> CAPITOLO 19 < THE BEAUTY OF DEATH

The Beauty of death – Chapter 19

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LETTERE A LORENZA

Terza lettera

Cara Lorenza, sono in partenza per la montagna. Vado a Canazei ma, purtroppo, tu non ci sei. Penso che a quest’ora dovrei essere quasi arrivato. Non so cosa mi aspetta. Spero di passare un periodo tranquillo. Ne ho proprio bisogno. Tu sola sai quanto ho sofferto l’estate scorsa. Il cuore mi dice che troverò delle persone affabili con cui trascorrere delle giornate serene. Davanti all’albergo, dove sarò ospite, si stagliano le Dolomiti. La sera mi siederò, non so dirti dove, e mi metterò ad ammirarle, magari sotto un cielo stellato. Allora penserò a te. Così avremo modo di ammirare assieme lo spettacolo che ci sta di fronte. Mi raccomando non mancare all’appuntamento. Io ti aspetto là dove ci trovavamo da giovani, ai nostri primi incontri. Da una parte, ti confesso, lascio la casa con un po’ di trepidazione e rammarico. Lassù sarò solo mentre qui ho modo di godere della compagnia di Giovanna, anche se sta cominciando a frequentare un giovane di nome Edoardo e quindi le sere che stiamo insieme sono diventate poche. Devo ammettere che faccio fatica a non essere geloso di nostra figlia, ma faccio di tutto per non darglielo a vedere.
In questo momento mi trovo in treno – La Freccia Rossa – alla volta di Verona. Mi ha accompagnato alla Centrale Giovanna.

Ora sono sceso a Verona Porta Nuova, dove ho la coincidenza con quello che va a Bolzano. Da qui, dovrò salire sul pullman che mi porterà a Canazei.

La giornata è bellissima. Splende il sole dentro a un cielo azzurro, terso. Il finestrino è come un grande teleschermo dentro cui schizzano, sfrecciando, le piante ed i cespugli che, a tratti, affiancano la ferrovia. Aspetto che rispuntino le Prealpi. Sono, non alte, ma piuttosto tondeggianti, d’un colore grigio-scuro, verdastre. Mi danno l’impressione che siano sorelle che si danno il braccio formando un corteo mentre ci avvolgono con una specie di cordone dentro al quale uno si sente protetto, al sicuro come se al loro esterno ci fosse un pericolo che può incombere da un momento all’altro. Quelle più basse prendono la forma di collinette. Spuntano in fila i cipressi, in fila, tra le case- ed intanto il pullman sfila leggero sopra l’asfalto come se ci fossero dei cuscinetti d’aria che lo tengono come sospeso.



LETTERE A LORENZA

Quarta lettera

Lorenza, amore mio, mio tesoro sento fortemente la tua mancanza. Io sono qui, all’hotel di Canazei dove ci incontrammo la prima volta. Sto molto bene. Pensa, in questo momento mi son addormentato nel salotto – sono, esattamente, le 19,34. Fra poco andrò a cena presso il ristorante. Lorenza, non lasciarmi mai. Spero di raggiungerti. Ma qualcosa mi dice che non accadrà presto. La nostalgia mi divora. Soffro di solitudine però sto cercando di imparare, con fatica, ad accettare la mia condizione – non è semplice. Mi raccomando, Lorenza, stammi sempre vicina. Non so quello che accadrà in avvenire. Ma spero tanto di poter raggiungere quello stato che chiamo l’autunno della mia vita, in piena armonia con la natura. Sento che non è lontano. Finalmente potrò vivere, per quel che mi resta, in santa pace. Pochi lo sanno ma io provo, dentro di me, una specie di forza che mi suggerisce ciò che più mi si confà. Dicono che questo stato s’avvicina a quello dei poeti. Pre-sento quello che sta per accadermi e, di questo, debbo farmi una ragione. Sono pochissimi coloro che comprendono questo modus viventi. Quando parlo con qualcuno, mi rendo conto che per loro quanto mi succede, per loro si tratta di un che di strano – non capiscono, non ne hanno nemmeno l’idea. Be’, in un certo senso sono fortunati. Certamente si tratta di gente che sa accettare un po’ la vita come viene, senza star lì a farsi troppe domande – a che pro? È per questo che si sentono, quanto meno, sereni. Ecco, è quanto mi auguro di diventare anch’io. Ciao, tesoro.

LETTERE A LORENZA

Quinta lettera

Mia cara Lorenza, ieri sono stato sulle Dolomiti, uno spettacolo mozza fiato. Sono qualcosa d’imponente! Affascinato, non smettevo mai di guardare. E pensare che sono dei semplici spezzoni di roccia vulcanica riemersa, raffreddatisi nel corso dei millenni. Hanno un aspetto multiforme, si vedono puntoni che perforano il cielo, grossi massi che sembrano panettoni. Brillano al sole. Sono salito con la seggiovia. A sbirciarle dai finestrini si ha l’impressione di cadere nel vuoto, ti portano via la testa e hai la sensazione di precipitare. Una volta arrivato, dopo aver mangiato un panino allo speck, molto gustoso, ho preso una seconda funivia. Sono arrivato a un hotel dove ho fatto tringo-trango (così, in famiglia viene scherzosamente chiamata la merenda). Quindi, ho ripreso la camminata. Alla stazione mi sono impossessato (rubato) di una racchetta, di colore giallo, che qualcuno aveva dimenticato. È stata una fortuna; mi ha aiutato a sopportare il dolore all’anca sinistra che mi faceva male. Verso le 17,00 me ne sono tornato a Canazei. Giunto all’hotel, mi sono recato in piscina, dove mi sono rilassato. Dopo cena, qui si mangia molto bene, mi sono abbuffato per recuperare le forze. Al termine sono sceso in paese per un giretto e, con mia sorpresa, ho trovato due fisarmonicisti. Faceva freschino, allora mi sono allontanato dal palco, sono entrato in un magazzino e ho preso – è il secondo furto della giornata – un pezzo di stoffa dal color verdino; me lo sono buttato sulle spalle e sono tornato ad assistere alla spettacolo. Ti dicevo che erano molto bravi. Suonavano con tipi di strumenti diversi, un bel signore, molto alto – un bell’uomo – muoveva magistralmente le dita sulle tastiere fisarmonica. L’altro, una macchietta con tanto di cappellino in testa, alla tirolese, suonava una vecchia fisarmonica, da cui uscivano suoni profondi. Cantavano diversi brani. Ma, a sentire la voce del secondo suonatore, che aveva un viso da gnomo – simpaticissimo -, era una goduria. Cantava in falsetto gorgheggiando come un usignolo: era lo jodel! Alla fine, mi sono commosso. Alla fine sono rientrato in albergo. Il pomeriggio di quel giorno – non contento – ho prenotato un “mountain bike” e ho percorso la pista ciclabile che fiancheggia un torrente. Mi sono detto: “Vediamo dove va a finire! … Ciao, Lorenza, continua a starmi vicino.’

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