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Federico Bond era nella sala di attesa all’interno della Caserma dei Carabinieri di Monza. Come la prima volta che fu convocato per l’omicidio di Alina, qualche anno prima, dovette attendere parecchio tempo, prima di essere interrogato. Alla stessa stregua di allora il motivo era il medesimo: doveva rispondere a delle domande come persona informata sui fatti.
Ai tempi era all’oscuro di tutto, non sapeva che la prostituta nonché donna del malavitoso Cosentino, conosciuta in una discoteca, fu assassinata da suo padre Bykov, in veste di Atropo, come vendetta perché aveva tradito sua figlia Agata – sorellastra quindi di Federico.
Fu l’unica vittima femminile di una serie di delitti, a corollario di un regolamento di conti all’apparenza interminabile.
Ma in quella circostanza, Bond conosceva benissimo il motivo di quella convocazione. Era la terza volta che si presentò in quel luogo. Già al secondo incontro si era premunito di un alibi di ferro.
Aveva, già da tempo, preso lui il posto del padre russo, ma non più come vendicatore bensì come protettore degli oppressi.
Così, mentre attendeva e i minuti passavano, pensava alla sera del giorno precedente, a casa del suo amico Gabriele:
“La missione dell’altra notte al valico svizzero di Ponte Chiasso è l’ultima, caro Gabriele. E’ ormai diventato troppo rischioso vestire i panni di Atropo. Il tallonamento degli agenti delle forze dell’ordine su di me è diventato assillante. Mi sono stancato di uscire e rientrare in casa, la notte, come se fossi un ladro cercando di non essere visto. Non è giusto poi coinvolgerti così tanto. Hai fatto fin troppo per me, ti sei proprio superato come abilità di hacker riuscendo addirittura a bloccare via satellite, in remoto, il motore del camion col carico illecito di prostitute. Adesso è proprio giunta l’ora di smettere e direi che puoi prenderti due belle settimane di vacanza oltreoceano, con il tuo compagno Alfredo. E non si discute: assolutamente a spese mie! Al lavoro nella nostra impresa ci penso io. Ti chiedo un ultimo favore, come già fatto nel passato: sicuramente mi domanderanno dove mi trovavo quando Atropo ha commesso le sue azioni e tu mi procurerai i tuoi soliti alibi. Te ne sono eternamente riconoscente…
Gabriele fece il solito mugugno. ma sorrise apprezzando la decisione dell’amico e la vacanza in omaggio.”
<<Venga signor Bond, si accomodi pure.>>
Finalmente Federico venne chiamato da un carabiniere in divisa.
Entrò nell’ufficio e notò che c’era un nuovo comandante della Caserma che si presentò:
<<Buongiorno signor Bond sono il capitano Anselmo Rusmini comandante di questa caserma…>>
Federico si trattenne a stento per non ridergli in faccia. L’uomo che stava seduto dietro la scrivania, assomigliava moltissimo a Marty Fildman nel ruolo di Igor in Frankenstein Junior. Nonostante portasse gli occhiali, si notava uno strabismo molto marcato: un occhio puntava verso destra e l’altro leggermente verso sinistra. Era calvo, ma non completamente, poiché aveva due piccoli zerbini composti da sparuti capelli castani, intorno alle tempie. Gli stessi erano probabilmente un lieto ristoro per il suo parrucchiere di fiducia, affinché potesse serenamente fare quadrare i conti di fine mese e davano la sensazione che le parole pronunciate dal suo interlocutore, dovessero pulirsi bene i piedi prima di entrare, attraverso il condotto uditivo, nei grossi padiglioni auricolari a sventola. Questo perché, nonostante lo sguardo del capitano fosse comico, dava comunque la sensazione di grande intelletto. Lo si percepiva dallo scandire curato e chiaro delle parole pronunciate dalla sua bocca di labbra sottili. Un po’ come Giuseppe Marotta, anche a lui somigliante, bravo dirigente calcistico che ha fatto le fortune di Juventus e Inter.
<<Seduto di fronte a me c’è il Capo Ris Michele Vignati. Prego, si accomodi pure su quella sedia di fianco a lui. Lei si ricorderà sicuramente di Salvatore Longobucco. Ebbene, ora lo vedrà sul quel grande monitor in collegamento Skype.>>
Il comandante Rusmini fece cenno con la testa a un carabiniere, in divisa, in piedi di fianco alla scrivania che si attivò per avviare il programma di videochiamata sul PC. Nel frattempo Bond ebbe modo di osservare il nuovo Capo Investigazioni Scientifiche: barba di media lunghezza, ben curata di colore castano, come i capelli, corti, che sembravano una continuazione della folta peluria sul viso; portava un paio di occhiali classici da vista, di colore nero, che gli davano l’aria di un professore di università. Indossava un abito di colore marroncino scuro e camicia a righe, senza cravatta. Anche il comandante della caserma indossava un abito ma di colore grigio scuro, con cravatta bordeaux su camicia bianca e, non appena apparve sullo schermo una figura umana, disse:
<<Buongiorno signor Longobucco, la ringraziamo per aver dedicato del suo tempo per la partecipazione a questo nostro briefing. Ci auguriamo di non aver disturbato la sua attività di insegnamento al corso degli allievi dell’Arma Unità di Analisi Criminologiche.>>
“Nessun disturbo capitano. Siamo ormai quasi giunti al termine del corso. In questi giorni ho affidato i ragazzi a un esperto N.A.S. che li sta relazionando riguardo le nuove sostanze psicoattive.”
Vedendo di nuovo Longobucco, Federico ebbe la medesima impressione di quando lo vide per la prima volta in ospedale, quando si svegliò dal coma e se lo trovò di fronte al letto che doveva porgli delle domande riguardo suo padre. Ovverosia l’ex Capo RIS e Bykov si assomigliavano molto. Fra l’altro, col passare degli anni, il destino beffardo ha voluto presentarglieli attraverso dei freddi monitor di computer.
<<Abbiamo qui Federico Bond e il Capo RIS Vignati.>>
“Buongiorno signori”, disse Longobucco sorridendo e il figlio di Bykov notò che aveva un’espressione molto più rilassata di quando lo conobbe.
Il briefing non durò molto. L’attesa per la partecipazione dell’interrogato allo stesso, durò di più.
Venne sera e Federico Bond era seduto a tavola con la sua famiglia.
<<Allora amore, ti hanno fatto tante domande oggi alla Caserma dei Carabinieri?>>
<<Non molte Rebeca, le solite e grazie al nostro carissimo Gabriele ho fugato ogni dubbio. Poi, l’ex capo RIS Salvatore Longobucco è ancora convinto che io non possa essere Atropo. Menomale…>>
<<E sì Fede, menomale. E sono ben felice che hai deciso di chiudere questa tua avventura di difensore degli oppressi>>, disse Rebeca e baciò appassionatamente il suo uomo.
I due piccoli figli a tavola, sorrisero felici battendo le mani all’unisono.