> CAPITOLO 16 < I LIKE TO KILL

I like to kill – Chapter 16

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<<L’Aforista si sta prendendo gioco di noi! >> disse il tenente Gornati al maggiore Longobucco, mentre la squadra RIS stava facendo i rilievi sul luogo del ritrovamento del cadavere di Barbara Trevisan.

La vittima era supina con le gambe divaricate e le braccia incrociate sul petto ed era con la testa inclinata e appoggiata alla cancellata laterale sulla facciata della Cattedrale di Sant’Ambrogio. Il cadavere era quindi nelle stesse orribili condizioni di Angelo Tiraboschi: sempre supino e sempre ricoperto di sangue, sempre con la siringa conficcata nell’occhio sinistro e sempre in prossimità di una chiesa cristiana; l’unica differenza era che Tiraboschi era disteso sulla base di una fontana, mentre la Trevisan ai piedi di una cancellata. Venne subito identificato il cadavere della donna perché il suo compagno, non vedendola tornare a casa, aveva chiamato preoccupato il 112. Barbara, quando saltuariamente usciva con l’amica la sera non tardava mai oltre le due di notte. Infatti le preoccupazioni del compagno non furono immotivate: già di primo mattino egli ricevette la telefonata dal Comando dei Carabinieri in cui gli si chiedeva di presentarsi con la figlia di lei, in piazza Ducale, per il riconoscimento della vittima. Quello che fu tanto raccapricciante alla vista dell’uomo e della ragazza era la siringa infilzata nell’occhio. La figlia Aurora ebbe un malore e dovette essere ricoverata in ospedale.

Longobucco, mestamente, confermò al collega:

<<Sì tenente, l’assassino ci ha praticamente consegnato sotto il naso la vittima senza che noi ce ne accorgessimo. Alloggiamo a pochi chilometri da qui, sembra proprio che ci voglia sfidare>> e diede uno sguardo veloce a tutta la piazza Ducale per poi tornare a osservare il cadavere disteso a terra, in prossimità della cancellata, a fianco dell’ingresso della cattedrale.

E continuò:

<<Come nel luogo del ritrovamento del cadavere di Tiraboschi sono state oscurate, con vernice spray, le telecamere esterne della cattedrale e dei negozi e bar antistanti. È molto atipico come serial killer, ha ucciso due persone in pochi giorni. Solitamente passano anche parecchi mesi tra un omicidio e l’altro. È come se avesse placato per anni il suo istinto omicida e adesso volesse recuperare spasmodicamente il tempo perduto. Ora, signor Gornati, dobbiamo anche studiare il luogo del ritrovamento delle vittime: entrambe in prossimità di due chiese. Tutto questo evidentemente potrebbe avere una motivazione occulta. Mi viene in mente il sacerdote Claudio Casnaghi che abbiamo interrogato. Probabilmente potrebbe avere a che fare con l’Aforista. Magari potrebbe averlo confessato e quindi trovarsi coinvolto in questi macabri omicidi, rendendosi emotivamente partecipe, suo malgrado. Oppure il prete potrebbe anche essere il suo complice e, non il solo, a questo punto. Non penso che possa essere lui l’Aforista, sarebbe troppo scontato. >>

<<Però magari farebbe leva sul fatto che proprio l’evidenza distoglierebbe i sospetti su di lui>> intervenne Gornati.

<<Questo è vero tenente, comunque ritengo che Claudio Casnaghi sia sicuramente coinvolto in questo caso.>>

<<Sono d’accordo con lei maggiore>> disse Gornati e aggiunse:

<<I quattro amici di vecchia data non mi convincono, ho la brutta sensazione che si siano creati un alibi ad hoc e non si rendano conto che rischiano di essere pienamente coinvolti tutti quanti. >>

<<È la stessa cosa che ho pensato anch’io>> disse il capo RIS e si mise a osservare ancora tutta la piazza come se volesse trovare qualche indizio sul secondo macabro delitto dell’Aforista. Nel frattempo arrivò sul posto anche la detective Alice Leoni che salutò, con un sorriso raggiante, il collega Gornati.

<<Perché non ci avevo già pensato prima? La stella di David!>> esclamò Longobucco, mentre osservava il simbolo ebraico sul Sagrato della cattedrale. Il tenente e la detective si guardarono stupiti ed entrambi fecero una smorfia beffarda abbassando leggermente gli angoli della bocca.

<<Nella scrittura ebraica Davide è scritto solo con tre caratteri, due dei quali sono la “D” o Dàleth in ebraico. Nei tempi antichi questa lettera veniva scritta in modo molto simile a un triangolo, più o meno come la lettera greca “delta” con la quale condivide il suono e la stessa posizione: la quarta posizione. E nei rispettivi alfabeti com’anche la “D” in italiano e negli altri alfabeti occidentali. Ecco spiegato il motivo per il quale il killer ha cambiato il suo modus operandi: le vittime vengono spostate in prossimità dei luoghi di culto cristiano proprio circostanti a questa stella di David. Quindi in questo caso interpretata da lui come un simbolo occulto. Insomma l’Aforista, nel suo passato, ha ucciso quattro persone e ora che è ritornato a farlo, si fermerà solo fino a quando ne avrà uccise altre quattro. Quasi sicuramente queste persone gli ricordano le sue prime vittime di un tempo. Dobbiamo assolutamente fermarlo e scoprirlo nel più breve tempo possibile, perché evidentemente vuole uccidere velocemente per poi darsi alla macchia per sempre.>>

Mentre Longobucco espose questa sua teoria sul serial killer, il vice capo RIS guardò anch’egli il simbolo ebraico e rimase altamente colpito dalla grande preparazione culturale del suo superiore; mentre la detective Leoni fece una smorfia di spregio, perché non aveva ancora completamente digerito il fatto che il maggiore avesse messo in dubbio il suo operato, nel caso dell’Aforista da lei affrontato nel passato.


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