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Una giovane donna sentì la solita canzone degli anni settanta provenire dall’abitazione del vicino di casa…
“Know it sounds funny but I just can’t stand the pain
Girl, I’m leaving you tomorrow
Seems to me girl you know I’ve done all I can
You see I begged, stole and I borrowed, yeah…”
Un testo soave cantato e musicato semplicemente da un pianoforte e ritmo leggero di una batteria…
“… Ooh, that’s why I’m easy
I’m easy like Sunday morning
That’s why I’m easy
I’m easy like Sunday morning
Why in the world would anybody put chains on me? Yeah…”
La donna sapeva che quando l’uomo metteva “Easy di Commodores” poteva uscire in giardino per fare quattro chiacchiere con lui e fare una passeggiata in compagnia. Era il segnale, ormai consolidato da mesi fra di loro, per ritrovarsi all’aria aperta e trascorrere serenamente qualche minuto di fresco mattutino.
Si alzò dal divano e raccolse degli occhiali scuri sul comodino accanto, sul quale era collocata una specchiera. Ma essa non si guardò allo specchio perché era cieca. Non era comunque necessario, per lei, guardare la sua immagine riflessa per sistemarsi i capelli mori, perché li aveva opportunamente molto corti, a spazzola. Si muoveva nell’appartamento abbastanza disinvolta perché conosceva ogni centimetro dello stesso, vivendoci da parecchi anni. I problemi sorgevano nel momento in cui doveva uscire e doveva pertanto aiutarsi col bastone bianco. Ma quando al mattino era all’aperto col gentile vicino, non c’era bisogno dello strumento per muoversi autonomamente. La musica di “Easy” terminò e quando la donna varcò l’uscio e fu all’esterno, sentì dall’olfatto del suo naso, prima il buon profumo del vicino e poi pronunciare le sue parole con tono basso: <<Buongiorno Antonia, ha dormito bene?>>
Le labbra sottili della giovane donna sorrisero insieme alle sue gote arricchite da delle piccole simpatiche fossette.
<<Grazie Sergio, sì, ho dormito bene, anche lei?>>
<<Certamente>>, rispose l’uomo e si avvicinò alla vicina di casa per prenderla a braccetto. E, camminando lentamente, si allontanarono dai loro appartamenti in villa che davano sullo stesso giardino. La loro residenza si trovava in un incantevole paesino agricolo tra Abbiategrasso e Besate nella provincia di Milano.
Negli ultimi incontri, Antonia era tentata di approfondire le conoscenze su Sergio, ma poi l’uomo sembrava che avesse quasi il potere di distoglierla dal suo intento, incantandola con deliziose parole che descrivevano per lei, poeticamente, la natura circostante :
<<Sulla nostra destra vedo un tavolo ancora da sparecchiare, dove evidentemente ieri sera c’è stata baldoria, fino a tardi e i padroni di casa non hanno evidentemente provveduto perché stanchi.>>
<<Ah sì? Disse divertita la donna. >>
<<E sì, nessuno si preoccupa dei fiori che avvizziscono nei calici, sui tavoli abbandonati dopo la festa. Scomparse le voci e i canti dei commensali, un dolce silenzio investe tutto intorno, ancora saturo di odori e aromi. Vedo ora però un delicato fiore ancora vivo e colorato in mezzo ad altri fiori malcelati e un lieve venticello li smuove leggermente. Aspetti un attimo qui Antonia.>>
La donna attese e dopo pochi istanti sentì:
<<Prego cara, questo fiore è per lei, senta come profuma.>>
Antonia lo prese in mano, lo annusò e tastò lievemente i petali delicati e chiese quale tipo di fiore fosse.
<<È una grossa margherita.>>
Essa lo annusò ancora per alcuni secondi e sorrise verso l’uomo immaginandosi che anche lui facesse altrettanto.
<<Un delicato fiore, un sorriso malcelato e un’aria musicale
dolcissima strappano emozioni che tolgono respiro.
Non c’è alba senza voce, silenzio senza musica e pensiero senza immagine ove non ci sia lei Antonia.>>
La donna arrossì senza sapere visivamente cosa potesse significare.
Continuarono a camminare sulla strada sempre a braccetto.
<<Sulla nostra destra sono tutte appassite le camelie della siepe a recinzione della grande villa. Si vede che l’acquazzone dell’altra notte ha accellerato la maturazione, oltre ad averle pesantemente rovinate.>>
Un gattone nero passò davanti a loro e Sergio lo prese in braccio. Antonia lo riconobbe dal miagolio e lo prese in braccio volentieri dall’uomo per accarezzarlo ma poi cominciò a starnutire a raffica ridendo di gusto.
<<Che scemo! Mi scusi! Mi sono dimenticato che lei è allergica al pelo di gatto.>>
<<Non fa nulla, non si preoccupi, è colpa mia, non ho saputo resistere di accarezzarlo. Ora però dobbiamo rientrare perché dovrò spruzzarmi nel naso dell’antistaminico.>>
La donna rientrò in casa accompagnata dal vicino gentile che, come solito, non coglieva il suo invito a bere un caffè, non appena fosse arrivata l’assistente Virginia con la spesa. Come ogni volta che tornava dalla passeggiata, cercava di immaginarsi cosa potesse fare il gentile ma impenetrabile Sergio.
L’uomo entrò nel suo appartamento e accese il camino ma non per scaldarsi o per cucinare:
per ardere la maschera verde di “Shrek”.
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