The Beauty of death – Prologue
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<<Perché nonno parli della giusta morte? Come puoi parlare di una cosa del genere?>>
Domandò Angelica perplessa, guardando Evaristo, il padre di sua madre Giovanna.
La voce della bambina era fioca, tenue, perché portava sul viso una mascherina di colore azzurro che risaltava sotto i suoi capelli castano scuro, corti, a caschetto. Stava in piedi, a un metro dal nonno, che era disteso sul letto in una camera di un monolocale, sito in una palazzina vicina all’Ospedale “San Matteo” di Pavia. Il vecchietto, da lì, riusciva a vedere, attraverso la finestra sul balcone, le grandi foglie rigogliose mosse dal vento, in una mattinata fresca e soleggiata di tarda primavera. Quando era solo, nella camera, passava anche diverse ore a osservare le frasche. Pensava che ormai, il suo inevitabile destino, fosse quello di ridursi a un vegetale, proprio come le piante nel cortile. Ma si rincuorava nella convinzione, che egli avesse goduto appieno della vita e comunque sia, si sentiva fortunato come tanti altri uomini nelle sue stesse condizioni. Fortunato perché, un uomo, anche se era ridotto quasi come un vegetale, poteva provare ancora emozioni e sentimenti. Mentre una pianta e un fiore, molto probabilmente no, erano così, dalla nascita alla morte.
Fortunato perché era stato ricoverato per un attacco cardiaco ed era passato indenne, dalla prima ondata epidemica del Covid-19. In quella maledetta primavera 2020 bisestile, morirono parecchi anziani come lui, soprattutto negli ospizi, e non furono nemmeno sepolti con un degno funerale. Evaristo aveva impresse nella sua memoria, le immagini trasmesse nei telegiornali: i camion militari che uscivano dalle camere mortuarie dei camposanti di Bergamo, stracolme di salme, con destinazione ai vari forni crematori di altre regioni. Il vecchietto venne sottoposto a diversi tamponi che risultarono tutti negativi. La bambina si adagiò, con i gomiti, ai piedi del letto e i palmi delle mani a sostenere il visino visibilmente paffuto, nonostante fosse coperto dalla mascherina. Con occhi sorridenti, attendeva pazientemente la risposta del nonno, che invece indossava sul viso una mascherina di colore bianco “en pendant” con i suoi capelli canuti e corti.
Evaristo andava fiero e grato per aver ricevuto, in dono da Dio, una nipotina, di soli nove anni, così sveglia, molto intelligente e desiderosa di ascoltarlo.
Pensò che per un vecchio, arrivato alla soglia di ottantatré anni, potesse essere benissimo, in quel momento, la giusta morte per lui, trovandosi di fronte una giovane creatura che memorizzava attentamente la storia della sua vita. Sì, Angelica aveva anche il preziosissimo dono della memoria. Ma era un segreto da tenere gelosamente in serbo nei loro cuori. Nessun altro lo sapeva, nemmeno la madre Giovanna. La bambina aveva subito imparato, intelligentemente dal nonno, che c’era tanta gente cattiva nel mondo che sfruttava, per suo tornaconto, le capacità, soprattutto delle persone in tenera età, esponendole a fenomeni da baraccone. Evaristo aveva conosciuto tante persone che da piccoli avevano grandi virtù e da adulti si erano poi abbandonati nell’oblio di una vita disgraziata. L’uomo si sentiva complice e amico della nipotina. Nonostante la sua età avanzata e la convalescenza da un infarto, si sentiva ancora bambino e voleva aguzzare, il più possibile, la curiosità della piccola.
I quattro occhi neri si osservarono per parecchi secondi: quelli un po’ maculati e stanchi di Evaristo e invece limpidi e svegli di Angelica. La piccola non vedeva l’ora che potesse andare a trovarlo in quel monolocale, che il nonno aveva fatto opportunamente prendere in affitto dalla figlia.
Poteva fare una tranquilla convalescenza abitando proprio vicino all’Ospedale, così da poter fare tutte le visite mediche, senza l’affanno del viaggio dal suo paese dove aveva il domicilio: Corbetta, a circa 60 chilometri di distanza.
Inoltre, anche se in Ospedale venivano adottate tutte le opportune precauzioni dal contagio epidemico, in un’abitazione privata si sentiva più sicuro e poteva ricevere le visite dai suoi cari. Quando la nipotina stava con lui, le sembrava di vivere in una favola. La bambina, a un certo punto, come appunto in una fiaba, senza luogo preciso e senza tempo, fece un gesto di cui, sapeva perfettamente, che il nonno avrebbe recepito al volo e doveva iniziare a raccontare la storia: si arricciò con la mano destra i suoi soffici capelli, tenendo il palmo della mano sinistra sotto il mento.
<<Sei pronta a viaggiare nel tempo con me?>> disse il vecchietto dopo essersi tolto la mascherina, per farsi sentire meglio, ma soprattutto affinché non gli mancasse il fiato, in quanto doveva parlare a lungo della sua storia. La nipotina smise di arricciarsi i capelli, abbassò per qualche secondo la mascherina, fece un gran sorriso al nonno annuendo con la testa e si rimise il palmo della mano sinistra sotto il mento.
Il tempo, in quei momenti, passava velocissimo e Angelica era desiderosa di ascoltare il nonno. La mamma Giovanna era andata a fare delle compere in centro e quando sarebbe tornata, terminava la puntata della storia e lei doveva pazientare fino ai giorni seguenti per ascoltare il seguito.
<<Ho visto morire tante persone, ingiustamente e apparentemente senza senso, per questo ti dico, amore mio, che oggi come oggi, posso ritenermi una persona molto fortunata se dovessi morire, perché avrei la giusta morte. La morte della mia cara moglie Lorenza, a soli cinquantanove anni, per una leucemia fulminante, mi ha lasciato una cicatrice nell’anima che non si vede a occhio nudo, ma che sento sempre fresca e lancinante come se la disgrazia fosse successa ieri. Inoltre, rammento sempre, con grande dispiacere, la mia povera sorella Enrica e il mio povero fratello Erminio che morirono ancor prima di arrivare ai venti e sessant’anni: Enrica di tisi a sedici anni ed Erminio di un tumore al fegato a cinquantasei.
La tisi, ovverosia la tubercolosi, perlopiù polmonare, che colpì mia sorella, a quei tempi, era molto simile al Covid-19 di oggi e finché non trovarono la terapia, chi veniva colpito moriva nel novanta per cento dei casi.>> Evaristo vide dagli occhi della bambina un’espressione un po’ triste, ma era convinto che, raccontandole la storia della sua vita, avrebbe capito e affrontato con il giusto piglio il suo avvenire. Nei giorni precedenti aveva raccontato la storia dei suoi antenati, risalendo fino al grado di parentela dei nonni. E da quel giorno, continuò a narrare di quello che aveva vissuto da bambino.
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Bello, buona serata!
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Grazie Silvia, sempre molto gentile, buona serata anche a te 😘
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