> CAPITOLO 20 < I LIKE TO KILL

I like to kill – Chapter 20

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<<Barbara era la mia migliore amica, l’amica del cuore da una vita. Ci conoscevamo da quando andavamo all’asilo. Non ci posso credere che l’hanno ammazzata, ammazzata così brutalmente. >>

Antonella Bartolini disse queste parole gemendo, mentre era ascoltata dal tenente Gornati e la detective Leoni. Erano tutti e tre seduti al tavolino all’aperto del bar Caffè Roma in via del Popolo in Vigevano.

<<Avevate passato la serata dell’omicidio proprio in questo bar, non le viene in mente di essere stata osservata da qualche persona, magari che conosce di vista?>> chiese il vice capo RIS accendendosi una sigaretta. La ragazza, singhiozzando, si asciugò il viso lentigginoso e arrossato con dei fazzoletti di carta, presi dalla sua borsetta e si soffiò il naso a patata; si sistemò i capelli corti sfrangiati, rosso rame, e rispose:

<<No, purtroppo no, c’era musica, il locale era pieno. Le uniche persone che conoscevamo quella sera erano i titolari del bar: marito e moglie e la loro figlia.>>

<<A proposito, il titolare del bar ha affermato di aver servito una persona, un uomo che non ha aveva mai visto nel suo locale. Purtroppo portava un cappello con grande visiera curva, che gli copriva gran parte del viso. Non ha saputo darmi nessun dettaglio della fisionomia del nuovo cliente. Sulla strada non avete incrociato nessun uomo con un cappello in testa come le ho descritto?>> chiese la Leoni spalancando i suoi occhi verde smeraldo. Bartolini non aveva più lacrime da versare e aveva gli occhi talmente rossi che non si riusciva a individuare il colore. Essa con uno sguardo triste incrociò gli occhi della Leoni e rispose:

<< No, no, purtroppo no! … >>

La detective scosse la testa e disse con tono sommesso al tenente:

<<Sicuramente l’assassino avrà percorso tutta via del popolo e anche tutte le zone limitrofe stando attento a non essere inquadrato dalle telecamere di videosorveglianza esterne.>>

<<Le sembra di avere notato qualcosa di strano nei comportamenti della sua amica, oppure se frequentasse qualcuno al di fuori del suo compagno convivente? Anche una confidenza qualsiasi che per lei potrebbe essere insignificante, ma per noi sarebbe di vitale importanza per le indagini>> incalzò il tenente Gornati.

<<No, non mi pare… però un attimino… scusatemi, lo stato di commozione mi ha mandato nel pallone. Mi ricordo che, recentemente, mi aveva confidato che c’era un professore della scuola di sua figlia, che le faceva un filo assillante ai colloqui, nonostante lei fosse impegnata. Comunque Barbara anche se fosse stata single non avrebbe mai ceduto alle sue avances perché mi diceva che era un uomo viscido, con i capelli stirati e tinti di nero corvino.>>

La detective Leoni volse lo sguardo verso il collega e gli disse sottovoce:

<<È sicuramente il professore Massimo Lovetti>> e osservò la Bartolini alla quale tornarono le lacrime e si mise di nuovo a piangere a dirotto; abbassò, sconfortata, la testa lentamente fino ad appoggiarla sulle sue braccia incrociate sul tavolino. La detective guardò ancora Gornati e crollò il capo mestamente, poi appoggiò dolcemente la mano destra sulla testa della ragazza e avvicinò la sua bocca all’orecchio di lei dicendole a bassa voce:

<<Abbiamo terminato dolcezza, ora te la senti di andare a casa da sola o è meglio che ti accompagniamo? >>

<<No, no tranquilli, non c’è problema.>>

La ragazza alzò il capo e fece un lieve sorriso alla Leoni. Si soffiò di nuovo il naso con il fazzoletto di carta, usato prima, che aveva tenuto in mano; si alzò e se ne andò salutando i due, ringraziandoli per il caffè offerto. Il tenente e la detective la salutarono con un lieve sorriso e la ringraziarono anche loro per avergli dedicato del suo tempo per l’incontro informale, utile alle indagini. Gornati spense la sigaretta nel posacenere e si alzò chiedendo alla collega se le andava di fare quattro passi in centro con lui.

<<Certo caro, seguimi che facciamo un giro all’interno del castello, è molto bello.>>

L’ingresso del castello era a pochi metri dal bar Roma. I due colleghi passarono su una stradina corta, con pavimentazione fatta di lastre in pietra posate in diagonale. La stradina, fra due edifici d’epoca, portava direttamente alla porta ad arco larga quanto una piccola torre, che la ospitava, fatta di mattoni rossi. Sopra la porta c’era anche una finestra ad arco e, sopra quest’ultima, la torre terminava con una decorazione di tanti piccoli archi in muratura. Gornati e Leoni furono all’interno del castello all’aperto e a quel punto si presentò dinanzi a loro un vastissimo cortile prevalentemente ricoperto da un grande prato verde, circondato da una strada pedonale costituita da scarso ghiaietto e sabbia battuta. C’erano sparsi nel prato alcuni ragazzi che stavano seduti e sdraiati e altri che camminavano sia sullo stesso che sulla strada pedonale.
Si vedevano anche pochi alberi sparsi in maniera apparentemente illogica, ai lati del grande prato e in prossimità delle mura interne del castello, e qualche coppietta di giovani e anziani seduti sulle panchine all’ombra, mentre quelle esposte al sole erano libere. Il lato opposto del cortile era dominato dalla torre del Bramante che segnava le ore 16 e 37. I due colleghi, senza dialogare, attraversarono tutto il cortile dirigendosi verso il lato est dell’uscita che portava alla strada coperta del castello. Attraversarono un’altra porta ad arco camminando sulla pavimentazione in ciottoli di porfido.

<<Menomale che oggi porti delle scarpette comode.>>

<<E sì, è vero Stefano, camminare su questi ciottoli con il tacco sarebbe stata dura. >>

La detective indossava un tailleur grigio chiaro con pantaloni e teneva in mano una pochette Lady Dior in pelle di vitello di colore rosa, mentre il vice capo RIS dei jeans slim fit e una polo blu scuro. La strada che percorrevano era lunga e in discesa ed era tutta coperta da un tetto sostenuto da molte capriate in legno. Tutta la pavimentazione era sempre in ciottoli di porfido.
In quel momento c’era pochissima gente che attraversava la strada. Alice Leoni fece finta di inciampare e si appoggiò a Gornati prendendolo a braccetto. Gli disse:

<<Che c’è Stefano? Non mi parli, cosa c’è che non va?>>

Il vice capo RIS tenendo lo sguardo basso rispose:

<<Niente, non c’è niente che non va, Alice.>>

<< Non ti credo Stefano>> insisté la detective ponendo la mano sul mento di lui e sollevandogli delicatamente il viso costringendolo a guardarla. Egli osservò i suoi occhioni verdi e disse:

<<Ti stai prendendo gioco di me e Longobucco?>>

La donna in un attimo diede l’impressione di essere sorpresa, ma fu proprio un attimo perché rispose prontamente:

<<No, assolutamente no! Sono una donna libera e sono stata semplicemente insieme a te e l’altro giorno anche con il tuo collega. Non ci trovo niente di strano, non credo che tu, solo per una notte di sesso, ti sia innamorato di me. Ma cosa hai fatto, ci hai pedinato?>>

L’uomo fece un’espressione fra l’imbarazzato e lo stizzoso senza proferire parola e chinò nuovamente il viso guardando i ciottoli di porfido. Nel frattempo passarono una donna anziana col cagnolino e due giovani amiche che non diedero l’impressione di adocchiarli.
La detective gli alzò nuovamente il viso con delicatezza e lo baciò con grande trasporto. Rimasero fermi in mezzo alla strada per parecchi secondi, bocca su bocca, labbra su labbra e lingua su lingua. Finché le loro bocche si staccarono e lei disse:

<<Con te Stefano è stato meraviglioso mentre con Longobucco una vera delusione; è stato comunque nella mia suite tutta la notte e se ne è andato il mattino presto senza salutarmi e in caserma per gli interrogatori, lui mi ha sempre ignorata, nel senso che si è comportato come se non fosse successo niente.>>

Gornati le sorrise e la baciò anche lui con grande passione. I due si incamminarono quindi verso l’uscita del castello senza parlare, mano nella mano come due fidanzatini, ogni tanto guardandosi affettuosamente. Si trovarono all’aperto ma ancora nel castello. Gornati vide sulla destra un edificio intonacato di giallo crema chiaro, alto circa tre metri ed esteso sul lato di circa 60 metri, con diversi portoni e finestre di colore verde oliva scuro; mentre sulla sinistra c’era un altro prato verde grande circa la metà di quello visto precedentemente.

<<Quell’edificio giallo era un maneggio di cavalli, si chiama precisamente Cavallerizza. Ci fanno periodicamente delle sagre e altre belle cose da paesani. Seguimi ancora che voglio farti vedere la sotterranea del castello>> disse la donna.

Il tenente seguì la detective che scese sulla sinistra su un ponticello in metallo che li condusse attraverso un corridoio stretto con i muri in mattoni rossi. Si trovarono nella sotterranea che era un lungo e largo corridoio con i muri sempre in mattoni rossi e il soffitto intonacato di colore bianco latte. Il corridoio era intervallato da tanti archi e nello spazio tra un arco e l’altro c’era una rientranza illuminata con una lampada incassata nel suolo. Le luci delle lampade erano sufficientemente potenti a illuminare ampi spazi circostanti. Sui muri erano presenti dei ganci metallici arrugginiti che servivano per legare le corde con le briglia dei cavalli. In altre rientranze c’era anche, oltre ai ganci, un tronco d’albero piallato e incastonato orizzontalmente fra i piedritti di sostegno degli archi. I due colleghi appoggiarono entrambi il fondo schiena sul tronco. In quel momento non passava nessuno, erano loro due soli. Il vice capo RIS si accese una sigaretta.

<<Che fai Stefano? >>

<<Perché? Non ho visto divieto di fumo e poi io sono un uomo di legge. Ho voglia di fumare cara, porta pazienza.>>

La detective crollò il capo e rimase a fissare il muro di fronte a lei.

<<Ti ringrazio di cuore Alice per avermi contattato rendendomi partecipe all’interrogatorio informale della Bartolini. >>

<<Oh bene! Era quello che volevo sentirti dire Stefano, come vedi sono stata di parola. Si è presentata l’occasione ed è emersa questa novità del professore Lovetti.>>

Gornati fece due tiri di sigaretta e disse:

<<Finalmente qualche nuovo indizio utile all’indagine perché finora stavamo annaspando decisamente nel buio. >>

<<Eh già finalmente, ora metterò mio figlio Alberto alle calcagna del professore e vediamo che chissà mai salti fuori qualcosa di molto interessante. >>

<<Vuoi molto bene a tuo figlio. Vedo che quando nomini il suo nome ti si illumina lo sguardo.>>

<<Sì Stefano e sono molto fiera di lui, è ancora più bravo di me come investigatore. Dopo essersi laureato a pieni voti in giurisprudenza in pochi anni, ha conseguito un master in criminologia facendo nel frattempo anche praticantato in un’agenzia investigativa di Milano. Una persona potrebbe pensare che io l’abbia aiutato ad aprire l’agenzia e dato dei consigli, e invece, non ci crederai, ma lui ha fatto tutto da solo. Ha anche però attraversato un periodo di crisi prima di aprire l’agenzia. Crisi che lo ha portato ad andare in Afghanistan come volontario in una missione umanitaria di sei mesi. Ma buon per lui che in quel luogo ha conosciuto due giovani americani militari, molto validi. Sono diventati suoi amici per la pelle, tanto che si sono recentemente ritirati dal Corpo dei Marines per lavorare alle dipendenze della sua agenzia.>>

<<Raccontami anche un po’ della sua vita privata, ora è sposato? Me lo farai conoscere prima o poi? Sono molto curioso.>>

La detective, all’ulteriore domanda del collega, riguardo suo figlio, decise di cambiare abilmente discorso, ma accese di nuovo in lui le smanie di amante dominatore:

<<Sì certo, ma mi prometti che non farai più scene di gelosia con me? Non mi piacciono gli uomini troppo possessivi.>>

Gornati fece gli ultimi tiri di sigaretta, la spense sul tronco e si fece dare un fazzoletto di carta dalla collega. Avvolse il mozzicone nel fazzoletto e se lo mise in tasca. Guardò a sinistra e a destra della sotterranea e non vide arrivare nessuno. Afferrò con una mano il collo della Leoni che spalancò sbigottita i suoi occhioni verdi. L’uomo avvicinò la sua bocca all’orecchio della donna e le disse:

<<Anche se Longobucco è stato una delusione a letto, guai a te se ci provi ancora con qualcun altro. Tu, finché questo cazzo del caso Aforista non sarà concluso, sei solo e unicamente mia! Intesi?>>

Gornati lasciò la presa sul collo, mentre la detective lo guardava sempre più intimorita. Infine lui pose delicatamente entrambe le mani sul viso di lei e la baciò intensamente.


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