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La dottoressa Marta Vanelli sfilò due sigarette contemporaneamente dal pacchetto e stava per offrirne una al suo paziente Sergio, pensando che ne fosse sprovvisto in quell’appuntamento, ma l’uomo scosse la testa e disse di no nella semioscurità.
<<Come mai Sergio? Cos’è questa novità? Stai cercando di smettere? Proprio stasera che avevo voglia di fumare in compagnia…>>
<<No, non sto cercando di smettere. Stasera non fumo solo per un motivo personale di cui non mi va di raccontartene e basta! Comunque tu fuma pure tranquillamente, non badare a me!>>
La psicologa preferì rimettere le bionde da dove erano provenute e chiese se potevano continuare nella terapia bloccata bruscamente nell’incontro precedente.
Sergio proseguì nel racconto del sogno:
“Dopo le urla della donna ritorna tutto tranquillo. Mi trovo in un cortile di una casa, divisa a metà dalla cappa di un camino in pietra che spunta oltre la linea del tetto come un dito alzato a indicare la luna. La casa è avvolta in un silenzio che suona come un invito. Tutt’a un tratto l’immagine della casa si dissolve e io sono all’interno e salgo una scala. Alzo la testa verso una luminosità fioca che piove dall’alto. Dal pianerottolo in cima arriva una luce a spargere penombra nel vano delle scale. C’è una figura umana stagliata nel controluce. Sento che la paura torna come un nodo di cravatta troppo stretto ad accorciare il respiro. Nonostante tutto continuo la mia lenta avanzata verso l’alto. Mentre salgo e non vorrei salire, mi chiedo chi può essere la persona che troverò alla sommità, e nello stesso istante in cui me lo chiedo sento che ho il terrore di saperlo.
Un gradino.
Un altro.
Il cigolio del legno sotto i piedi nudi che si infila in una pausa del mio respiro che diventa di nuovo affannoso. E così mi torna di nuovo l’angoscia perché mi accorgo anche del respiro ansimante di un’altra persona, di una donna in pericolo che urla chiedendo aiuto e io sono inerme, non posso aiutarla…Nooo!… “
<<Calmati, calmati Sergio!>>, disse Marta Vanelli alzandosi e avvicinandosi all’uomo come per volerlo accarezzare per rassicurarlo. Ma l’uomo disse un no secco e brusco cambiando il tono e l’intensità della voce che sembrò provenire da un altro individuo, non presente in quella stanza. La dottoressa si sedette di nuovo al suo posto e udì dalla bocca del paziente una sorta di poema angosciante, pronunciato con voce ansimante:
<<Maledetta notte amica di Lucifero, con le tue smanie da puttana che tenti le anime più pure, incontaminate.
Maledetta notte che dovresti portare consiglio e invece porti nel baratro della tua luna tentatrice.
Maledetta notte che a volte porti a concepire persone sbagliate che danno amarezza all’umanità.
Maledetta notte che non basti al ristoro.
Maledetta notte che non finisci mai per le persone insonni.
Maledetta notte, ti odio e non so ancora se potrò amarti, perché tu hai fascino, ma sei molto bastarda!>>
Passarono dei secondi di assoluto silenzio che sembrarono interminabili per la psicologa, finché non vide Sergio alzarsi e andarsene via nella semioscurità, senza nemmeno salutarla.
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