> CAPITOLO 11 < I LIKE TO KILL

I like to kill – Chapter 11

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Salvatore Longobucco, come già gli capitava da molti, troppi giorni, si alzò di mattino presto a causa dei suoi frequenti incubi notturni. Così, anziché andare a fare il solito giro nel centro lomellino, decise di recarsi, già al sorgere del sole, nella Caserma dei Carabinieri in quanto aveva intenzione di leggere accuratamente i rapporti che portarono all’arresto di Maurizio Locatelli.

Una volta che firmò il registro delle autorizzazioni, per l’accesso al database, entrò nell’ufficio archivio e si sedette davanti al PC. Lo avviò e dopo qualche secondo digitò la password affidatagli dall’addetto di turno. Fece scorrere le videate relative al fascicolo Aforista: l’assassino che terrorizzò la pacifica città Ducale negli anni settanta e inizi anni ottanta, con i suoi macabri omicidi. In tutto quattro: Marcella Magistroni, Roberto Galeazzi, Silverio Bettuelli e Rinaldo Vietti. Una giovane donna e tre giovani uomini.

Prima vittima: Marcella Magistroni, bella, giovane, bionda e occhi azzurri. Assassinata nella sua cantina, di mattino presto, quando doveva recarsi al lavoro con la bicicletta, come garzona del panettiere.
Prima vittima del serial killer col modus operandi che lo ha costantemente caratterizzato: colpo di martello tira chiodi sulla fronte per tramortire la vittima e ucciderla con una sferzata di punteruolo dritto al cuore e finire con una siringa conficcata nell’occhio sinistro. Nella cannuccia con l’ago, al posto del liquido, fu trovato un foglio, composto di lettere ritagliate da un giornale e incollate, che riportava un breve aforisma di Jim Morrison:
“Se una mattina ti svegli e non vedi il sole, o sei morto, o sei il sole”.

Seconda vittima: Roberto Galeazzi. Altrettanto giovane e bello, conosciuto ai tempi, dai suoi coetanei, come uno sciupafemmine e soprannominato Casanova, ebbe una breve relazione con Marcella e per questo motivo fu sospettato, in un primo momento, di essere l’assassino, ma aveva un alibi di ferro. Comunque, ogni dubbio sul suo conto si dissolse poiché fu brutalmente ucciso anche lui dall’Aforista. Fu ritrovato morto in prossimità delle giostre alla festa patronale di Vigevano. Anche in questo caso Galeazzi, come Marcella, fu colto di sorpresa dal suo carnefice. Nella siringa conficcata nel suo occhio sinistro fu trovato un aforisma di Voltaire:
“La storia non è che un quadro di delitti e sventure”.

Quello che stupì il capo RIS, nel leggere il fascicolo, fu il fatto che la ragazza che era insieme a Casanova era stata risparmiata dal killer. Pertanto questo aspetto fondamentale rafforzava l’ipotesi che i quattro giovani ammazzati erano i soli e unici obiettivi dell’Aforista. Tra l’altro Longobucco ebbe modo di appurare che, tutti quanti, abitarono nello stesso complesso condominiale.
“Ma perché accanirsi proprio solo contro di loro?” si chiese il maggiore pensando a Locatelli. Guardò le foto che lo ritraevano e notò che in alcune, quando era stato arrestato, c’era anche la giovane detective Leoni sorridente e con un’espressione fiera.

“È incredibile che con il passare di tutti questi anni sia rimasta quasi come allora. Certo, in queste foto si vede che era più giovane ma il viso è rimasto quasi immutato. Evidentemente i ritocchi chirurgici estetici fanno miracoli. A meno che non abbia fatto un patto col diavolo, disse a sé stesso il maggiore facendo un lieve sorriso e poi si mise a leggere con attenzione i verbali sul conto di Maurizio Locatelli.
Mah! A parte i suoi piccoli precedenti di pedofilia, fra l’altro solo sospetti, e atti osceni in luogo pubblico, non mi pare proprio che potesse essere l’assassino, perlomeno non aveva le caratteristiche di un profilo del serial killer. Comunque, le prove contro di lui furono effettivamente schiaccianti. E se lo avessero incastrato?” continuò a pensare Longobucco e proseguì a leggere il verbale riguardo la terza vittima dell’Aforista: Silverio Bettuelli.

Assassinato in una tarda serata di estate, in un campo di periferia di Vigevano. Sempre lo stesso modus operandi e nella siringa un foglietto con una citazione della Regina di Scozia Maria Stuarda:
“Vi perdono con tutto il mio cuore, perché ora io spero che porrete fine a tutte le mie angustie.”

L’assassino aveva studiato i movimenti della vittima. Aveva spostato il mezzo di trasporto della preda, affinché fosse obbligata a tornare a casa a piedi attraverso quel campo, andando così incontro alla morte. Il maggiore pensò nuovamente all’ipotesi che Locatelli non fosse il serial killer e che quindi potesse essere stato incastrato.
“Sì ma da chi?” si domandò. Certamente dall’effettivo Aforista, ma chi poteva essere? Molto probabilmente un residente del condominio. Va bene, ma in un grande condominio sarebbe quasi come cercare un ago in un pagliaio. E gli venne anche in mente:

“Le vittime erano adolescenti e perché l’assassino non si accanì anche contro i ragazzini molto più piccoli, residenti in quel condominio?”

Allora andò sulla videata riguardante i bambini residenti a quei tempi ed erano sei: Massimo Lovetti, Mario Casari, Salvatore De Santis e Claudio Casnaghi. Anche una certa Tiziana Magistroni, sorella della vittima Marcella, deceduta per un male incurabile a soli sedici anni e Maria Tirelli, trasferitasi a quindici anni, con la sua famiglia all’estero.

“Massimo Lovetti non mi è nuovo…” pensò il maggiore e gli venne un’illuminazione:
“Ma certo! È il professore dell’Istituto Tecnico che abbiamo convocato oggi, per primo, per essere ascoltato come persona informata sui fatti!”

Allora il maggiore si collegò a un’altra sessione per vedere gli altri nomi delle persone, alle quali dovevano ancora notificare la convocazione in caserma per gli interrogatori:

” Mario Casari! Bidello della stessa scuola! E il sacerdote Claudio Casnaghi! Professore di religione che svolge l’attività ecclesiastica nella chiesa SS. Gaudenzio di Gambolò. Vedo che ci sarà da convocare anche Salvatore De Santis, anche se non è dipendente dell’Istituto ma è il fornitore dei sandwich per la ricreazione degli studenti. De Santis è barista, benissimo!”

Longobucco guardando il monitor del PC si massaggiò delicatamente gli occhi, dopodiché si alzò facendo uno sbadiglio intenso. E pensò:

” Devo ricordarmi, dopo la sosta, di guardare i dettagli sull’omicidio di Rinaldo Vietti.”

Uscì dall’ufficio database e andò al distributore automatico, nel corridoio, per bersi un caffè. Quando fu di fronte alla macchinetta prese delle monete dalla tasca e notò che erano tre pezzi da un euro. Vide che di fianco alla fessura c’era la scritta “il distributore non dà resto” ma, con noncuranza, infilò una moneta e scelse un caffè al ginseng. Il liquido scuro scendeva lento e Longobucco pensò che gli interrogatori delle quattro persone, legate sicuramente da un’amicizia d’infanzia, dovevano essere velocemente reimpostati perché era convinto che avessero a che fare, indubbiamente, con l’omicidio di Tiraboschi.

“Certo che, all’epoca dei fatti, i quattro amici potevano avere dodici, massimo tredici anni, considerando il delitto della prima vittima Marcella Magistroni. Solo un odio smodato, causato da chissà quale sopruso, avrà dato la forza all’assassino per commettere omicidi con le modalità del martello e punteruolo. Comunque agli inizi di un’indagine tutte le piste sono aperte. Il caso è più che complicato perché c’è da appurare se abbiamo a che fare con un copycat, oppure se effettivamente l’assassino è l’Aforista che ritorna a uccidere e pertanto Locatelli è stato ingiustamente condannato”, disse a sé stesso il maggiore e mentre beveva il caffè. Poi guardò l’ora e pensò di chiamare il collega Gornati per rimodulare gli interrogatori, ma non appena volse lo sguardo verso il fondo del corridoio, lo vide arrivare.

<< Buongiorno Gornati, desidera un caffè? >>

<<Buongiorno a lei maggiore, no grazie.>>

<<Allora, se non le dispiace, andiamo subito cortesemente nell’ufficio database perché devo farle vedere qualcosa di molto interessante riguardo le persone che dovremo interrogare oggi. Non dovremo torchiare maggiormente solo le professoresse Valeria De Marchi e Sabrina Miccio… >>

Il tenente seguì Longobucco pensando, con rammarico, che egli stesse ritornando a essere brillante come ai vecchi tempi e che pertanto la strada per fargli le scarpe sarebbe stata più lunga del previsto.


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