CAPITOLO 7 – BLOODY FACEBOOK…LE ORIGINI

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A notte fonda Federico uscì con un’auto scura dalla residenza nella periferia di Monza. La villa in cui un tempo viveva il padre Andrey Bykov. La casa in cui erano rimasti custoditi i segreti di Atropo. Ben nascosti e mai scovati nemmeno dalle forze dell’ordine, quando venne scoperta l’identità dell’uomo vendicatore che indossava la maschera del diavolo.
La stessa era sul sedile anteriore di fianco a quello su cui era seduto Bond vestito di rosso, alla guida di una Mercedes classe A.
Mentre oltrepassava il cancello, le statue di leone alato poste sopra le colonne d’ingresso, sembrava che salutassero l’uomo per una nuova missione.
Era l’ora tarda, quella dei fantasmi che come fuochi fatui aleggiavano in quella notte scura. Notte che non spaventava di certo Atropo perché pure lui si sentiva un fantasma evanescente sulla terra. Ma anche tutti gli esseri umani del mondo lo erano di notte, perché del domani non vi era certezza.

Federico guidava sulle strade illuminate dalle luci della sua auto, che si accompagnavano con quelle dei lampioni e di tanto in tanto, altri lumi di altre auto, lo incrociavano per allontanarsi verso un altro destino.
L’uomo alla guida pensava all’amico Gabriele, alle sue parole quando gli rivelò che voleva dare una continuità al mestiere oscuro di Atropo:

– “Sappi Federico che io sono tuo amico per la pelle e sono sempre stato al tuo fianco. Ti sono riconoscente perché, nonostante tu abbia ereditato un capitale ingente di denaro e di beni da tuo padre, hai voluto comunque proseguire l’attività imprenditoriale con me, ma penso che questa tua missione di Atropo supereroe sia molto rischiosa, soprattutto ora che hai la responsabilità di due bambini. E’ proprio indispensabile che tu debba ficcare il naso nella vita di Andrea? C’è il rischio che ti vada a invischiare, come tuo padre, in un giro di malavita fatta di mafiosi!”

“Lo so caro Gabriele, ne sono consapevole dei rischi che corro, ma è più forte di me, l’adrenalina che provo è incontenibile ed eccitante e poi Andrea ricorda la mia povera sorellastra Agata, morta assassinata perché si è opposta all’imposizione della prostituzione.” –

Bond arrivò nella via dove risiedeva Andrea. Aveva già studiato la zona nel giorno precedente, appurando che non c’erano telecamere di videosorveglianza che puntavano sull’area dove aveva intenzione di parcheggiare. Prima di sostare la Mercedes spense il lampione con un colpo di pistola dotata di silenziatore. Attese nel buio tenendo fra le mani un binocolo per visione notturna. I minuti passavano e Federico aveva intenzione di stare lì fino al sorgere del sole ma, finalmente, arrivò l’Audi dei 2 criminali. Scese dall’auto solo la prostituta che aveva tutti i collant neri strappati ed entrò subito nella sua dimora, barcollando e camminando a gambe larghe. Ma Atropo sapeva benissimo che quel modo di camminare della donna, non era dovuto ad atassia bensì perché aveva sicuramente subito sevizie fisiche. L’auto dei criminali ripartì e la Mercedes di Federico la seguì, tenendo una certa distanza senza destare sospetto.
Il pedinamento non durò molto per lo scarso traffico, vista l’ora tarda. L’Audi parcheggiò all’interno di un cascinale, nella periferia rurale di Muggiò. I due criminali scesero dall’auto ed entrarono nell’edificio.

La notte non era ancora terminata. L’uomo con la maschera da diavolo stava mettendo in atto la sua azione punitiva sui due malfattori, caduti fra le braccia di Morfeo.
Gas narcotizzante venne introdotto nell’abitazione e dopo qualche minuto…
“Ma che cazzo…”, pensarono sia l’uomo pelato con la barba che quello biondiccio con pizzetto. Non potevano parlare perché avevano entrambi la bocca tappata da un nastro isolante. Vennero svegliati di soprassalto da una secchiata d’acqua fredda e si resero conto di essere appesi a testa in giù, nudi come vermi. Le caviglie e i polsi legati a delle corde annodate a delle travi di legno al soffitto.
Davanti a loro una figura mostruosa vestita di rosso. Il sangue che scendeva, per la forza di gravità, dai piedi alla testa, annebbiava la vista ma sentivano perfettamente una voce bassa, leggermente rauca e decisa:

<<Sono Atropo, ora mi dovete dire chi è il vostro capo. Comincio da te che sei pelato, mi sei più simpatico.>>
<<Vaffanculo stronzo bastardo, mi hai fatto male!>>
Il nastro strappato con decisione estirpò parecchi peli neri che appartenevano a una folta barba.
<<Tranquillo pelatone. Ora se non mi dirai quello che voglio sapere, te ne farò veramente tanto di male, te lo garantisco.>>
Bond mascherato prese un manico di scopa di legno, senza setole, appoggiato al muro.
<<Penso che ora tu abbia capito dove ti infilo questo. Allora?>>
L’uomo appeso sputò sulle scarpe del suo aguzzino.
La punta di legno venne infilata lentamente nel deretano e urla strazianti fecero chiudere, di riflesso, gli occhi dell’altro uomo appeso che non poteva tapparsi le orecchie.
<<Allora? Me lo vuoi dire o no chi è il tuo capo?>>
Ma Bond non poteva avere una risposta perché il torturato svenne.
Così strappò il nastro dal viso dell’altro criminale, che non diede soddisfazione di fare smorfie di dolore, nonostante gli fossero stati sradicati dei peli dal suo pizzetto.
Anche per lui lo stesso trattamento di sodomizzazione innaturale. Ne seguirono urla strazianti ma niente da fare sull’identità del loro capo.
Non svenne e così Atropo:
<<Ora ti garantisco che parlerai…>>
Andò via per pochi secondi e tornò mostrando al malvivente un trinciapollo tenendolo con la mano destra.
<<Ora ti trancerò l’uccello, testicoli compresi!>>
Bond posò la lama fredda di metallo alla base del pene e ottenne finalmente la risposta desiderata:
<<Carmelo Benetti!>>

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