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“E siamo arrivati a tre omicidi. È molto probabile che il killer si fermerà a quattro, per poi darsi alla macchia per sempre. Ormai c’è il forte rischio che anche in questo caso l’assassino la farà franca, come Atropo e l’Aforista. Come loro, quest’uomo sanguinario mascherato soddisferà la sua sete di vendetta, facendosi giustizia da solo a scapito, però, della pelle di persone innocenti.”
Salvatore Longobucco meditava, mentre stava attraversando il corridoio che conduceva all’ufficio del Comandante Trezzi. A testa bassa, non si accorse che una persona lo stava incrociando, finché non lo urtò leggermente con la sua spalla e gli fece cadere dei fogli.
<<Lasci, lasci, non si preoccupi li raccolgo io… >>, si sentì dire l’ex capo RIS che si stava chinando e, mentre si stava rizzando, vide di fronte a sé, a una spanna del suo viso, un uomo con una foltissima barba nera, coperta da una mascherina azzurra, che faceva fatica a contenerla.
Aveva capelli ricci, medi, sempre neri e occhiali scuri da sole.
<<Mi scusi, ero sovrappensiero e non mi sono accorto che stava arrivando perché dovevo proprio indossare questa, per entrare nell’ufficio del Comandante>>, disse Longobucco, sforzandosi di sorridere un pochino e mettendosi sul viso una mascherina nera.
<<Si figuri, già raccolti>>, disse il barbuto camuffato, mostrando i fogli con la mano sinistra e con la destra infilò un piccolo cartoncino, nella tasca della giacca color canapa dell’uomo brizzolato, senza che se ne accorgesse.
Longobucco entrò nell’ufficio di Trezzi e si accomodò sulla solita sedia e c’erano già assisi, ai soliti loro posti, oltre al comandante, anche il capo RIS Vignati. Il primo, sotto la mascherina bianca, mostrava un viso ancora più quadrato, ma perlomeno aveva coperta la pelle buterata; mentre il secondo sopra la mascherina azzurra aveva l’espressione, sempre di più, da professorino con i suoi occhiali da vista, ma perlomeno aveva coperto il viso da finto simpatico.
Nel frattempo l’uomo che incrociò Longobucco, non appena uscì dalla Caserma dei Carabinieri, attraversò la strada e dando le spalle all’edificio, buttò barba e parrucca finte in un cestino dei rifiuti e proseguì tranquillamente lungo la sua strada, allontanandosi.
Longobucco ascoltò il comandante Trezzi, che aveva una voce abbacchiata e resa ancora più cupa dalla mascherina:
<<Questa volta il killer si è superato e ci ha stupito con la sua imprevedibilità. Così, con nonchalance, ha ucciso, in un locale all’aperto, davanti a tutti il figlio di Giorgio Tagliabue: Davide. È stato ripreso da una telecamera esterna. Le immagini sono piuttosto sbiadite perché l’altra notte pioveva a dirotto. Comunque portava il solito abbigliamento con abito scuro sportivo e rigonfiamenti alle gambe e alle braccia.
Portava sul viso la maschera verde della principessa Fiona. Altro personaggio dei lungometraggi animati di Shrek. A questo punto, dobbiamo solo attenderci un altro omicidio, l’ultimo, sulla testa di Fabrizio, figlio di Luigi Tagliabue?… >>
Nel frattempo, gli altri due colleghi che ascoltavano, osservavano Trezzi con sguardo rassegnato.
<<… Ovviamente, questo ragazzo, ultimo obiettivo del killer, sarà sorvegliato giorno e notte dai nostri uomini e so che anche Luigi Tagliabue ha assunto personale di difesa e sicurezza privata. Ma certamente non potremo mica proteggere Fabrizio Tagliabue all’infinito? Dato che l’assassino colpisce a intervalli molto distanti tra un omicidio e l’altro. Inoltre, questo Covid19, ha agevolato, se così possiamo dire, la lunga attesa del killer. È incredibile! Dalle testimonianze dei ragazzi presenti alla raccapricciante scena del crimine, è emerso che l’uomo mascherato ha inscenato un balletto e cantato “I’m Singing in the Rain”.
Un po’, se possiamo dire, imitando l’orribile scena del cattivo Alex nel film “Arancia meccanica”. Assassino genio del male ed evidentemente anche appassionato di cinema.
Così, distraendo tutti i presenti, molti di loro fra l’altro brilli, ha ucciso tranquillamente Davide, squartandogli la testa, con la solita accetta, come se avesse tranciato un pezzo di tronco d’albero.>>
Longobucco, vedendo il comandante Trezzi piuttosto provato, espose il rapporto della missione effettuata, qualche giorno prima con l’Appuntato, presso Bobbio:
<<…e così, ho il forte sospetto che il killer potrebbe essere Umberto De Vincenzis, figlio unico di un ricco nobile di Bobbio di nome Ermenegildo, ormai deceduto. Quest’uomo risulta letteralmente disperso, dopo che è stato dimesso, dopo alcuni anni che si è risvegliato dal coma a seguito di un gravissimo incidente. Se fosse lui il nostro assassino, è molto probabile che abbia cambiato l’identità ma anche i connotati, visto che si tratta di un uomo che dispone di un ingente somma di denaro ereditata dal padre. La moglie di Ermenegildo morì giovane ed egli non si risposò più. A questo punto, signori, i fratelli Tagliabue, non ci hanno raccontato tutta la verità sulla brutta storia del loro padre Vittorio. Evidentemente, se il killer si sta così spietatamente vendicando sui loro affetti più cari, quali i figli, deve assolutamente venire a galla una storia ancor più brutta, collegata alla morte di Miriam Maresca. E, aimè, ho il brutto presentimento che la poverina non si sia impiccata ma sia stata uccisa e inscenato il suicidio e, molto probabilmente, i responsabili siano, in primis Vittorio Tagliabue e anche tutti quanti i figli. Per concludere, entra in scena il mio coinvolgimento, in quanto avevo partecipato, seppur come stagista, ai rilievi del luogo dove era stata trovata impiccata Miriam Maresca… >>
L’ ex capo RIS, pensò, ma non lo disse ai colleghi:
“Mi sa tanto che il mio capo Andrea Rinaldi non aveva perfettamente effettuato i rilievi”.
Poi picchiettò, involontariamente con la mano destra, la tasca della sua giacca e sentì un qualcosa all’interno. Estrasse un cartoncino, scritto a macchina da scrivere, come se fosse un invito matrimoniale. Lo lesse e stette per cadere dalla sedia per lo stupore:
“CARO LONGOBUCCO, FRA NON MOLTO CI VEDREMO ALL’INFERNO”
L’ex capo RIS si alzò di scatto e uscì dall’ufficio per entrare in quello delle denunce, sotto gli sguardi increduli dei due colleghi.
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