> CAPITOLO 14 < MAGENTA ROSSO SANGUE

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Passarono alcuni dì dall’ultimo briefing in caserma e Salvatore Longobucco, la sera prima del giorno di ritorno nella sua Parma, fece quattro passi a piedi nel centro di Magenta.
Parcheggiò l’auto in Via Alcide de Gasperi e non appena scese dall’auto notò un’ampia vasca quadrangolare piena d’acqua. All’interno della stessa, alcuni sparsi getti di faville zampillanti, riflettevano gli ultimi raggi crepuscolari del sole al tramonto. L’uomo si avvicinò alla fontana per apprezzarla meglio e non si accorse di una coppia di giovani innamorati, seduti sul bordo vasca. Rimase per alcuni minuti a osservare la moderna costruzione, a qualche metro dai due, per rispettare la loro privacy, senza pensare a nulla.
Chiuse gli occhi.
Aveva bisogno di liberare un po’ la mente dalla sporcizia maligna.
Sperava di non essere più contaminato dopo aver dato le dimissioni da capo RIS, ma il passato l’aveva risucchiato come un tappo di sughero gettato in un mulinello d’acqua.
Attimi di autopurificazione coatta finché un ultimo raggio di sole fluì, come se fosse acqua, sopra la superficie liquida della vasca sposandosi in un tutt’uno, per poi disgiungersi e dissolversi dolcemente sui visi dei due innamorati che si osservavano negli occhi limpidi.
L’uomo aprì gli occhi e gli parve di vedere due angeli abbracciati dove c’era la coppia di giovani.
“Non è possibile, sto impazzendo?”, si domandò a se stesso.
Si sfregò gli occhi con le mani e guardò di nuovo nello stesso punto e gli innamorati non c’erano più.
“Sì, mi sa che sto dando i numeri!”, disse a bassa voce e si mise a ridere di gusto coprendosi il viso con le mani.
Riguardò sempre nello stesso punto e continuò a ridere a pieni polmoni.
Nel frattempo passò una donna anziana col cane al guinzaglio, che si fermò e, osservando Longobucco, esclamò in dialetto milanese:
<<Sciur al sa’ senta ben?>>
L’ex Capo RIS anche se proveniente da Parma capì il significato della frase e le rispose:
<<Si, si gentile signora, sto bene, sto bene… >> e si allontanò dalla fontana dirigendosi verso il centro.
La donna anziana lo osservò andarsene scuotendo la testa e sorridendo.

Mentre l’uomo camminava pensò inevitabilmente al nefasto, al killer mascherato e disse fra sé e sé:
“Chissà perché mai questo pazzo ha voluto coinvolgermi in un’orribile vicenda, quando ero semplicemente uno stagista.”

Longobucco mise piede sulla lastricata pedonale che cominciava con due grossi pini, rispettivamente ai lati. Continuò a camminare incrociando varie persone indaffarate a tornare a casa dal lavoro o dall’amante facendo probabilmente credere, ai loro congiunti, che avevano tanto da fare in ufficio; altre coppiette tranquille a braccetto e qualcuno col cane al guinzaglio. Sulla sua sinistra, due extracomunitari neri, seduti sulla panchina parlavano una lingua indecifrabile ed egli si chiese di chissà cosa stessero discutendo, visto che il tono della loro voce era particolarmente alto, da far sospettare che stessero litigando. Ma questo loro tipo di dialogo, apparentemente rissoso, lo aveva notato in altri gruppi venuti dall’Africa, nella sua Parma e in altre città e disse convinto a sé stesso:
“Sarà un dilemma irrisolto per molti anni ancora e per la maggior parte di noi occidentali che non ci sogneremo mai di imparare la loro lingua gutturale.”

Subito dopo la panchina, dei tavoli all’aperto di un Bar stavano per essere sparecchiati, perché si faceva prossima la chiusura e un ultimo cliente ubriaco salutò l’inserviente, chinata a raccogliere qualcosa, toccandole il sedere. La donna non ci fece neanche caso.
Sulla sinistra altre panchine vuote intervallate da fioriere arricchite da piante verdi e fiori e da piccoli alberi. Sulla destra, invece, una piccola chiesa romanica disposta col lato più lungo verso la strada e subito dopo un edificio d’epoca con i portici. Sotto quest’ultimi, locali di ristoro e negozi. E più avanti, sempre sulla destra la casa antica passava il testimone a un adiacente stabile di costruzione moderna, con una galleria sottostante che conduceva dall’altra parte del centro.

L’ex capo RIS arrivò a una grande piazza
che accoglieva i visitatori con una grande fioriera circolare su cui ci si poteva sedere ai bordi. C’erano assisi sempre alcuni extracomunitari che parlavano nella loro lingua incomprensibile. Però, leggermente meno animatamente di quelli precedenti.

“Forse perché si trovano proprio in pieno centro”, pensò l’uomo.

Longobucco ammirò l’ampia piazza lastricata, notando vari bar, ristoranti, gelaterie e diversa gente che camminava apparentemente senza una meta precisa.
Non aveva appetito e decise solamente di bersi un caffè, a un locale a pochi metri dalla fioriera e poi di ritornare all’auto e rincasare per l’ultima notte in hotel.

Sarebbe partito presto, il mattino del giorno seguente, per abbracciare di nuovo la sua famiglia, con la convinzione che, purtroppo per lui, doveva ancora ritornare in questa Magenta macchiata di sangue dal killer mascherato.

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