CAPITOLO 24 – BLOODY FACEBOOK…LE ORIGINI

ALL LANGUAGES 👇

https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=pfbid025zyr9u1d1isDRX53kv71JGkE5Gtriz3NjRxfh9DdE9q7hYBQY95zTBU3wB599itVl&id=100063661542082

Federico Bond si svegliò di soprassalto.
“Caspita! Che incubo di merda che ho fatto!”, disse a se stesso ma si rese subito conto che non aveva fatto un brutto sogno, quello che accadde era tremendamente reale ed era nei guai. Stava sdraiato su una sorta di branda giallastra e puzzolente e aveva le mani legate, davanti allo stomaco, con un abbondante giro di nastro isolante scuro, intorno ai polsi.
“Dove caspita sono?”
Si chiese a bassa voce.
Gli sembrò di essere in uno scantinato senza finestre e c’era solo una porta grigia di metallo chiusa. C’erano i muri grezzi in cemento e l’ambiente era illuminato tenuemente dalla luce fredda di una lampadina, appesa al soffitto con un doppio filo elettrico.
Si alzò in piedi faticosamente perché gli girava la testa e comprese il motivo: aveva la fronte indolenzita e toccandosi, a malapena con le dita, sentì un bernoccolo leggermente sanguinante.
Indossava i jeans e la polo di quando era in ufficio. La ferita sulla fronte gli faceva sempre più dolore e il suo stato di stupore iniziale si stava tramutando, col passare dei minuti, in un’incontenibile agitazione, tanto che gli tremavano le gambe da non riuscire a stare in piedi. Così si sedette ai piedi della branda cercando di ricordare cosa accadde, prima di essere stato tramortito, presumibilmente con un corpo contundente. Ma non gli veniva in mente niente, aveva il buio assoluto nella testa.

Quando però si aprì la porta, si ricordò di quello che era successo, prima di trovarsi in quel luogo:
entrò nel locale un uomo con i capelli a spazzola ed evidente naso grosso a patata. Indossava una t-shirt nera con due strisce orizzontali sul petto di colore azzurro e giallo. Era un tipo alto e robusto che gli sferrò un colpo sulla fronte. La mente di Federico fece un veloce replay di quello che gli capitò: era nel suo ufficio con Andrea spogliata per cercare la cimice nei vestiti di lei. Piccolo apparecchio trovato e distrutto, ma poi entrarono i due cattivi minacciosi con la pistola che furono poi seguiti dall’uomo con la t-shirt nera con disegnata la bandiera ucraina. Uno dei due criminali, quello con i capelli ricci e brizzolati, voleva approfittare delle virtù corporee della prostituta dato che era quasi completamente nuda, ma Bond reagì allontanando con uno spintone l’aggressore allupato e poi venne però colpito con un pugno sulla fronte dal terzo uomo grosso con i capelli a spazzola.

Federico ritornò in sé e in pochi secondi l’uomo robusto era di fronte a lui. A una spanna di distanza e senza proferire parola, afferrò un braccio di Bond con la sua manona e lo portò, prepotentemente, fuori dallo scantinato in un altro luogo.

Attraversarono un lungo corridoio sempre senza finestre e sempre illuminato da lampadine appese con due fili al soffitto, ogni quattro metri circa l’una dall’altra. L’uomo grosso che conduceva con la forza il sequestrato, aveva proprio le sembianze di un orco, soprattutto nelle zone del corridoio dove c’era più oscurità. Fra un cono di luce e l’altro, i riflessi chiaro-scuro sul suo viso, creavano l’effetto ottico di piccoli solchi, che lo facevano sembrare un teschio. Un orribile teschio che fluttuava nella lugubre e silenziosa penombra.
<<Dove mi sta portando questo mostro?>>, si chiese Federico e intanto arrivarono davanti a una porta che era di un ascensore.
Bond pensò anche, mestamente, quale fine avesse potuto fare la povera prostituta Andrea.

Entrarono all’interno e l’aguzzino schiacciò il tasto del quinto piano. Federico appurò quindi che si trovavano in un palazzo e notò, dalle numerazioni dei tasti, che era di otto piani. Mentre l’ascensore saliva, fece un sogghigno isterico, guardando le sue mani legate con il nastro. Pensò:
“Con un energumeno del genere come guardiano, non mi sarei mai e poi mai azzardato, nemmeno nei miei pensieri più pazzi, di provare a scappare”.

Arrivarono a destinazione e quando si aprì in automatico la porta, accedettero direttamente in un ampio locale molto luminoso, di un appartamento. Bond fece molta fatica a tenere gli occhi aperti, perché si erano abituati alla penombra e presunse che la luce provenisse dal sole. Pertanto dedusse che si era fatto giorno.
Vide frontalmente a lui, in fondo, un uomo seduto davanti a una scrivania.
Federico riuscì a scorgere che aveva i capelli lisci e corti e ben pettinati, color cenere che davano un tocco di modernità a un uomo anziano d’altri tempi.
<<Buongiorno signor Bond, venga, venga qui davanti alla scrivania e si accomodi sulla sedia>>, disse l’anfitrione-criminale e il sequestrato, avvicinandosi a lui, prima di sedersi , poté notare che aveva le sopracciglia chiare, sottili sopra occhi grigi guardinghi. Rughe evidenti sulla fronte ma poche sul resto del viso, ben rasato e un naso sottile sopra una bocca leggermente ricurva verso l’orecchio sinistro. Segno caratteristico del suo viso: una leggera cicatrice che scendeva dal labbro inferiore fino a scomparire fino a sotto il mento affusolato.
Frattanto il bruto rimase appoggiato con la schiena al muro, di fianco all’ascensore.

<<Sono Carmelo Benetti. Pensi che bello signor Bond aver preso dui piccioni cu una fava!>>
Il sequestrato intanto pensò: “questo capomafia è proprio un vero terrone, non è proprio capace di parlare bene l’italiano per intero!” e notò che la stanza era molto luminosa perché c’era una grossa finestra all’angolo, alla sinistra di Benetti. Mentre alla sua destra c’era una porta in legno. A parte la scrivania, c’era un divano a quattro posti sul lato della porta, mentre sul lato della finestrona c’era un mobile a sei ante e dei ripiani tutti occupati da file di libri, che erano così ben allineati da sembrare finti.

Il boss, prima di continuare a parlare si alzò e si sedette sul divano. Poi si accese un sigaro cubano e buttò fuori dalla sua bocca del fumo, nella direzione di Federico, con disprezzo.
<<Quando i miei uomini hanno constatato ca lei è il figghiu di Andrey Bykov, ho pensato: Bingo! Finalmente incastriamo quel bastardu di Atropo, una volta per tutte! Adesso, con le buone maniere le chiedo: unni sta suo padre?>>

Bond aspettò qualche secondo prima di rispondere. Meditò che se anche avesse negato tutto avrebbe solo prolungato il supplizio. Sicuramente il mafioso lo avrebbe torturato e così pensò intensamente a tutti i suoi cari, soprattutto ai suoi figli e Rebeca. Così si fece coraggio, guardò fisso negli occhi l’anfitrione-criminale e gli disse la verità:
<<Sono io Atropo, mio padre è scappato all’estero. Lui non ha più niente a che fare con l’uomo che si maschera da diavolo.>>

<<Ma che stronzata mi sta dicennu? Vuole dirmi che lei si veste da Atropo e ha fatto tutte quelle cose ultimamente? Non ci credo mancu si lu vidu! Significa che ora cominciamo con le cattive maniere!>>

“Cazzo! Ora questo bastardo non mi crede! Vaffanculo!”, pensò costernato Federico, ma non mostrò segni di fragilità sul suo viso.
Benetti osservò Bond per alcuni secondi finché ordinò:
<<Viktor vieni qui!>>
<<Mi dica capo>>, disse l’ucraino.
<<Portami qui Andrea!>>

Dopo qualche istante arrivò nel locale la donna accompagnata dal servitore.

La giovane rumena aveva uno sguardo insolitamente inespressivo. Stava in piedi di fianco al divano e guardava davanti a sé un punto fisso. Era come se fosse sedata. Portava un pareo a fiori colorati su fondo blu, avvolto sul seno che scendeva a una spanna sopra le ginocchia.
Il capomafia fece un paio di tiri del sigaro e disse:
<<Ecco la mia puttanella.>>

Benetti affidò il sigaro nelle mani di Victor, si alzò e strappò il pareo che indossava Andrea che rimase completamente nuda. Il mafioso le baciò, da dietro, il collo e le palpeggiò i seni con entrambi le mani.
Nel frattempo, Bond, disgustato abbassò lo sguardo ma il malavitoso lo costrinse a osservare dicendogli con disprezzo:
<<Le conviene guardare e anche attentamente.>>
Il figlio di Bykov fu costretto ad assistere allo spettacolino deplorevole, perché Benetti si fece dare un pugnale dal suo servitore e appoggiò la lama sul collo della povera prostituta che era sempre impassibile, come se quello che stava succedendo non la riguardasse.
<<Come vede Bond è una puttanella al mio completo servizio, per soddisfare tutti i miei desideri. L’ho costretta a prendere la famosa droga dello strupo, giusto un pochino di “GHB” per non farla stare male e ora posso fare quello che voglio su di lei, senza nessuna opposizione.
Il criminale diede indietro l’arma tagliente a Victor e continuò a baciare il collo della sua vittima e poi, con la mano sinistra palpeggiava sempre i seni, mentre con la destra le accarezzava il pube.

Finalmente, dopo parecchi secondi che parvero interminabili per Federico, si sedette e fece accomodare Andrea sulla sua gamba. Poi si fece ridare il sigaro dal servitore ucraino, fece un paio di tiri e disse con arroganza:
<<Come vede lei è mia, è il mio giocattolino personale. Però mi ha fatto notevolmente incazzare in questi ultimi tempi. Le ho lasciato del tempo libero e si è allargata un po’ troppo, si è voluta divertire con lei Bond, senza chiedermi il permesso. Vero bambina?>> Domandò a lei volgendole lo sguardo e baciandola sulla bocca forzatamente, emettendo uno schiocco disgustevole.
Federico voleva in quel momento urlare a squarciagola al vessatore che lui non aveva approfittato delle virtù carnali della donna, perché non si riteneva un maiale bastardo alla sua stessa stregua. Ma ovviamente si trattenne nel farlo per non peggiorare una situazione altamente e drammaticamente rischiosa.
Inoltre, il sequestrato notò che Benetti, sotto l’abito gessato beige e camicia nera, aveva una fondina attaccata alla cintura in cui era riposta una pistola. L’arma era coperta dalla giacca e lui pose volutamente la mano sulla stessa per mostrarla e fare capire di non fare scherzi.
“Questi bastardi malavitosi si prendono tutte le cautele possibili: sono qui seduto e legato alle mani e con quel bestione ucraino che mi controlla. Come caspita potrei mai oppormi a loro?>>, pensò Federico mestamente.

<<Ora puoi portartela pure di là nella camera da letto, Victor!>>
Il servitore obbedì subito sollevando la donna e adagiandola sulla sua spalla come se fosse un sacco di patate. Bond seguì loro con lo sguardo, vedendo le grazie posteriori nude di Andrea allontanarsi e poi scomparire dietro la porta aperta, che poi venne chiusa. In quel momento sentì una rabbia in corpo che non aveva mai provato nella sua vita. Benetti si alzò e si avvicinò a lui.
<<Adesso mi dirà dove si trova quel bastardo di suo padre!>>
Delle urla strazianti femminili provenivano dalla stanza comunicante dove si erano trasferiti Victor e Andrea. O meglio, dove il mostro aveva trasportato coattivamente sulla spalla la prostituta nuda e indifesa.
<<Non fatele del male, vi prego!>>
<<Ma che le frega di quella zoccola, pensi alla sua di pelle, scemo! Mi dica quindi dove posso scovare Bykov!
E poi può stare tranquillo per la puttana, urla perché quella merda di ucraino ha il cazzo molto grosso. È per questo che la sente strillare!>>, disse il capo mafia, sorridendo, con una naturalezza terrificante.
Bond, quando all’ennesimo strepito, la sentì implorare:
<<Ti prego Federico, aiutami!>>
Pensò che la povera Andrea era ritornata in sé stessa e pertanto le sue sofferenze potevano essere più dolorose, così, incurante che lui avesse le mani legate e Benetti fosse armato, si alzò di scatto e corse verso la porta. Non appena arrivò davanti all’uscio, appurò che era chiuso e alle ennesime urla e richieste imploranti d’aiuto della donna, cercò di sfondarlo.
Ma, alla seconda spallata contro il legno, si udii un colpo di pistola e un sibilo sfiorò l’orecchio destro di Federico che vide un foro nella porta, a pochi centimetri dalla sua testa. In quel momento Bond aveva il cuore in gola ma terminarono le urla strazianti di Andrea.

<<Venga subito qui, stupido!>> ordinò Benetti.

Il sequestrato ritornò da lui e gli disse:
<<Spero che quel mostro del suo uomo non l’abbia ammazzata, perché se così fosse…>>
<<Ah ah ah, stia sereno Bond. Perché se così fosse cosa? Non mi pare che si trovi nelle condizioni di fare chissà che! E poi, un po’ di cazzo non ha mai ucciso nessuno! Visto che non vuole dirmi dove si rintana suo padre, sono convinto che domani me lo dirà sicuramente. Arriverà qui Kovalenko il torturatore. È un altro bastardo nazista ucraino come Victor

ALL LANGUAGES 👇

https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=pfbid025zyr9u1d1isDRX53kv71JGkE5Gtriz3NjRxfh9DdE9q7hYBQY95zTBU3wB599itVl&id=100063661542082

Lascia un commento

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...