> CAPITOLO 20 < MAGENTA ROSSO SANGUE

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“Questa sera dicembrina non è molto

fredda ed è calma e quieta, le ombre pure.

Intorno c’è un’atmosfera tranquilla.

La serata ideale per uccidere.

Non odo suoni e movimenti e

mi piacerebbe addormentarmi in un prato

blu di stelle.

Ma non posso, devo stare desto e devo

uccidere.

I fantasmi e i fuochi fatui dell’inferno

ballerano con me in questa serata,

che sarà macchiata di fresco sangue.

Anche tu cara vittima ballerai.

Ballerai in un letto di sangue e strazio.

Goditi, mia cara vittima, ancora un po’ di

passione terrena perché sto venendo a

ucciderti.”

Il riscaldamento nell’auto era impostato su una temperatura ideale per fare del buon sesso. La luce sopra lo specchietto retrovisore emetteva luce soffusa. Alessandra si era affidata completamente alle dolci e decise mani della sua amata fidanzata. Si era anche fidata del luogo dove fare l’amore: in una strada senza uscita nella zona industriale in periferia di Magenta. Simona, che era alla guida della sua Fiat 500 rossa, aveva parcheggiato con la parte posteriore dell’automezzo, a un metro da un muro che delimitava la fine della via buia. Era il posto perfetto: alle loro spalle non poteva arrivare nessuno e avevano, di fronte a loro, la totale visuale di tutta la strada lunga un centinaio di metri, tenuamente illuminata dalle luci di posizione fisse dell’automezzo.
E non c’erano nemmeno gli occhi artificiali di telecamere esterne.
La proprietaria dell’auto era in quel momento anche padrona del corpo di Simona: azionò il ribaltamento dei sedili anteriori, si alzò la corta sottana, allargò le proprie gambe e pose quella sinistra sopra il volante, per poi strapparsi i suoi collant nella zona pelvica.
<<Leccamela!>>, disse, allungando la mano sul capo di Simona e accompagnandolo verso la sua vagina. Chiuse gli occhi gustandosi l’apoteosi dei sensi e mentre la sua donna cercava di prendersi un attimo di respiro, lei si assicurava che non smettesse, tenendo la mano sul suo capo e tirandole lievemente i capelli.

Un’ombra con la maschera di “Lord Farquaad” stava scendendo silenziosamente dal muretto defilandosi nella penombra.

Simona si ritenne soddisfatta e sollevò, dai capelli, la testa di Alessandra, avvicinandole il viso al proprio, per poi baciarla appassionatamente con tanto di lingua.

<<Ora sdraiati comoda sul tuo sedile!>>

La proprietaria della FIAT 500 prese il dildo e una boccetta di plastica dalla sua borsa e li appoggiò sul cruscotto.

<<Alzati la gonna e allarga le cosce!>>

E strappò anche i collant di Alessandra scoprendo la sua vagina. Si mise in bocca il dito indice e medio insieme. Abbondantemente bagnati di saliva li infilò, prima delicatamente e poi con più impeto nella figa di Simona. Dentro e fuori, facendo già godere la sua amante che emise flebili sussurri di piacere.

Nel frattempo il killer sfilò l’accetta dal dorso, su cui era posata in una fodera, e attese il momento opportuno per entrare in azione.

Simona aveva in mano il pene artificiale e spremette, dalla boccetta di plastica, abbondante gel lubrificante sulla punta.
Vedendo la sua donna un po’ tesa accese l’autoradio che stava trasmettendo una canzone di Samuele Bersani…

“… bolle di sapone intorno al mondo e quando dormo taglia bene l’aquilone
Togli la ragione e lasciami sognare, lasciami sognare in pace…”

… e vide già i lineamenti più distesi sul viso di Alessandra. Così le infilò delicatamente il dildo nella vulva mandida….

“…Liberi com’eravamo ieri, dei centimetri di libri sotto i piedi
Per tirare la maniglia della porta e andare fuori
Come Mastroianni anni fa
Come la voce guida la pubblicità
Ci sono stati dei momenti intensi ma li ho persi già…”

…e ancora delicatamente e i sussurri di godimento di Alessandra facevano da sottofondo alla canzone “Giudizi universali”…

“… Potrei ma non voglio fidarmi di te
Io non ti conosco e in fondo non c’è
In quello che dici qualcosa che pensi
Sei solo la copia di mille riassunti
Leggera, leggera si bagna la fiamma
Rimane la cera e non ci sei più, non ci sei più, non ci sei e non ci sei…

Improvvisamente, i sussurri di Alessandra diventarono urla insieme a quelle di Simona, a seguito della spaccatura fragorosa del finestrino dalla sua parte.

Una lama metallica d’accetta comparve all’interno dell’auto, a una spanna dai loro volti. Una figura oscura teneva fra le mani l’attrezzo e quando Simona vide che la stessa portava una strana maschera, raffigurante un personaggio dei cartoni animati, con l’espressione arrabbiata, uscì dall’auto e scappò via di corsa urlando.
Alessandra era però in trappola sotto le grinfie dell’aggressore che aprì la portiera dall’interno. Le urla della ragazza continuarono fino a quando, una mano col guanto in pelle nera le afferrò il collo, quasi a strozzarla. Immobile, in una posizione obbligata, ricevette un secco e deciso colpo d’accetta sul volto. La mano destra del corpo ormai morente di Alessandra, a contatto con il vetro posteriore dell’auto, scivolò giù insieme a tracce di sangue e condensa.

L’assassino, soddisfatto, pose sul corpo della povera vittima, un articolo di giornale in cui c’era menzionato il nome di Salvatore Longobucco.

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