. Constatai che provenivano dallo studio situato fra la mia camera e quella matrimoniale. Colto da un’incontrollabile curiosità mi avvicinai a quel locale e notai che la porta era socchiusa e dallo stesso usciva della luce illuminando parte del corridoio. Rimasi così per parecchi secondi ascoltando i brevi gemiti di godimento, verosimilmente contenuti. Ormai dominato da irrefrenabile e irreprimibile desiderio diedi una leggera spinta alla porta, quel tanto che bastava per guardare nel locale. C’era una scrivania a sinistra della porta; così rivolsi lo sguardo verso quella parte, esponendo solo una piccola porzione del mio viso, per non essere visto. Dapprima vidi una testa come decapitata sul piano della scrivania; il corpo era fuori dal mio angolo visuale. Però la testa era quella di Dimitra tutta ricoperta dai suoi capelli biondo platino. La testa era duramente schiacciata contro la tavola e la mano di mio padre la stringeva alla nuca, mantenendola ferma in quella posizione scomoda e strana. Non vedevo di Giulio, che una parte del braccio; ma quello mi bastava per intuire che lui stava dietro a Dimitra e se la stava scopando a pecora, pesandole addosso e costringendola a piegarsi sulla scrivania. In quel momento, l’idea della violenza, una violenza inspiegabilmente accettata e subita, mi balenò in testa non solo dalla posizione innaturale della donna ma anche dall’espressione del suo volto come, appunto, di testa decapitata subito dopo il supplizio, con gli occhi aperti e fissi e la bocca atteggiata in urla di godimento moderati per non farsi sentire. Sentii a un certo punto anche la voce di mio padre tesa e ansimante:
“Allora dimmi che sei la mia puledra, dimmelo, se no ti torco il collo! Ma dimmelo in greco!”
A questa ingiunzione erotica, la testa mozzata balbettò docile, con voce affannosa e godente:
“Sì, lo sai, sono la tua Foradítsa!”
“Sì, brava la mia Foradítsa!”
E i gemiti di godimento continuavano sotto gli incessanti colpi di fianchi di Giulio.
La mia eccitazione era arrivata alle stelle e notai che proprio davanti all’ingresso dello studio c’era uno specchio alto apposto sulla parete. Così spostai ancora leggermente la porta del locale affinché vedessi chiaramente le figure riflesse di mio padre e Dímitra che scopavano.
Tirai fuori l’uccello dalla patta dei calzoni e iniziai a masturbarmi con tenace passione.
Giulio allentò la presa dalla testa di Dimitra e lei si mise più comoda sollevandola un po’ e appoggiando bene gli avambracci sulla scrivania. Era evidente che stavano arrivando alla conclusione della copulazione e pertanto io accellerai l’autoerotismo. Stava arrivando la mia eiaculazione sicché presi il fazzoletto dalla tasca dei miei calzoni e riversai l’abbondante sperma nel tessuto. Il mio godimento fu immenso, quasi in sincronia con Giulio e Dímitra.

Molto soddisfatto e confuso me ne andai subito a letto, così com’ero, vestito, togliendomi solo le scarpe.

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9 commenti

  1. Tommy ha detto:

    Siamo tutti quanti dei voyeur, ma non tutti lo ammettiamo.

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    1. carlobianchiorbis ha detto:

      È vero Tommy, sono d’accordissimo con te.

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  2. Virgin ha detto:

    Capitolo eroticamente magistrale.

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  3. Carla Milho ha detto:

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