I like to kill – Chapter 3
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La sera era scesa e nell’aria c’era una momentanea sensazione di quiescenza. Gli uomini delle forze dell’ordine dovevano ritemprarsi per affrontare le fatiche che li attendevano. Misteri ritornati dal passato come ombre che forse si erano impadronite e avevano cancellato le speranze dei cittadini di Vigevano di dimenticare l’orribile storia dell’Aforista assassino.
Nella pizzeria Vesuvio si sentiva in sottofondo la canzone “O sole mio” interpretata dai Volo. Anche il titolare Maurizio cercava di intonarla nei limiti delle sue capacità vocali:
<<Che bella cosa na jurnata ‘e sole n’aria serena dopo na tempesta! Pe’ ll’aria fresca pare già na festa… Prego signori avete trovato qualcosa di vostro gradimento? Altrimenti vi posso consigliare il menù della casa che è squisitissimo.>>
<<Per me va benissimo il menù della casa, caro Maurizio.>>
Rispose il maresciallo Pennetta.
<<Già sai… caro cugino>>, disse il titolare della pizzeria, sorridendo e inarcando le sue sopracciglia foltissime. Talmente folte, che ci sarebbero volute ore e ore di sedute dall’estetista per sfoltirle.
<<Per me invece una bella pizza Da Giovanni.>>
Ordinò il maggiore Longobucco e anche il collega tenente Gornati fece altrettanto.
Maurizio Sciacchitano, chinato con gli avambracci sul tavolo, inserì le ordinazioni sul palmare a telecomando e chiese anche con sguardo serioso e professionale:
<<Da bere cosa desiderate? >>
Pennetta scelse l’ottimo vino bianco della casa ottenendo anche il gradito consenso dei due ospiti.
<<Bene, è già tutto in produzione>> disse Sciacchitano con soddisfazione e fischiettando sempre le note di “O sole mio” si recò verso un altro tavolo per le ordinazioni.
<<Molto simpatico suo cugino e molto bravo, ci sa fare con i clienti.>>
<<E sì, maggiore, sono anni che conduce questa attività con ottimi risultati. È una pizzeria che fa, naturalmente, pure ristorazione ed è anche un’ottima locanda. Come vede il locale è completamente rinnovato; in più di trent’anni di attività questo è già il quinto restyling>>.
Mentre il maresciallo disse queste parole, con orgoglio e un pizzico di emozione che si leggeva dai suoi occhi azzurro mare, Longobucco pensò che anche il suo lavoro gli aveva dato tante soddisfazioni ma anche qualche delusione, piuttosto cocente, come l’ultimo fallimento del caso Atropo. Gornati, notando che il maggiore sembrò come caduto temporaneamente in trance, lo risvegliò dall’intontimento ponendo una domanda al collega carabiniere:
<<Allora maresciallo ci parli un po’ della detective Alice Leoni che sarà presente al briefing di domani mattino.>>
Il vice capo RIS e il maresciallo avevano entrambi gli occhi azzurri però la loro fisionomia era completamente diversa: il tenente carnagione chiara e capelli castano chiari, mentre il maresciallo carnagione scura, pelle sulle guance leggermente butterata e capelli neri.
Pennetta rispose:
<<È una donna molto affascinante nonostante i suoi sessantadue anni e anche molto colta. È appena andata in pensione, ma continua a lavorare per noi come consulente occasionale per i casi più complicati. Soprattutto in quest’ultimo caso ci sarà molto utile, perché era nel team investigativo che portò all’arresto della persona che commise i brutali omicidi negli anni settanta e ottanta, col nickname dell’Aforista. La signora Leoni è divorziata da parecchi anni. Suo marito, Luigi Bosetti, era un avvocato facoltoso di Pavia. Da lui aveva avuto un figlio che si chiama Alberto, il quale aveva ereditato dalla madre la professione di detective e aveva aperto un’agenzia di investigazioni. Oggigiorno Alice Leoni collabora spesso col figlio e molto probabilmente per il caso dell’omicidio Tiraboschi si avvarrà del suo aiuto. Insomma la nostra bella donna ex detective è forse ancora più in attività di prima, alla fine della fiera.>>
Intervenne Longobucco che si era risvegliato dalla sua breve “visione/incubo ricordo”:
<<Certo, ci sarà di grande aiuto, sia nel caso che l’omicida possa essere un copycat, oppure che l’effettivo Aforista sia tornato a colpire. Ma davvero mi auguro che non ci troviamo di fronte a quest’ultima ipotesi, altrimenti la nostra Arma dei Carabinieri ci farebbe una figuraccia e avremo tutti i parenti stretti del malaugurato presunto condannato, morto suicida, a chiedere i danni economici allo Stato. E di conseguenza lo Stato si rivarrà suoi responsabili che hanno sbagliato sul caso. >>
<<E sì… speriamo bene>> disse con tono preoccupato il maresciallo Pennetta e pensò intensamente a San Gennaro. Arrivò Maurizio Sciacchitano con i piatti, che pose elegantemente sul tavolo e disse con fierezza:
<<Favurit’. >>
Tutti e tre gli uomini delle forze dell’ordine si misero a ridere di gusto e l’atmosfera del pranzo divenne un pochino più gioviale. Il maresciallo chiese a Longobucco di quali origini fosse e lui gli rispose che suo padre era siciliano, di Palermo, mentre sua madre era di Salsomaggiore Terme. Invece il tenente Gornati raccontò che suo padre e sua madre erano di origini comasche e a pochi chilometri da Vigevano, nella città di Abbiategrasso, nella provincia di Milano, abitava un suo cugino e che non appena avesse avuto la possibilità sarebbe andato a trovarlo.
<<Allora signori? Dormirete qui da mio cugino Maurizio, in questi giorni di permanenza a Vigevano? Vi garantisco che è anche un’ottima locanda… >> <<Ciertu signure>> disse Longobucco sorridendo e si misero di nuovo tutti a ridere di gusto, compreso Maurizio che aveva sentito dal bancone del bar. Intanto, all’esterno del locale, il buio della notte si prese in custodia i progetti malefici dell’assassino.
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