I like to kill – Chapter 12
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Il comandante Attilio Pastori arrivò con l’auto di servizio Alfa Giulia nel parcheggio interno della Caserma dei Carabinieri di Vigevano; scese dal mezzo e osservò un bel sole di color paglierino che si rifletteva sugli occhiali a specchio che indossava. Rimase qualche secondo col viso rivolto verso la grande stella splendente e pensò:
“Speriamo che i suoi fulgidi raggi arrivino anche all’interno della caserma e siano chiarificatori per la risoluzione del caso dell’omicidio di Tiraboschi.”
Il comandante sapeva che era un caso che si prospettava alquanto complicato e pertanto, partire col piede giusto dai primi interrogatori, sarebbe stato già un ottimo passo. Dopo questa riflessione di speranza, Pastori si tolse gli occhiali e controllò, attraverso le loro lenti a specchio, che i suoi capelli biondicci fossero in ordine. Poi si tastò accoratamente le borse sotto agli occhi, quasi come a volerle eliminare magicamente. Si rimise gli occhiali sul naso aquilino e andò deciso verso l’ufficio dei comandi.
Intanto, nel locale database, il maggiore Longobucco aveva appena terminato di esporre al tenente Gornati la nuova condotta degli interrogatori e pertanto uscirono nel corridoio e si recarono nell’ufficio di Pastori. Il comandante si era appena seduto alla scrivania e li fece accomodare davanti a lui.
<<Buongiorno signori, mi ha telefonato la detective Leoni che ha avuto un leggero contrattempo e pertanto arriverà con qualche minuto di ritardo. Mi ha detto che possiamo cominciare anche senza di lei. Bene, avete novità per me? >> chiese Attilio Pastori volgendo lo sguardo verso il vice capo RIS Stefano Gornati.
Il tenente, gratificato per essere stato scelto per primo ad aprire il briefing, mostrò al comandante il migliore sorriso che avesse mai fatto nella sua vita, ma non fece altrettanto il comandante quando lo sentì dire:
<<Dai rilievi definitivi della nostra squadra, confermo che non risultano tracce lasciate dall’assassino sul luogo del ritrovamento del cadavere di Tiraboschi. Non sono state trovate, purtroppo, nemmeno tracce nell’abitazione della vittima a Gambolò. Fra l’altro, aveva una dimora molto pulita e ordinata, nonostante conducesse una vita da “single playboy”. Si evince però, dai tabulati telefonici, che Tiraboschi aveva ricevuto una telefonata alle ore 20 e 18 sul telefono fisso della sua abitazione e non risulta ricollegabile a nessuna utenza telefonica. È stata sicuramente fatta dall’assassino da un numero criptato. Inoltre, le celle telefoniche del cellulare della vittima risultavano, quella sera, concentrate fino alle ore 20 e 25 nella zona della sua residenza e successivamente nella zona intorno alla stazione ferroviaria di Vigevano, dalle ore 20 e 46 fino alle ore 20 e 52; e poi concentrate anche nella piccola frazione periferica di Vigevano, Piccolini, dalle ore 21 e 11 alle ore 21 e 23. Dopodiché non viene più rilevato nessun segnale. L’auto della vittima è stata trovata nel parcheggio della stazione, mentre il suo cellulare non è ancora stato trovato. Evidentemente è stato occultato dall’assassino. Come avevamo già appurato, dall’autopsia sul cadavere è risultato che il decesso sia avvenuto alle ore 21.19 e tutto questo conferma quindi, con la massima certezza, che l’omicidio non sia stato commesso nell’abitazione di Tiraboschi e nemmeno nel centro cittadino. È quindi molto plausibile che la vittima conosceva il suo omicida ed è stata condotta nel luogo della sua morte. Dovremo setacciare la piccola frazione di Vigevano perché magari potrebbe darci qualche indizio importante. Non penso che il killer viva in quella zona, però mai dire mai.>>
Il comandante con aria sconsolata rivolse la stessa domanda a Longobucco che invece comunicò elementi più confortanti ma che avrebbero complicato ancora di più il caso:
<<Sì colonnello, ho fatto un’indagine più approfondita questa mattina e le ho consultate col mio collega Gornati. Abbiamo riguardato il vecchio fascicolo dell’Aforista e abbiamo modificato le schede degli interrogatori. Ci sono degli sviluppi interessanti che non credo le facciano piacere. >>
Attilio Pastori si grattò, con l’indice, la punta del naso pensando che i raggi del sole anziché chiarificatori si stavano rilevando ottenebranti. Rimase in silenzio per alcuni secondi in trance e vedendo Longobucco che lo stava osservando in attesa di poter continuare, disse:
<<Prego maggiore continui… >>
Intanto, mentre Longobucco stava esponendo le sue teorie al comandante, arrivò nel parcheggio della Caserma la detective Leoni al volante di una Mercedes classe B grigio chiaro. Posò sul suolo la punta della scarpa décolleté in vernice nera, calzata da un piedino affusolato e ancor più abbellito dal tatuaggio di una rosa che partiva appena sotto la caviglia e continuava qualche centimetro sopra. L’affascinante detective pose anche l’altro piede sul suolo e scese dall’auto portandosi la borsa ventiquattrore in pelle Galax Day. Chiuse la portiera dell’auto, si stirò la gonna corta sopra le cosce e si sistemò la giacchetta. Mentre la donna si avviò verso l’ingresso della caserma, il sole, ormai splendente, si divertì a evidenziare il suo corpo suadente, grazie alle trasparenze del tailleur misto cotone indossato, di colore marroncino chiaro. Non appena entrò nell’ufficio del comandante fu accolta dai tre uomini che si alzarono in piedi. Gornati la osservò come se avesse visto per la prima volta la Madonna di Caravaggio e si attivò subito per farla accomodare. Questo evidente particolare non passò inosservato dagli altri due colleghi che si guardarono facendo un lieve sorriso di scherno. Il comandante Pastori fece un breve riepilogo del briefing alla detective e invitò il maggiore Longobucco a continuare nella sua esposizione:
<<In base a tutto questo ho la forte convinzione che il condannato Locatelli non fosse il serial killer, ma che sia stato incastrato ed è quindi molto probabile che l’Aforista sia tornato a uccidere. Dovremo indagare a tutto spiano sul personale della scuola, ex dipendenti della stessa e anche sulle persone che vivevano nel condominio dove era avvenuto il primo delitto. Pertanto non solo Sabrina Miccio e Valeria De Marchi, collegate direttamente alla vittima, dovranno essere maggiormente interrogate, ma anche i signori Massimo Lovetti (professore di Topografia e Tecnologia delle Costruzioni), Mario Casari (collaboratore scolastico) e il sacerdote Claudio Casnaghi (professore di religione); tutti e tre alle dipendenze dell’Istituto “Francesco Selmi”. Inoltre anche Salvatore De Santis che fornisce giornalmente i sandwiches alla scuola per la ricreazione degli studenti. Questi quattro uomini, quando erano bambini, vivevano tutti nel condominio di Locatelli. >>
Intervenne, con tono molto scocciato la detective Leoni:
<<Allora, mi scusi comandante, mi avete voluta come consulente di questo caso e ora mi venite a dire che ho fatto arrestare una persona innocente?>>
<<Non è un’affermazione signora, ma è un’ipotesi, purtroppo, molto plausibile>> rispose Pastori.
<<Ma allora maggiore, della sua ipotesi del modus operandi differente cosa mi dice? >> disse la detective con tono ancora più scocciato.
<<Purtroppo signora Leoni, ho affrontato dei casi nella mia carriera nei quali il serial killer aveva modificato il suo modus operandi. Non deve prendersela così male, può succedere nella nostra professione, pensi che a causa del fallimento del caso Atropo di Monza mi stavo rovinando la carriera e anche la salute. Porto tuttora le brutte conseguenze nel mio inconscio più intimo. >>
Non appena il capo RIS terminò la frase, qualcuno bussò alla porta energicamente.
<<Avanti!>> disse infastidito Pastori. Entrò il maresciallo scelto Antonio Pennetta che disse con tono agitato:
<< Mi scusi comandante, ma abbiamo ricevuto una telefonata dall’ avvocato Petrella. La sua assistita Sabrina Miccio si è probabilmente suicidata. >>
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