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I like to kill – The showdown

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<<Allora vado Geppo, non ti devi preoccupare, sarà una cerimonia in mio onore e tu purtroppo non puoi venire. Aspettami comunque qui, che torno.>>

L’uomo, con una voce da bambino emozionato, lasciò la sua dimora oscura per recarsi presso un casolare abbandonato, sito nella periferia di Vigevano. Nella penombra della notte, entrò nell’edificio indicato da Lucifero e si trovò in una stanza scarsamente illuminata da una vecchia lumiera appesa al soffitto. Sotto la luce tenue si intravedeva quello che sembrava un tavolo di marmo, a cui gli ordinò di avvicinarsi una voce roca, proveniente da un angolo buio della stanza. Egli vide che non era propriamente un tavolo ma un banco in marmo da macellaio e notò che sopra di esso c’era incisa una Stella di David capovolta, all’interno di un cerchio. Poi sentì delle voci provenire sempre dallo stesso angolo buio della stanza, che pronunciarono all’unisono delle frasi:

😈Mano contro mano, noi ti salutiamo come fratello.
Piede contro piede, noi ti sosterremo in tutte le tue nuove imprese lodevoli.
Ginocchio contro ginocchio, la preghiera delle nostre orazioni giornaliere ci ricorderà dei tuoi bisogni.
Petto contro petto, i tuoi segreti legittimi, se affidati a noi come tali, li terremo come nostri propri.
Mano sul dorso, noi difenderemo la tua reputazione in tua assenza come in tua presenza, su un tavolo in pietra.😈

Dall’angolo buio della stanza si materializzarono le voci: provenivano da tre persone, ciascuna delle quali accese una grossa candela. Erano tutte vestite con tunica completamente nera e con cappuccio che nascondeva il loro volto, lasciando visibile solo la bocca. Essi si avvicinarono a pochi metri dal nuovo adepto e dissero sempre all’unisono:

<< Haec in tua dignitate, frater.>>

L’Aforista, al di là del banco in marmo, in piedi nell’oscurità, tenendo il capo chino, ascoltando le parole in latino rimase meravigliato di conoscerne il significato:

“Queste parole sono in tuo onore, caro fratello”.

Alle spalle dei tre, ne arrivò dal buio un altro, vestito sempre con la tunica nera, ma col volto coperto da una maschera di capro scuro. Era il Sacerdote di Satana che stringeva, con la mano sinistra, il collo di una gallina esagitata e con la destra una mannaia. Pose con decisione l’animale sul banco e con un solo colpo le tranciò la testa con un fendente. Il sangue si estese copioso su tutto il Pentacolo. Il ministro di Satana, con una voce camuffata da un distorsore sonoro disse:

<<Sanguis in honore fraternitas consecratio impleatur arbitrio eius qui occiderit hominem Satanae.> >

E l’Aforista comprese le parole con grande soddisfazione:

“Questo sangue è in tuo onore, caro fratello, a suggello della tua consacrazione di uomo che uccide per il suo piacere e per quello di Satana”.

Arrivò il mattino e nell’Istituto Tecnico Statale “Francesco Selmi” in Vigevano erano in corso gli esami orali di maturità. Per non turbare gli animi di studenti e docenti, venne concordato fra le forze dell’ordine e il commissario esterno professor Giacomo Galeazzi, di diffondere la falsa notizia che il preside Martini non si era potuto presentare per un improvviso malore.

Il bidello Mario Casari si sentiva triste, come a ogni fine d’anno scolastico, nel periodo in cui volgevano al termine gli esami orali. Triste perché, con la chiusura della scuola per le vacanze estive, se ne andava anche un pezzetto della sua restante ed effimera gioventù. Egli era seduto sulla sua solita postazione, con i gomiti sopra la scrivania, le mani sotto il mento e osservava mestamente nel vuoto, finché non squillò il suo telefono fisso:

<<Pronto Casari. >>

E dall’altra parte della linea telefonica rispose una voce con tonalità bassa, ma chiara e decisa:

👁️<<Sono io, devi subito scappare da lì, stanno venendo a prenderti! >>👁️

Il bidello pose la cornetta al suo posto, si alzò lentamente, si guardò intorno e, non vedendo nessuno, si incamminò a passo veloce all’uscita dell’Istituto. Non appena si trovò nello spiazzo esterno stava arrivando uno studente con una Smart. Era un ragazzo ripetente che doveva presentarsi per gli esami orali. Non appena scese dall’auto, vide con stupore che si stava avvicinando verso di lui il bidello Mario, che camminava normalmente e non fece neanche in tempo a dire:

<<Ma che caz… ti è suc… Ma… >> che ricevette un sonoro cazzotto sul viso e cadde a terra.

Casari raccolse dal suolo le chiavi dell’auto, che nel frattempo volarono dalla mano del ragazzo in terra. Ma non appena il bidello si impadronì della Smart e si avviò a uscire dalla recinzione della scuola, arrivarono le pattuglie dei carabinieri che capirono subito che si trattava di Casari. Egli sgusciò contromano dalla via e venne riconosciuto da Longobucco che si trovava su un’auto di fianco al guidatore. Ci fu un inseguimento frenetico, l’auto del fuggitivo passò i semafori col rosso e gli incroci senza dare la precedenza e altrettanto fecero gli inseguitori. Si rovesciarono alcune auto e altre andarono anche a sbattere contro muri e cancelli. L’auto di Casari impattò anche contro un malcapitato automobilista che si trovò lungo la sua fuga, ma riuscì a proseguire verso la periferia di Vigevano direzione Gambolò -strada provinciale 183.
Un’auto dei carabinieri uscì fuori strada a una rotatoria. Nell’inseguimento rimase in pista solo l’auto su cui c’era il capo RIS. Quando sembrò ormai che il fuggitivo fosse riuscito a seminare i carabinieri, un porcospino attraversò d’improvviso la strada e il bidello, per non travolgerlo, perse il controllo dell’auto e andò a schiantarsi contro un albero.


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