Scent of the Sea – Chapter 12
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POST 12
🔮ANNO 2068
(IL SOGNO PREMONITORE DI XAVIER E INCONTRO CON IL SIGNOR LINCOLN)🔮
Il comandante della NASA George Smith ricevette finalmente il segnale radio dalla navicella Armstrong. Tutti i membri dell’equipaggio della missione spaziale Tiruno erano vivi ed erano di ritorno alla casa madre terra. Ricevette però la comunicazione che l’obiettivo principale del viaggio era fallito, comunque c’erano delle riprese di filmati interessanti di un pericolosissimo buco nero, in cui la navicella rischiò di essere risucchiata. Per tale motivo persero, per un lungo periodo, il loro contatto radio con la terra. Ma in realtà non sapeva che la navicella era governata da Adam Adolf Hitler IV e il suo equipaggio nefasto.
Nel frattempo a Voghera era notte fonda. Ma in quella notte le stelle, seppur luccicanti nel cielo, soffrivano di turbolenza, non atmosferica ma provocata dal moto sovversivo e funesto della Navicella della morte.
Xavier dormiva ormai da alcune ore, inabissato in un sonno profondo. Stava sognando. Come di frequente, sognava la moglie Sonia…
🌛… Lei gli sorrideva, ma stranamente notò che si trovava chiaramente nella sua casa attuale. Non gli era mai successo di vederla, nella sue visioni oniriche, in un particolare luogo e oltretutto nella sua dimora. La vide che si sedette sulla solita poltrona dove si accomodavano lui e la piccola Ginevra, per le loro connessioni telepatiche. Poi intravide che davanti a lei c’era seduta un’altra persona. Si avvicinò e constatò che si trattava di una giovane donna. Poi osservandola meglio, notò che assomigliava tantissimo a Ginevra. Anzi sembrava proprio lei però più grande, una bambina dalle sembianze di una ventenne. Le due donne parlavano tranquillamente tra di loro come se lui non fosse presente a osservare. Non comprendeva cosa dicessero. Ma poi intuì che stavano parlando di qualcosa di importante, comunicandosi le stesse parole al contrario e, all’unisono, con timbri fonetici differenti ma di altezza uguale. Era come se parlasse una sola persona con due voci differenti e davano anche un leggero effetto eco alle sue orecchie:
👁️Ived etnematulossa eracinumoc a Reivax ehc onnats rep eravirra, onc al allecivan Gnortsmra, i itsizan igavlam itneinevorp lad odnom olellarap. Onnaretneinna ottut li ereneg onamu allus arret ehc non àras onged id eraf etrap alled azzar anaira. Omaibbod ilramref amirp ehc onirretta.
(Devi assolutamente comunicare a Xavier che stanno per arrivare, con la navicella Armstrong, i nazisti malvagi provenienti dal mondo parallelo. Annienteranno tutto il genere umano sulla terra che non sarà degno di fare parte della razza ariana. Dobbiamo fermarli prima che atterrino).👁️
Xavier alla fine della frase si svegliò di soprassalto. Guardò l’ora ed erano le 6:66 sul display della sveglia. Come è possibile, pensò. Si sfregò gli occhi, guardò meglio ed erano le 6:06. Meditò che in giornata sarebbe assolutamente andato a fare visita al vicino.
Il vecchietto e la bambina, generazioni così lontane ma così vicine per destini comuni. Entrambi catapultati in una sorte che li stava facendo coesistere per combattere qualcosa di più grande di loro, paurosamente più grande di loro. Non era stato il fato a portare il signor Lincoln a essere proprio il vicino di casa di Xavier, così come a portare Ginevra nella vita del vecchietto; piuttosto il volere della Divinità celtica Lug e l’Onnipotenza Altissima dei due millenni, congiunte per combattere il male che veniva dal mondo parallelo.
Quel mattino Xavier aveva l’amaro in bocca. Si alzò presto e mentre si fece la barba ripensò all’incubo che aveva fatto durante la notte. Se è vero che la notte porta consiglio, è anche vero però che quella visione fatta nel suo inconscio era un avvertimento. Un avvertimento inquietante. Pertanto il vecchietto aveva paura, ma non per lui, alla veneranda età di centouno anni non temeva più niente e nessuno. Temeva tremendamente per l’incolumità della piccola Ginevra, mentre purtroppo, la povera Ludmilla stava volgendo a un’inevitabile triste decadenza. Preparò la colazione e andò dalle sue giovani donne per svegliarle. Ludmilla non se la sentiva di alzarsi quel mattino, così Xavier decise di portarle la colazione a letto. Mentre lui e la bambina fecero la colazione insieme, notò che lei era sorridente mentre mangiava, ma non come al solito, c’era qualcosa di strano che percepiva nei suoi occhi. Ormai il vecchietto e Ginevra stavano entrando sempre di più in simbiosi e probabilmente non ci sarebbe stata più necessità di utilizzare le cuffie per la connessione telepatica. Ginevra capì che doveva comunicare subito a Xavier cosa sentiva dentro di sé. Attraverso l’alfabeto muto descrisse al nonnino il suo incubo.
«È incredibile, ho fatto anch’io il medesimo sogno, solo che nel tuo inconscio hai visto me che parlavo con Sonia!» disse Xavier alla bambina e continuò:
«Dobbiamo andare ad affrontare il signor Lincoln insieme, te la senti?»
Sì nonno che me la sento, andremo là con una scusa… terminò Ginevra con l’ultimo gesto dell’alfabeto muto.
Il vecchietto e la bambina furono accolti in casa del signor Lincoln. Xavier si presentò con una bottiglia del suo miglior brandy.
«Prego accomodatevi pure sul divano, a cosa devo la vostra visita?»
«Ci scusi il disturbo signor Lincoln, siamo venuti senza preavviso a casa sua, perché la mia nipotina acquisita Ginevra ci teneva tanto scusarsi personalmente, per il suo comportamento maleducato dell’altra mattina.»
Mentre disse queste parole, il vecchietto osservò velocemente il soggiorno e notò parecchie fotografie incorniciate appese al muro. Tutte quante ritraevano Lincoln con colleghi più o meno graduati della NASA; ritraevano anche momenti di onorificenza che lo riguardavano. Ma Xavier pensò che erano troppe le fotografie esposte e quindi cresceva ancora di più il suo sospetto che c’era qualcosa di paurosamente inconsueto in quella persona. E si rafforzò la sua certezza, perché non vedeva foto che ritraessero sua moglie.
«Bene, è lodevole da parte tua Ginevra, allora vieni qui a darmi un bacino» disse Lincoln. E la bambina non aspettava altro. In un secondo e mezzo corse verso il vicino e gli diede un bacino sulla guancia, il più prolungato possibile, allo scopo di avere un contatto con lui sufficiente a percepire i suoi segreti.
«Caspita! Che affettuosità!» disse Lincoln e Xavier si stupì per il suo arrossamento emotivo del viso e pensò che in fondo in fondo, nonostante fosse malvagio, anche lui aveva un briciolo di amore nel suo cuore.
«Vi posso offrire da bere qualcosa? Magari apro questa bottiglia di stravecchio che mi ha portato, signor Roncalli?»
«Volentieri» rispose Xavier e mentre l’ospitante versò il brandy nei bicchieri, lui gli chiese: «Ma il cagnolino dov’è?»
«Ah sì, l’ho chiuso nello sgabuzzino, quando vi ho visti arrivare all’ingresso.»
Il cane, come se avesse capito che parlavano di lui, si mise ad abbaiare animatamente.
«Buono Blacky!» gli intimò il suo padrone, ma continuò ad abbaiare ancora di più. Allora Lincoln chiese agli ospiti:
«Se lo faccio venire qui con noi potrebbe infastidirvi?»
«No assolutamente, anzi Ginevra sarebbe grata di farsi perdonare anche da lui.»
Il padrone di casa fece uscire Blacky dallo sgabuzzino che corse subito verso Ginevra per farsi accarezzare. Anche in questo caso la bambina ne approfittò per avere un contatto col cane, per carpire più cose possibili riguardo il suo padrone. Prese in braccio il cagnolino di razza foxhound e gli accarezzò il capo marroncino ripetutamente, arrivando fino all’estremità delle sue orecchie lunghe e pendenti. Blacky per contraccambiare l’affettuosità leccò il suo nasino. Ginevra si mise a sorridere compiaciuta e anche i due vecchietti fecero altrettanto.
«Ora carissimi, purtroppo, vi devo lasciare perché ho un appuntamento per una visita fra un’ora. Come sa signor Roncalli, alla nostra età dobbiamo fare parecchia manutenzione» disse Lincoln sorridendo.
«Allora cin cin alla nostra manutenzione signor Lincoln» disse Xavier sorridendo.
Bevvero contemporaneamente l’ultimo goccio di brandy e l’ospitante accompagnò Xavier e Ginevra alla porta e li salutò con un grande sorriso.
Ma non appena loro, mano nella mano, si girarono per recarsi al cancelletto di uscita, Lincoln mutò lo sguardo in pernicioso.
Così malefico da sembrare Alexandre DeLarge in Arancia Meccanica, ancora più accentuato dalle sue sopracciglia folte, brizzolate e rughe profonde, viscerali.
#carlobianchiorbis
Ognuno di noi fa sogni premonitori, ma al risveglio non li ricordiamo quasi mai. In particolari situazioni di stress emotivo e di pericolo potrebbero essere la nostra salvezza.
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Sono riuscita a leggere il messaggio al contrario, poi sotto era riportato
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