> CAPITOLO 13 < IL MARE FRA DI NOI

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“… Sorge la luna alla montagna
e dalla spiaggia la vedrai.
Brillano fuochi sulla sabbia intorno a noi
come un vulcano ballerai… “
(dalla canzone ‘Raggio di luna’, pubblicata per la prima volta nell’album ‘Benvenuti in paradiso’ del 1991 da Antonello Venditti)



Mariana toglie la benda che mi copre gli occhi e la vedo, di fronte a me, completamente nuda. Siamo su una spiaggia e c’è, tutto intorno a me, altra gente che non indossa il costume. La vedo come madre natura l’ha creata: giovani, anziani, maschi e femmine di tutti i tipi, ognuno con la sua morfologia alla luce del sole.
<<Estamos sulla spiaggia de Abricó. Una spiaggia de nudismo>>, mi dice lei sorridendo.

Durante il viaggio in taxi, preso appena usciti dal chiosco di Copacabana, mi ha bendato gli occhi per rendere ancora più emozionante la “surpresa”.

Mi spoglio anch’io, senza problemi, completamente nudo e poso i vestiti su uno scoglio asciutto, dove ci sono già anche i suoi. Se c’è una cosa di cui ignoro l’esistenza, è proprio il pudore di mostrarmi nudo di fronte ad altre persone. La mia amante si mette subito a correre verso il mare, senza neanche chiedermi se ho voglia di bagnarmi e io comunque la seguo volentieri nell’acqua salata. È freschissima e rigenerante. Faccio qualche bracciata e poi mi fermo per vedere dov’è lei, ma non la vedo. A un certo punto esce dall’acqua dietro di me e mi abbraccia accovacciandosi con le braccia e le gambe. Io le sostengo le cosce e ammiro, insieme a lei che ha il mento appoggiato sulla mia spalla, lo spettacolo del sole che, riflettendo i suoi raggi sul mare, crea un effetto prodigioso. Sembra che sulla superficie dell’acqua galleggiassero migliaia di rilucenti diamanti. Trascinato dall’atmosfera così idilliaca, invece di lasciarmi andare a una totale, seppur consapevole breve felicità, mi incupisco ancora pensando a Lucilla. E così medito che se non mi metterò a dialogare seriamente con Mariana, riguardo le sue intenzioni nei miei confronti, non ne uscirò più da questa situazione che, anziché migliorarmi l’umore, me lo destabilizza. È vero che già, nell’incontro di Milano, avevo messo le cose in chiaro con la mia amante, che i nostri incontri sarebbero stati solo delle avventure, senza coinvolgimenti emotivi. Ma ora che ho fatto questo passo, che sono qui da lei, nella sua terra, che ho mollato tutto per lei, ho paura di innamorarmi veramente e non vorrei che fosse infatuata di me solo superficialmente. Così, quando sarà stufa, mi lascerebbe senza problemi come uno straccio consunto. Ed è per questo motivo che con lei non mi lascio andare completamente e cerco di vivere questa storia come una lunga avventura. Lunga avventura però, ahimè, con i rimorsi e i pensieri rivolti a mia moglie. Devo assolutamente parlare al più presto con Mariana e pertanto le chiedo di uscire dall’acqua e di andare a mangiare sulla spiaggia, la frutta presa al chiosco. Ci sediamo su uno scoglio mettendo, sotto le nostre nude natiche, i miei jeans. Lei si china per raccogliere il sacchetto della frutta appoggiato sulla sabbia, di fianco allo scoglio. Mentre si abbassa a novanta gradi mi mostra i suoi glabri orifizi e io penso sorridendo: “Stronza!” Si rizza con il sacchetto in mano e intanto si rizza anche il mio pisello. Sono pertanto costretto a coprirmelo con la mia polo. Prende una banana dal sacchetto per lei e una per me. Me la pone in mano facendomi un sorriso malizioso con le sue labbra carnose. Così lei sbuccia la banana e, prima di addentarla, la succhia come se fosse un membro virile. Questa volta le dico:
<<Sei proprio una Stronza!>> a voce bassa e sempre sorridendo piacevolmente.
E lei continua a succhiare sogghignando leggermente per alcuni secondi. La polo rimane, sempre rigorosamente, sopra il mio pisello turgido all’inverosimile. Mentre iniziamo a mangiare finalmente la banana, squilla la suoneria del suo smartphone. Lei lo prende subito dalla tasca dei suoi jeans e si allontana da me di qualche metro, a distanza sufficiente affinché io non capisca le sue parole. In quel momento penso a quanto sono stato distratto e sconsiderato: ho lasciato il mio smartphone nell’appartamento a San Paolo. Va bene che non ho da contattare nessuno, a casa in Italia, però viaggiare da una città all’altra, in una nazione straniera, senza quell’oggetto, è veramente da incosciente. È ormai diventato, oggi giorno, un apparecchio elettronico molto utile, direi assolutamente necessario. Così crollo il capo e penso che quando ritorneremo a San Paolo chiederò a Mariana di procurarmi una SIM Card brasiliana. Riesco comunque a vedere chiaramente il viso della mia amante, seppur lontana di qualche metro e noto che è diventato corrucciato. Muove anche le braccia abbastanza animatamente. E io crollo di nuovo il capo e penso che devo assolutamente chiarire parecchie cose con lei. E prendo una decisione: se non sarò soddisfatto dopo la discussione che faremo, la lascerò e vedrò di ritornare in patria al più presto, perché tutto sommato già mi manca.

Sta giungendo la sera e siamo in un appartamento al decimo piano di un grattacielo. È lo stesso grande edificio sul quale Mariana è atterrata con l’elicottero in cima, sul tetto, questa mattina insieme a me. Siamo pertanto sempre nella città di Rio de Janeiro. La giornata è stata vissuta pienamente e con soddisfazione, ma non è ancora terminata, perché la mia amante ha in serbo un’altra “surpresa” per me. Ho perso il conto, mi pare che sono giunto alla quinta “surpresa”.

Alla praia do Abricó, non appena lei ha smesso di parlare al cellulare animatamente, è tornata da me e si è seduta di nuovo al mio fianco sullo scoglio, terminando di mangiare la banana. Abbiamo gustato anche qualche albicocca e un pompelmo a testa, osservando le onde del mare, senza parlare, senza sorrisi e senza malizie, stando seduti sempre sullo scoglio. Vedendola un po’ incupita mi sono alzato e accarezzandole con una mano il suo viso dolce, le ho chiesto con chi fosse prima al telefono, ma non ha voluto dirmelo. Quando però le ho chiesto se fosse papà Marcelo, ha annuito con la testa, si è alzata anche lei e si è appoggiata a me teneramente fra le mie braccia. Nudi, in piedi sulla spiaggia, il suo capo appoggiato sulla mia spalla e abbracciati stretti stretti. Con una mano le ho accarezzato anche il capo cercando di consolarla. In quel momento ho sentito i raggi caldi del sole sulla pelle della mia schiena e il calore del suo seno sul mio petto. Siamo stati così per parecchi minuti finché non mi ha chiesto di tornare in casa per prepararci alla serata. Così ci siamo rivestiti e abbiamo preso un taxi e siamo arrivati in questo appartamento.

Lei si sta facendo la doccia e questa volta non ha voluto fare l’amore insieme a me, sotto l’acqua calda, come a Milano, perché evidentemente il viaggio in elicottero l’ha proprio affaticata. Mentre mi sto asciugando per bene e osservo dalla finestra il calare del sole, dietro i grattacieli, sento lei che mi chiama alle spalle. Mi volto ed è sdraiata supina, completamente nuda sul letto. Noto che non si è asciugata completamente, gira il volto verso di me e con il dito indice mi chiede di raggiungerla. Sono contento che si sia ripresa fisicamente e così getto l’asciugamano in terra e vado con decisione sul letto a baciarla. Le nostre bocche rimangono attaccate a lungo mentre le accarezzo delicatamente i capezzoli e i seni. Poi le accarezzo dolcemente la sua passera finché non emette un gemito di godimento. Tengo sempre la mia mano sul suo sesso e le dò una serie di bacini sulla sua morbida bocca. A un certo punto si alza e va in bagno per poi tornare da me con in mano un barattolino di gel lubrificante. Si mette a pecora e capisco in modo eloquente quello che lei desidera. Così prendo una bustina di preservativo, che avevo già preparato sul comodino di fianco al letto e lo indosso sul pene. Dopodiché prendo la boccetta dalla mano di Mariana, verso un po’ di gel sulle mie dita. Lo stendo delicatamente sul suo caldo orifizio anale e anche sulla mia punta del pene. La penetrazione è ben scivolosa e fluente. Penso a qualche ora prima, al campo nudista e lei che si è chinata maliziosamente a novanta gradi mostrandomi le sue grazie. La mia eccitazione viaggia velocemente e sento che sto già per venire. Così decido di penetrarla anche nella vagina e l’occasione mi è utile per allentare il fermento incontrollabile, che mi pervade, tutto intorno al basso ventre. Tolgo il preservativo e ne metto un altro, preso sempre dal comodino, sul pisello. Lei è rimasta sempre nella posizione della pecorina e fluttua lievemente il suo sedere generoso a destra e a sinistra facendomi venir voglia di schiaffeggiarglielo. E così faccio, su entrambe le sue chiappe, insistendo più volte vedendo che la cosa le fa molto piacere. La pelle bianca e candida del suo posteriore diventa rossiccia e così termino con le sberle per poi passare alla penetrazione nella sua passera. Non cambiamo più posizione finché lei non è esausta e abbassa i fianchi fino a sdraiarsi a pancia in giù sul materasso. E io insisto, sempre da dietro, a colpi poderosi finché non arriviamo alla gioia finale insieme. Siamo sdraiati entrambi a pancia in giù ed esausti. Lei mi dice che questa non è la “surpresa” che mi attendeva, ma che ci sarà, a cena, in un locale del centro, più tardi.
E io penso che anche questa volta non sono riuscito a parlarle come si deve.

E così, prima di appisolarmi con la mia mano sinistra sulle sue belle chiappotte, penso:
“Chi se ne frega, tanto non credo proprio di innamorarmi di lei”.

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