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Salvatore Longobucco ritornò alle vecchie abitudini, prima che rassegnasse le dimissioni da Capo RIS di Parma: mettersi a pensare, a occhi aperti, alla giornata lavorativa passata, prima di cadere fra le braccia di Morfeo. Era sdraiato a letto, a pancia in su, con entrambi i palmi delle mani sotto la nuca. Aveva trovato alloggio in un Hotel sulla circonvallazione esterna di Magenta. Rielaborò nella mente il filmato del suo vissuto da quando entrò nella Caserma dei Carabinieri.
Il comandante Trezzi lo accolse nel suo ufficio stringendogli la mano e facendolo accomodare davanti alla scrivania, dove c’era già seduto il nuovo Capo RIS Vignati.
Prima di assidersi, strinse la mano al collega di Parma notando che era sempre imperterrito nel suo abito blu scuro, camicia azzurra e cravatta nera. Capelli neri esageratamente impomatati di gel, occhiali da vista da professorino e finto sorriso da simpatico.
Longobucco diede una veloce occhiata alla stanza, in attesa che iniziasse a parlare il comandante, notando che c’era l’immancabile fotografia del Presidente della Repubblica appesa al muro e due bandiere su asta: naturalmente quella italiana e naturalmente anche quella europea a sfondo blu con un cerchio di dodici stelle dorate.
<<Siamo appena tornati dal pranzo proprio pochi minuti prima che arrivasse lei, Maggiore. Mi dispiace che abbia molto faticato per il viaggio di stamattina, a causa del grosso incidente avvenuto sull’autostrada.>>
<<Grazie Capitano, sono contrattempi che succedono. L’importante è non essere mai coinvolti nelle disgrazie dei sinistri stradali.>>
Mentre Longobucco colloquiò con Trezzi, lo osservò notando che dal vivo, rispetto alla foto vista su internet, dimostrava meno dell’età che aveva. Inoltre la faccia era più quadrata e aveva la pelle molto butterata, cosa che non palesava nelle immagini, facendolo sospettare che potesse aver fatto il ritocco fotografico prima di pubblicarle. Pensando a quest’ultima ipotesi, si trattenne a stento nel ridergli in faccia e propose subito di andare nel locale adibito per la visione dei filmati sull’assassino, visto che i convenevoli in quelle situazioni, avevano lo stesso valore di un dialogo tra una prostituta e il suo cliente prima di scopare.
Erano tutti e tre in piedi, dietro all’addetto militare seduto davanti a un grande monitor, che maneggiava con disinvoltura il mouse e la tastiera del PC deliziando la visione di immagini criptiche per un profano.
Si vedeva nel video l’assassino che camminava con disinvoltura sapendo benissimo che era ripreso dalle telecamere esterne. Portava sul viso la maschera verde di Shrek ed era vestito con una particolare tuta nera con degli evidenti rigonfiamenti alle gambe e alle braccia. Teneva in mano l’accetta grondante sangue, come se trasportasse un feticcio destinato a un sacrificio divino.
Vignati fece una domanda rivolta a Longobucco:
<<Le sembra di riconoscere, di ricordare qualcuno dei suoi casi del passato?>>
L’ex Capo RIS ci impiegò tre secondi per pensare che fosse una domanda stupida per essere formulata da un Capo RIS e la risposta ovvia non poteva essere che no. L’omicida aveva preso ovviamente tutte le precauzioni per non essere riconosciuto. Infatti:
<<Grandissimo bastardo!>> sibillò fra i denti Longobucco. I presenti si girarono istintivamente tutti a guardarlo – compreso l’addetto militare al computer. L’ex Capo RIS fece un cenno, come a chiedere scusa di aver disturbato la visione e diede una spiegazione del suo amaro turpiloquio:
<<Mi sembra di ricordare l’Aforista, ma non può essere lui! Anche questo assassino ha indossato volutamente una tuta con i rigonfiamenti ai gomiti e alle ginocchia. Sa benissimo che un parametro di identificazione è rappresentato dalle misure antropometriche che possono essere effettuate attraverso l’analisi di una ripresa video. Ci sono dei valori che sono tipici dell’individuo. La grandezza delle orecchie, la distanza dai polsi ai gomiti, la distanza dalle caviglie alle ginocchia. Perciò si è messo questa specie di protesi alle gambe e alle braccia. Così non abbiamo la possibilità di rilevare nulla. Niente viso ovviamente ma neanche niente corpo! Solo la statura, ma quello è un elemento che può appartenere a migliaia e migliaia di persone. Abbiamo a che fare quindi con un assassino lucido e astuto, oltre che pazzo, evidentemente.>>
Tutti tornarono a concentrarsi sulle immagini e Longobucco, guardando lo sguardo meravigliato di Vignati, pensò che la strada che doveva percorrere per arrivare ai suoi livelli fosse ancora molto lunga.
Con gli occhi sbarrati dal raccapriccio videro la figura in nero, con la maschera verde, colpire con l’accetta la nuca del giovane Alberto.
La vittima cadde a terra in un lago di sangue e la figura in nero si immobilizzò e parve che dicesse probabilmente qualcosa, all’uomo divenuto cadavere.
Nella stanza, il silenzio aveva per ognuno di loro una voce differente.
“Chi sei, chi sei? Maledetto assassino?”
Si domandò a se stesso Salvatore Longobucco.
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