I like to kill – The return of the Aphorist
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La pioggia terminò e non si vide il tramonto del sole, ma le nuvole nere che, abbandonando il cielo sopra Vigevano, lasciarono spazio a un bellissimo blu scuro costellato da innumerevoli astri luminosi. L’uomo, nell’oscurità, spalancò la finestra, assaporò a pieni polmoni tutta l’aria fresca e, guardando distrattamente le stelle nel cielo, disse con la voce da bambino:
<<Perché non vieni anche tu alla finestra Geppo? Sapessi com’è bello il cielo e come è frizzante e leggera l’aria che ti entra nei bronchi. >>
L’uomo lasciò la finestra aperta e andò a sedersi sul divano. Stando nel buio della camera, ripeté a bassa voce l’aforisma che aveva preparato per la terza vittima di quella notte:
“Amo la pioggia, lava via le memorie dai marciapiedi della vita. (Woody Allen)”.
Era soddisfatto e pronto alla nuova opera omicida.
La sera volgeva verso la notte e nel Bowling Young Club di Vigevano c’erano Caterina Donati e Gabriele Brusa che avevano appena terminato di giocare. Nel grande locale, i due ragazzi passarono quasi tutta la serata a sbaciucchiarsi, stando parecchio tempo seduti e appiccicati stretti fra loro, davanti alla pista da gioco. Ogni tanto concedevano un break alla loro passione lanciando la grossa boccia sulla pista, senza affannarsi di fare cadere tanti birilli. Ma se i birilli caduti furono pochi, numerosissimi si contarono i baci che loro si scambiarono. Era comunque un piacere, per Gabriele, fare giocare di più Caterina, con la scusa che per lei era la prima volta e doveva imparare. Così egli se ne stava seduto ad apprezzare le sue dolci movenze posteriori. Ogni tanto le capitava di fare qualche lancio fortunoso, alzava le braccia in segno di vittoria, saltellava e andava fra le braccia tatuate di Gabriele. Egli l’accoglieva stando seduto e, incurante della gente, posava le mani sulle sue morbide natiche. E lei, stando in piedi, abbassava la testa per baciargli le labbra.
I due ragazzi innamorati uscirono dal pubblico esercizio e salirono su un’utilitaria argento metallizzato che era parcheggiata a pochi metri dall’ingresso dell’edificio. L’auto era di proprietà del ragazzo che era alla guida. La ragazza, non appena prese posto, si rese conto che, in meno di un’ora, non sarebbe stata più vergine. Aveva deciso e promesso al suo ragazzo che, quella sera, avrebbe fatto il grande passo.
Finché s’era trovata nel bowling non ci aveva pensato ma, quando si sedette nell’automobile, il cruccio si presentò impetuoso nella sua mente e la sospinse in un incontrollabile stato di agitazione che non passò inosservato al ragazzo, il quale cercò di tranquillizzarla, abbracciandola energicamente a sé, per qualche secondo, prima di partire con l’auto. Caterina, rilassata, ma non completamente, appoggiò la testa sulla spalla di Gabriele che guidava. In pochi minuti giunsero in un posto appartato, nella boscaglia della vicina Sforzesca (piccola frazione di Vigevano). Era il luogo dove solitamente Gabriele si imboscava con la prostituta albanese Eva. Passando davanti al punto dove la squillo solitamente batteva, egli non vide lo sgabello e pertanto fu sicuro che il luogo fosse libero. Tirò il freno a mano dell’auto e tenne il motore acceso e il climatizzatore automatico sui 22 gradi.
<<Va bene questa temperatura Cate? >>
E la ragazza annuì con la testa. Il ragazzo infilò la chiavetta USB e partì una canzone di Fedez, il suo idolo. Gabriele era talmente fan del cantante rap da aver adottato un look molto somigliante: parecchi tatuaggi sul corpo tranne che sul collo; capelli corti e castani con ciuffetto sopra la fronte; occhi marroni come lui, un piercing sopra l’osso nasale e un altro all’estremità del sopracciglio sinistro. Le labbra del ragazzo erano però più sottili di Fedez, molto più sottili. Egli aveva quasi pensato di farsele ritoccare ma poi desistette, in quanto, anziché ottenere il risultato di labbra carnose, a forma di cuore, avrebbe rischiato di ottenerle a modello checca da strada.
🎼🎵E gli anni passano e non ci cambiano davvero trovi che sia diverso? Guardami in faccia i miei occhi parlano e tu dovresti ascoltarli un po’ più spesso. Sorridi quando piove, sei triste quando c’è il sole…🎵🎼
Sulle note della canzone, Gabriele cominciò a baciare delicatamente il collo di Caterina che fu pervasa da un fremito diffuso e poi le parlò all’orecchio sottovoce:
<<Abbassa il sedile amore.>>
La ragazza, a causa dell’agitazione, non riusciva ad azionare la leva finché, al quarto tentativo, quando stava per provarci il ragazzo, si abbassò il sedile. Caterina, sdraiata, col dito indice in bocca osservò Gabriele negli occhi, attendendo il suo primo passo. Lei con i suoi occhi azzurri e chiari come il mare e lui con i suoi occhi marroni e scuri come la notte profonda senza stelle. La ragazza si tolse il dito dalla bocca, sorrise a Gabriele e pensò alle parole del prete:
“La persona a cui vorresti donare la tua purezza dovrebbe essere un grande amore…”
Il ragazzo si tolse le scarpe e i jeans e li pose sul sedile posteriore. Egli, rimanendo con la t-shirt e gli slip addosso, si chinò e baciò con grande trasporto la bocca della ragazza. E mentre le umide bocche erano incollate, essa pensò ancora:
” La persona a cui vorresti donare la tua purezza dovrebbe essere un grande amore…”
Si staccarono le bocche e Gabriele pose le mani sui jeans della ragazza cercando di sfilarglieli.
<<Un attimo Gabri, faccio io, prima fammi togliere le scarpe! >>
Caterina si tolse le mocassini, i jeans strappati alla moda e li pose anche lei sul sedile posteriore. Rimase con i collant a retina nera e il ragazzo notò che non portava le mutandine. Lei vide che lui era infoiato a mille e disse:
<<Questi collant non toccarli perché sono delicati>> e gli sorrise.
Si tolse collant, maglietta, reggiseno e disse al suo ragazzo:
<<Beh? Perché non ti togli t-shirt e mutandine, così posso vedere i tuoi tatuaggi?>>
Anche lui fu nudo e lei, con la torcia attivata dello smartphone, osservò incuriosita tutti i tatuaggi sparsi sulla quasi totalità del corpo. Gabriele si fece ispezionare divertito ma, a un certo punto, il sorriso sulle sue labbra cambiò drasticamente e gli angoli della bocca gli si abbassarono. La ragazza aveva visto una svastica sull’inguine sinistro, si rimise i jeans senza indossare i collant e dichiarò:
<<Non mi va più…>>
<<Perché?! >>
<<Non mi va più perché non mi va più, okay? Riportarmi a casa!!>>
E intanto non riusciva a sollevare il sedile. Gabriele spense l’autoradio e rimase nudo con le braccia conserte guardando l’oscurità oltre il parabrezza.
<<Ma questo cavolo di sedile perché non si alza? Allora? Mi puoi aiutare ad alzarlo? E ti vuoi vestire per favore e riportarmi a casa?>>
Il ragazzo si voltò verso di lei e pose la mano sinistra sui suoi capelli blu come per accarezzarli, invece glieli tirò con vigoria e violenza costringendola ad abbassare la testa sulle sue parti intime provocando strilli a squarciagola da parte di Caterina. Fuori al buio, a qualche metro di distanza dall’auto, c’era una figura oscura che li stava osservando. Era l’Aforista che indossava un giubbino col cappuccio che gli nascondeva il viso. Caterina urlava sempre di più in balia delle violenze di Gabriele. Il ragazzo riuscì a strappare con facilità i jeans indossati dalla ragazza e si scaraventò sopra di lei per violentarla. L’Aforista sentì le urla della ragazza e vide l’auto che dondolava vistosamente sotto il chiarore della luna e così vi si avvicinò. Gabriele cercò di penetrarla senza preservativo ma lei opponeva una buona resistenza e quando ormai, allo stremo delle forze, credette di dover perdere la verginità in una maniera ignobile, entrò una luce artificiale attraverso il lunotto posteriore dell’utilitaria.
<<Ma chi cazzo è?!>>
Il ragazzo si spaventò, si spostò sul sedile di guida, si mise i jeans senza indossare le mutande e le scarpe e ripartì sgommando. Gabriele arrivò fino all’inizio della via della residenza di Caterina. La ragazza aveva fatto tutto il viaggio seminuda, stando sdraiata sul sedile ribaltato.
<<Scendi! >>
Ma mi lasci qua così? Portami almeno davanti casa mia, sono seminuda!>>
Gabriele scese dall’auto e andò ad aprire la portiera dalla parte della ragazza.
<<Ti ho detto di scendere, capito?>>
Prese per i capelli la ragazza e la costrinse ad abbandonare l’auto lasciandola sulla strada come uno straccio sporco. Poi risalì sull’utilitaria e ripartì sgommando. La ragazza, imprecando e augurandogli tutto il male del mondo si diresse verso casa coprendosi alla meno peggio le parti nude del corpo.
Gabriele arrivò al box di casa sua e parcheggiò l’auto. Non appena chiuse la porta basculante, sentì come un leggero fischio provenire alle sue spalle e anche un sibilo, non appena si voltò.
Ricevette un forte colpo di martello sulla fronte e in parte sul piercing sopra il naso.
Il sangue zampillò copioso da tutte le parti e il ragazzo, non ancora completamente tramortito, prima di cadere a terra vide con stupore il volto dell’assassino.
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Avanti cosi` Carlo !
I tuoi racconti mi prendono sempre di più
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Grazie di cuore Antonella
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