Greek Love – L’Amore Greco – Chapter 21
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Iris arrivò in Hotel, come previsto nel pomeriggio. La attendemmo nell’ampia hall e appena la vidi fu amore a prima vista. Era bellissima. Aveva la pelle ambrata e un viso ovale aggraziato da un sorriso molto gradevole, che rendeva il mento armoniosamente acuto. Occhi vispi e neri da cerbiatta, con ciglia altrettanto nere, lunghissime e spesse. Pure le sopracciglia spesse e folte, ma curate, che davano un aspetto ancora più giovanile dei suoi vent’anni. Indossava un grazioso choker in pizzo bianco impreziosito da piccole perle che valorizzava, ancora di più, esteticamente, il suo collo sottile. Dimitra me la presentò subito e, molto probabilmente, Iris aveva notato che in quel momento avevo assunto un colorito sul viso come un peperone. La ragazza, passandosi la mano su una ciocca di capelli lunghi e nerissimi mi sorrise simpaticamente con denti bianchissimi. Notai che anche mio padre, presentandosi a lei, aveva uno sguardo incantato. Ci accomodammo un attimo al bar della hall a bere qualcosa ed ebbi il modo di osservare bene l’abbigliamento della figlia di Dimitra: pantaloni lunghi fino a poco sopra le caviglie, blu a pois bianchi, sandali con zeppa in sughero beige e camicetta senza maniche bianca con volant e cintura. Meditai che Iris non assomigliava alla madre e pertanto aveva preso tutto dal padre. Oppure volli fantasticare che magari fosse stata adottata come me e sorrisi pensando che sarebbe stata un’incredibile coincidenza. Dimitra ci raccontò che la figlia, viaggiando per studiare da stilista, conosceva parecchie lingue, fra cui, ovviamente, anche l’italiano e venendo a sapere che ci saremmo stati noi come ospiti, approfondii le sue conoscenze.
Eravamo seduti su divanetti disposti a cerchio, con al centro un tavolino, sul quale il cameriere dispose un cocktail analcolico alla frutta per ciascuno. Iris si accomodò proprio di fronte a me, mentre sua madre stava seduta alla mia sinistra e mio padre alla mia destra. Quel giorno, ero talmente concentrato sulla giovane greca, che non feci nemmeno attenzione a cosa aveva indossato Dimitra. Invece io e Giulio, eravamo vestiti nel solito abbigliamento prevedibile di jeans e polo colorata. Ogni bicchiere di bevanda alla frutta era arricchito di stecco di legno su cui erano infilzate piccole fettine di kiwy, melone, cocco e fragola in cima. Iris addentò la fragola delicatamente e, gustandola, mi osservò con i suoi occhi neri, che in quel momento sembravano scrutare nei miei pensieri fino al punto che, con la scusa di assaggiare anch’io la frutta dallo stecco, riuscii a distogliere il mio sguardo verso i suoi occhi, per un po’ di secondi. Evitai almeno l’imbarazzo di mostrare il mio viso arrossato per la vergogna.
Comunque, come succedeva spesso, in siffatte situazioni, mio padre mi toglieva dall’impasse di parlare per primo, perché avevo sempre il problema di essere molto impacciato e timido alla prima conoscenza con una persona, soprattutto con una donna. Così, proprio come accadde con Dimitra, si lanciò a parlare in lingua greca, dicendo un frase che aveva un altro significato, rispetto a quello effettivamente espresso:
“Loipón Íris spoudázost stylístr υγιής τόνος dikó ma Tzórtzio Armáni?”… il cui significato che doveva essere…
“Allora Iris stai studiando da stilista come il nostro Giorgio Armani?”…diventò…
“Allora a te Iris non importa proprio niente di Giorgio Armani?”…facendo scoppiare dalle risate madre e figlia greche, coinvolgendo anche me.
In ogni caso, la figlia di Dimitra, parlando in italiano abbastanza fluente, ci raccontò che proprio Giorgio Armani fu lo stilista che le fece nascere la passione per l’arte della moda e il suo sogno era quello di fondare un’impresa fashion con un proprio marchio, proprio come lui. Dimitra crollò il capo sorridendo perché ci disse apertamente che, in cuor suo, desiderava che la figlia continuasse l’attività di famiglia che era quella dell’armatore, ma non poteva imporre a Iris una professione alla quale non aveva interessi.
Terminammo di bere il cocktail e la giovane greca andò nella suite a farsi una doccia, mentre sua madre, Giulio e io ci recammo al porto dove c’era ormeggiato l’aliscafo. Tutti i bagagli erano già depositati nella piccola stiva dello stesso. Iris ci avrebbe raggiunti più tardi sull’imbarcazione.
Quando salimmo sull’aliscafo rimasi sorpreso per l’ampiezza dell’interno, era molto confortevole, sembrava di essere nel salotto della suite dell’hotel dove avevamo alloggiato, con la differenza che anziché la vista dei palazzi c’era quella del mare, del cielo e del sole. Era evidente che non era un mezzo navale d’uso pubblico ma privato, costruito su misura da Dimitra. Ci accomodammo e bevemmo ancora. Ci venne servito dello champagne da un giovane factotum cameriere e marinaio. Si chiamava Aniketos ed era vestito con giacca e pantaloni bianchi; uniche varianti cromatiche: un cappello bianco con visiera nera e delle parti dorate consistenti in fasce sulla parte finale delle maniche, strisce lungo la parte laterale dei calzoni e tutti i bottoni della giacca.
Mentre gustavamo lo champagne freddo, Dimitra ci stupì con le sue argomentazioni riguardo le sue conoscenze sul vino, compreso quello francese che stavamo bevendo. Passarono così veloci i minuti che mi sembravano secondi poiché mi meravigliai già dell’arrivo sull’aliscafo di Iris.
Aniketos accompagnò la giovane greca all’interno dell’imbarcazione, come se fosse una damigella “Al Ballo delle Debuttanti”. Indossò per l’occasione dei guanti bianchi e teneva, con la sua mano destra, la mano sinistra di Iris alzata.
La figlia di Dimitra si vestì con abiti nuovi e più sobri: indossava dei jeans azzurri che risaltavano un sedere alto e tondo; scarpe da vela bianche e una camicia rosa a maniche lunghe di seta.
Non appena si sedette l’ultima arrivata, Aniketos diede il comando al timoniere di partire, attraverso l’interfono.
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👏Descrizione di Iris molto accurata👏
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