> CAPITOLO 11 < THE BEAUTY OF DEATH

The Beauty of death – Chapter 11

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Arrivò finalmente il giorno in cui Evaristo terminò tutti gli esami in Ospedale e pertanto poté andare ancora nel monolocale, per terminare la convalescenza dall’infarto.

La bambina andò a trovarlo, con la mamma, nel pomeriggio perché i medici avevano raccomandato al vecchietto assoluto riposo al mattino.

Angelica constatò subito che il nonno era decisamente meno vispo rispetto agli inizi della convalescenza, ma era già al corrente della situazione e pertanto cercò di mostrarsi a lui sempre con lo stesso atteggiamento degli incontri precedenti, come se nulla fosse accaduto. C’era di buono che Evaristo, all’arrivo della figlia e della nipote, si fece trovare seduto sulla piccola poltrona di fianco al letto, con indosso una nuova vestaglia in raso a fondo rosso e pallini blu ed era ben pettinato. Non portava la mascherina perché faceva fatica a respirare e pertanto, Giovanna e la nipote ne indossarono due paia a testa. Inoltre, esse avevano accuratamente disinfettato le mani con tanto di gel igienizzante. La figlia si avvicinò al padre e gli diede un bacio ovattato sulla guancia, ma con tanto amore e si sedette ai piedi del letto. Aveva optato di rimanere a fargli compagnia tutto il pomeriggio di quel giorno, ma anche i successivi a venire. Voleva dargli supporto morale, cercando di regalargli ancora tutto l’affetto che poteva. Pensò che bisognava, il più possibile, voler bene ai propri cari quando erano ancora in vita. Anche Angelica si avvicinò a Evaristo. Si arrampicò sulle sue gambe, per evitargli di fare lo sforzo di chinarsi. Poi gli diede anche lei un bacio ovattato sulla guancia, ma, prima di sedersi sulla moquette del pavimento a gambe incrociate di fronte a lui, lo abbracciò al collo e gli disse nell’orecchio con dolcezza: <<Ti voglio bene nonno>>. 

Il vecchietto gli rispose commosso:<<Anch’io ti voglio bene amore>>, coinvolgendo emotivamente anche Giovanna alla quale scese un lacrima sul viso. 

La nipotina raccontò al nonno come aveva passato i giorni scorsi e quindi che aveva visto tutte le fotografie del suo passato, e letto le sue lettere fino alla settima. Non gli disse che era andata alla Madonna dei miracoli a pregare per lui, però che era andata con la mamma a fare pic-nic al Ponte delle barche.

Evaristo fu contento ricordando quando era andato anche lui in quel luogo quando sia la figlia che la nipote erano piccole.

Già che c’era, raccontò quello che ricordava un po’ sulla storia del ponte:

<<Pensa Angelica che il Ponte delle barche di Bereguardo è uno dei pochi ponti di barche in Italia transitabili in auto. Per la sua posizione, Bereguardo è sempre stata strategica.

Nel quarto secolo Avanti Cristo, i Visconti sentirono la necessità di unire le due parti del fiume Ticino tra Bereguardo e Zerbolò. Mentre nel quinto secolo Avanti Cristo gli Sforza lo fecero sostituire da un ponte di chiatte stabile. Prima dell’unità d’Italia alle sue estremità si trovava il confine tra il Piemonte e l’Impero Austroungarico, ed era presidiato con soldati e doganieri. Nel corso degli anni fu ripristinato più volte, l’ultima sostanziale risale intorno al 1915, se non ricordo male, quando furono posizionate le chiatte in cemento. Inizialmente fu costruito come opera provvisoria ma resistette a entrambe le guerre mondiali. Questo tipo di ponte segue la portata del fiume, quando il livello d’acqua del Ticino si alza, le barche galleggiano.

A causa del fiume sempre più in secca, le barche non riescono più a galleggiare, incagliate tra i cumuli di ghiaia e poggiano a terra subendo inevitabili danni strutturali. Il Ponte è un patrimonio da conservare perché, per i tanti turisti, provenienti dai dintorni, rappresenta un punto di passaggio importante per la visita del Parco del Ticino.>>

La bambina, ma anche Giovanna, rimasero a bocca aperta, meravigliate per l’eccellente memoria di Evaristo.  

Poi però, il vecchietto si lasciò andare in una caduta di stile raccontando un retroscena di un suo cugino di cui non era nemmeno a conoscenza la figlia: era sposato e divorziò perché era omosessuale. Era una cosa ancora prematura da raccontare a una bambina di nove anni, ma Giovanna chiuse un occhio, prendendola col sorriso in quanto pensò che, comunque, i bambini della loro generazione, probabilmente, erano già a conoscenza di cose che ai loro tempi si sapevano, magari, solo nell’età avanzata dell’adolescenza e anche oltre. Tuttavia, la donna comprese che suo padre, vista l’età, poteva incorrere nel rischio di parlare di cose imbarazzanti, senza rendersi conto. Così non lo interruppe e gli fece raccontare la storia. In tal modo, avrebbe avuto anche un pretesto per farlo svagare e non pensare alla sua drammatica situazione di salute:

<<Ora vorrei raccontarvi di mio cugino Tiziano che era un bell’uomo, biondo, occhi azzurri e prestante ma era gay. Tu Giovanna di questa cosa non ne eri a conoscenza. Non lo sapeva nemmeno la povera ex moglie Luisa. Ai miei tempi, la maggior parte dei fidanzati, arrivavano vergini al matrimonio e pertanto poteva succedere che le persone, sia maschi che femmine potevano avere attrazione per lo stesso sesso, senza rendersi neanche conto, fintanto che non lo constatavano sul fatto pratico. Pertanto avvenivano i divorzi per matrimoni non consumati. Oppure, succedeva anche, che lui o lei sapevano di essere omossessuali e facevano tranquillamente rapporti mettendo al mondo anche più figli. Incuranti della loro situazione ambigua intrattenevano rapporti amorosi e clandestini anche con altre persone dello stesso sesso. Io già sospettai dell’omosessualità di mio cugino, quando andai a trovarlo, con i miei genitori, fratello e sorella, insomma, tutta la nostra famiglia a casa sua, a Besate, il giorno del compleanno  dei sessant’anni, di suo padre Virgilio, il fratello di mia madre. 

Mio cugino Tiziano, pace all’anima sua, era uno specialista nel fare i divani “a capitonè” che, a quei tempi nessuno era in grado di fare. Si trattava di preparare lo schienale di un divano coll’uso della pelle. Ci si serve di un lungo ago con lo spago, infilato nella cruna, per trapassare l’imbottitura sottostante. Alla fine ne veniva fuori un capolavoro, di cui lui andava orgoglioso. Lo schienale, finito, sembrava un nido d’api trapuntato da lucidi bottoni, rivestiti di pelle.

Quel giorno, era un sabato, andò nel suo laboratorio a Milano, per lavorare qualche ora e quando tornò a casa, noi eravamo già arrivati ed eravamo tutti quanti seduti in salotto, che lo attendevamo per cenare. Notai subito una cosa strana, non appena varcò l’ingresso: portava in spalla un qualcosa di lungo, avvolto dalla carta da pacco marrone. Lo fissai a lungo nel tentativo di indovinare cosa portasse. Finalmente si avvicinò – la cena era ormai pronta – e lo vidi deporre sul pavimento l’oggetto misterioso. Lo scartò. Ed ecco cos’era: si trattava d’una lunga sbarra di ferro, una putrela, vale a dire un pezzo di trave di metallo che si utilizza per reggere il soffitto. Nel vederla mio padre scoppiò a ridere e, prendendolo in giro, gli disse: 

“Coun tùt i putrei che ghè a Besa’ a ta douveva pourtarla a ca’fin da Milan?” (Con tutte le travi in ferro che ci sono a Besate, dovevi portarla a casa fin da Milano?). 

Che cosa aveva fatto? Mio cugino, nelle pause per il pranzo, si era servito di un seghetto di ferro e, giorno dopo giorno, era riuscito, con una pazienza incredibile, a staccarla dalla barra più grande dal soffitto del suo laboratorio. Al pensiero di quanto aveva combinato, tutti scoppiammo a ridere. Ed ecco il motivo per cui fece tutta quella fatica: lui si era messo a praticare il culturismo. E quel peso serviva per rinforzare i muscoli. Disse che poi, avrebbe invitato i suoi amici per allenarsi con lui nella tavernetta. E proprio quella sera, andò a trovarlo un suo amico di nome Ivano, che terminata la festa di compleanno, scese insieme a lui per testare quell’attrezzo artigianale. Io, non appena i miei decisero di andare, dovevo andare in bagno per un impellente bisogno di urinare e mia zia Andreina mi consigliò di andare pure giù, in quello adiacente alla tavernetta. Non appena uscii dal bagno sentii parlottare dalla tavernetta, anche se c’era la porta socchiusa e incuriosito, mi misi ad ascoltare. Erano le esclamazioni che, nel corso dell’allenamento, uscivano dalle loro bocche nell’osservare i propri muscoli che vedevano gonfiarsi. E ridevano, si prendevano in giro e facevano versetti da femminucce. Poi ci furono alcuni secondi di silenzio e sentii nitidamente come un rumore di un bacio fragoroso. Io scossi la testa e ritornai su. Quando poi, si venne a sapere della verità sul divorzio di Tiziano da sua moglie Luisa, non ne rimasi stupito più di tanto.>>

Angelica non riuscì a trattenersi a scoppiare in una sonora e grassa risata, che coinvolse anche la madre e il nonno. 

Evaristo, seppur dispiaciuto per quanto accaduto alla sua povera ex cognata, fu temporaneamente felice di aver rallegrato le donne della sua vita, nonostante tutto. E sperò, con tutto il cuore, che li avrebbe ancora riviste il pomeriggio successivo, perché sapeva benissimo che aveva ormai i giorni, se non addirittura le ore, contate.

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3 commenti

  1. craig lock ha detto:

    L’ha ripubblicato su The Writing Lifee ha commentato:
    “One cannot always tell what it is that keeps us shut in, confines us, seems to bury us, but still one feels certain barriers, certain gates, certain walls. is all this imagination, fantasy? I do not think so. And then one asks: My God! Is it for long, is it for ever, is it for eternity? Do you know what frees one from this captivity? It is very deep serious affection. Being friends, being brothers, love, that is what opens the prison by supreme power, by some magic force.”
    – Vincent Van Goch, letter to his brother, July 1880 (from Open: An Autobiography by Andre Agassi)
    http://www.beyondboundaries.limits.wordpress.com
    Ciao Carlo
    Thanks for the follow (+ like(s)
    Happy blogging/writing and all the best with your blog
    Arrivaderci
    “early bird sleepy-head” craig
    https://craigsbooks.wordpress.com/2022/01/13/and-as-imagination-bodies-forth-the-forms-of-things-unknown-the-poets-pen/
    http://www.craigsblogs.wordpress.com
    http://www.craigsbooks.wordpress.com
    “It always seems impossible…
    until it gets done!”
    – Nelson Mandela
    http://www.mandelamadiba.wordpress.com
    http://www.craigsquotes.wordpress.com
    You CAN…if you THINK you can
    “Put your fears behind you and your dreams in front of you…always.”
    Best wishes from the First City to see the light
    https://inspiringvideo.files.wordpress.com/2021/01/brilliantlight111312121-1-2-3-1-1-1-1-1-1.jpg
    PPS
    Don’t worry about the world ending today
    it’s already tomorrow in scenic and tranquil ‘little’ New Zealand
    https://resources.stuff.co.nz/content/dam/images/4/y/r/n/6/a/image.related.StuffLandscapeSixteenByNine.1420×800.228ba8.png/content/dam/images/4/y/r/n/6/a/image.related.StuffLandscapeSixteenByNine.1420×800.228ba8.png/1616873002911.jpg

    Piace a 1 persona

    1. carlobianchiorbis ha detto:

      Thank you so much Graig

      "Mi piace"

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