I like to kill – Chapter 21
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La sera stava giungendo e un venticello leggero spirava su piazza Ducale fino ad arrivare sul viso della giovane Caterina Donati. La ragazza era indecisa se entrare oppure no nella cattedrale di Sant’Ambrogio a confessarsi. Stava in piedi, appoggiata con la schiena sull’ultima colonna del portico verso la grande chiesa. Teneva gli occhi chiusi e si lasciava accarezzare dall’arietta fresca di primavera. Il venticello era frizzante e gaudente sul suo mento a punta e sulle sue labbra a forma di cuore e faceva fluttuare i suoi capelli a caschetto blu, come se fossero delle piccole onde marine. Essa aprì gli occhi azzurri che sembravano due piccoli smeraldi su un naso a punta larga e pensò:
“Ma sì dai che vado, devo confessarmi, avevo fatto una promessa sul letto di morte del mio povero papà, che sarei stata ligia alla religione cattolica come lo era lui.”
Il padre della ragazza morì giovane quando lei aveva appena otto anni. Morì a causa di una leucemia fulminante.
” Si dice che le promesse fatte in punto di morte non valgono ma io l’ho fatta a mio padre, al mio padre sfortunato, non posso non mantenerla”, disse a sé stessa. Cosicché decise di entrare in chiesa per confessarsi. Nel luogo di culto non c’era nessuno ad eccezione di tre vecchiette che pregavano sedute di fronte all’altare maggiore di Alessandro San Quirico. L’organo a canne, collocato nel presbiterio, suonava in automatico una musichetta religiosa che Caterina non riconobbe ma apprezzò piacevolmente, lasciandosi coinvolgere in un’atmosfera rarefatta, spirituale. In sottofondo si riusciva a sentire comunque il leggero bisbigliare delle pie donne che pregavano e la ragazza notò che esse erano illuminate da un raggio di sole che passava attraverso una finestra della cupola a tamburo. Andò direttamente verso il confessionale libero con la luce verde, collocato sulla sua sinistra, nei pressi del terzo altare con il polittico a tempera. Il confessionale era privo della separazione fra il sacerdote e il peccatore. Dentro c’era Don Claudio Casnaghi che sostituiva Don Giuseppe ancora ammalato e la ragazza non se l’aspettava:
<<Ah ma c’è lei?>>
<<Ciao Caterina, sto sostituendo Don Giuseppe che ha preso una forte influenza. Perché non ti va di essere confessata da me?>>
Il sacerdote era stupito a sua volta per il fatto che si presentasse una studentessa della scuola. Vedeva sempre con piacere la presenza costante di Caterina nell’ora di religione, fra i pochi studenti che vi partecipavano, ma che si presentasse per la confessione, no, proprio no.
<<No Don, non c’è assolutamente nessun problema, mi ha colta solo di sorpresa perché so che svolge l’attività pastorale a Gambolò e non me l’aspettavo di trovarla qui.>>
<<Nel nome del Padre, del figlio e dello spirito Santo, Amen. Sia Lodato Gesù Cristo. >>
La penitente abbassò lo sguardo, si fece il segno della croce e disse:
<<Amen, sempre sia lodato.>>
<<Dimmi pure quali peccati ti affliggono Caterina.>>
La ragazza confessò i soliti peccati leggeri, in pochi secondi, per passare, come ultimo, a quello più spiacevole per la dottrina cristiana:
<<Ho deciso che stasera perderò la mia verginità.>>
Casnaghi spalancò gli occhi per lo stupore come un bambino che aveva visto l’arcobaleno per la prima volta e pensò:
Questa poi, ora vengono a confessarsi ancora prima di peccare, chissà chi sarà costui?
La ragazza sembrò leggere la domanda nella mente del prete e disse:
<<Ho deciso di perdere la mia verginità con un mio compagno di scuola, penso che sia proprio la persona giusta. Ero indecisa fra lui e un altro che però è più grande di parecchi anni rispetto a me, anche se…>>
E la penitente smise per alcuni secondi di parlare volgendo lo sguardo verso il crocefisso appeso sulla parete interna del confessionale. Don Claudio, molto colpito per la naturale sfrontatezza della ragazza, spalancò ancora di più gli occhi raggiungendo la massima apertura e mostrò bulbi oculari sporgenti come se fosse affetto da ipertiroidismo e, cercando di individuare chi fossero le persone cui alludeva la giovane, Caterina ingenuamente si lasciò scappare un dettaglio molto particolare e importante:
<<… anche se, però, sono rimasta molto attratta dalla persona adulta che mi fa il filo, perché, oltre a essere un bel tipo, ha la particolarità di avere un occhio azzurro e l’altro verde.>>
Quel porcello di De Santis! pensò il prete e fece alla penitente la doverosa paternale:
<<Sei ancora molto giovane Caterina, io non sono qui per vietarti quello che puoi fare. Capisco che hai perso il padre che eri piccina e ora vorresti la mia benedizione, il mio consenso, perché con tua madre non riesci a relazionarti. La persona a cui vorresti donare la tua purezza dovrebbe essere un grande amore, dovresti instaurare con lui un’unione, finalizzata, dopo almeno qualche anno di fidanzamento, al matrimonio e alla famiglia. A quanto ho capito siete insieme da pochissimo e comunque non vi frequentavate nemmeno come amici, vero?>>
La ragazza annuì candidamente abbassando lo sguardo.
<<Quindi carissima posso assolverti dai tuoi peccati, compresa l’intenzione di perdere la tua verginità purché tu ci ripensi bene e cambi assolutamente idea, okay?>>
Caterina annuì, questa volta con poca convinzione, alzando il suo sguardo, giovane e bello, illuminato dalla luce artificiale del confessionale.
<<Ripeti insieme a me: O Gesù, d’amore acceso, non t’avessi mai offeso! O mio caro e buon Gesù, con la Tua Santa Grazia non ti voglio offendere più, né mai più disgustarti, perché ti amo sopra ogni cosa. Gesù mio misericordia, perdonami! Per penitenza dovrai recitare tre Padre Nostro e tre Ave Maria. Nel nome del Padre, del figlio e dello spirito Santo, Amen. Sia Lodato Gesù Cristo. >>
<<Amen, sempre sia lodato>> rispose la ragazza e se ne andò.
Non appena varcò il portone della chiesa, si accorse che pioveva a dirotto. Rimase per alcuni secondi al riparo del portico di ingresso, osservando corrucciata la pioggia battente sul selciato di Piazza Ducale.
Ma pensa te, sono entrata in chiesa ed era bello e ora guarda che acqua, disse a sé stessa la ragazza. Le gocciolone del temporale sembravano aumentare sempre di più e così Caterina sfilò dalla tasca anteriore dei suoi jeans lo smartphone e fece un messaggio WhatsApp al suo bello:
– Dove sei Gabriele?
– Sono a casa, perché? Hai bisogno?
– Sì, piove a dirotto e non ho l’ombrello. Mi trovo sotto il portico d’ingresso della cattedrale in Piazza Ducale, mi verresti a prendere con l’auto? Ti aspetto davanti alla vetrina del negozio di scarpe in Piazza Sant’Ambrogio
– Certamente, fra cinque minuti sono lì da te, ciao amore
– Grazie, ciao, baci.
La ragazza sbuffò osservando la pioggia che scendeva incessante e odorò, socchiudendo gli occhi, il tipico profumo dell’acqua piovana che precipitava sul selciato.
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