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<<Ti sembra normale che dopo tutti questi anni che stiamo insieme, sono venuta a sapere della brutta storia di tuo padre dalla TV?>>, disse Esmeralda a Giacomo, non appena si coricarono a letto. La donna aveva la schiena appoggiata alla testiera del letto tenendo nelle mani un libro, mentre l’uomo era sdraiato sul fianco sinistro e stava cercando di addormentarsi. Il coniuge si girò stando supino e prima di rispondere alla moglie osservò, nella fioca luce dell’abat-jour, il soffitto.
“Il segreto investigativo è una vera e propria barzelletta.
Le informazioni personali delicate vengono date in pasto all’opinione pubblica, con una facilità e velocità che non immaginavo veramente! Non ci volevo credere quando lo vedevo accadere agli altri in TV e ora lo sto appurando sulla mia pelle”, meditò mestamente Giacomo Tagliabue.
<<Allora? Non hai niente da dirmi?>>
<<Non te l’ho mai detto perché io e i miei fratelli abbiamo fatto una sorta di patto di sangue, per non infangare la memoria di nostro padre Vittorio. Anche le loro mogli non sono al corrente, credimi.
Esmeralda appoggiò sulle sue gambe il libro che comunque non stava leggendo e scosse la testa mostrandosi poco convinta sull’ultima asserzione del marito.
<<Non hai pensato che le famiglie dei tuoi fratelli e anche la nostra Alessia potrebbero essere in pericolo? Anche tu e io?>>
<<Certamente cara. Infatti domani che è sabato, nel pomeriggio, incontrerò tutti i miei fratelli a casa di Stefano. Racconterò a loro dei dettagli del nostro interrogatorio delle forze dell’ordine e ci accorderemo per trovare un’agenzia che svolga mansioni di sicurezza personale ma anche investigative. Queste ultime ci saranno utili per cercare di capire, di ricordare chi sarà mai questo pazzo assassino,
con il quale abbiamo sicuramente avuto a che fare nel passato.
Come ben sai, non possiamo affidarci pienamente ai carabinieri, certamente no.>>
<<Va bene caro, poi però mi farai sapere tutto dell’incontro, mi raccomando. Non tenere altri segreti con me, vista la pericolosa situazione in cui riversiamo.>>
<<Certo cara>>, disse Giacomo, voltandosi verso la moglie, sorridendo.
Fece poi un grande sbadiglio verso il soffitto, senza coprirsi la bocca e si girò di nuovo sul fianco sinistro per addormentarsi.
Esmeralda scosse la testa, si tolse gli occhiali da vista e pose sul comodino il libro. Si adagiò sul fianco destro dando la schiena al marito e spense la luce con la speranza di addormentarsi.
In un’altra camera da letto, a centinaia di chilometri di distanza, Longobucco e Martina avevano appena fatto l’amore. L’ex capo RIS aveva proprio bisogno di affetto passionale. Dolci carezze sulla sua pelle come mille note musicali di un’opera composta da Wolfgang Amadeus Mozart, gli fecero completamente dimenticare le amarezze vissute a Magenta. Tanti baci e sesso appagante si dissolsero come un meraviglioso arcobaleno dopo la tempesta, con il desiderio di rivederlo, ma con la consapevolezza che non sarebbe avvenuto subito, ma ci sarebbe voluto ancora del tempo e solo la natura e il destino sarebbero stati padroni e fautori del ripetersi della meravigliosa cupidigia.
E la penombra implacabile e nefasta tornò a impadronirsi di Longobucco…
<<Ho paura Martina. Ho una paura tremenda per te ma soprattutto per nostro figlio Luca. Paura che non ho mai provato nella mia vita, nonostante ne abbia provate tante di brutte esperienze e viste di tutti i colori nella mia professione di capo RIS.>>
Martina rimase incredula perché era la prima volta, da quando stava insieme a Salvatore, che sentiva pronunciare da lui la parola paura. Era convintissima che fosse categoricamente esclusa dal vocabolario intimo del suo compagno.
<<Continua… >>, disse la donna, accarezzando il petto villoso e i capezzoli dell’uomo.
<<Questo pazzo assassino che mi ha costretto a tornare sostanzialmente in attività, in prima linea, sul suo terreno fra l’altro, pieno di insidiose mine mefistofeliche mi terrorizza, mi terrorizza molto. Pensa che in queste ultime notti ho spesso sognato il killer con la maschera di Shrek che inseguiva Luca che scappava e io che correvo in suo soccorso rimanendo sul posto. E più correvo e più loro si allontanavano finché scomparivano dalla mia visuale.>>
Martina, dopo aver udito quelle parole mai pronunciate da Salvatore: paura e terrore, ma soprattutto la breve descrizione del sogno angosciante con protagonista il loro piccolo Luca, le venne letteralmente la pelle d’oca e stette quasi per scoppiare a piangere. Ma si fece coraggio e riuscendo a mantenere la calma, continuò ad accarezzare i capezzoli dell’uomo, per poi passare a succhiarli e scese giù, sulla pelle maschile, tracciando un percorso di smanioso erotismo con la sua lingua umida e poi ancora giù fino al membro virile e impadronirsene avidamente tutto con la sua bocca calda. Si ripeté ancora, eccezionalmente, il fenomeno naturale dell’arcobaleno della meravigliosa cupidigia. E passò la notte che acquietò finalmente passioni e paure.
Ma un altro giorno ostinato sarebbe prima o poi arrivato, presentando a Longobucco il conto colmo di una rivalsa oscura proveniente dal passato.
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