Bloody Facebook – Chapter 8
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Federico uscì dalla Caserma alle diciassette e sedici. Come c’era da aspettarsi, i Carabinieri non furono puntuali all’appuntamento, facendolo attendere parecchio. L’interrogatorio, seppur circostanziato trattandosi di persona informata dei fatti, fu comunque molto stressante in quanto inerente a un omicidio. E non si trattava di un omicidio qualunque, ma di Alina. Si ricordò della notizia al telegiornale:
“…è stato commesso un brutale omicidio in uno stabile d’epoca di Monza…” E si sentì un brivido freddo lungo la schiena. Dichiarò ai Carabinieri la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità. Dichiarò che Alina, come altre nove ragazze dell’est, erano membri del suo gruppo Cigno Bianco Facebook. Il suo gruppo era composto da circa mille persone, ma l’identità che effettivamente aveva conosciuto dal vivo era quella di Alina. L’aveva conosciuta in una discoteca di Arcore tre anni addietro. Lei non era sola, ma in compagnia di una sua amica di Mosca, come lei, di nome Agata, della quale in seguito non ebbe più notizie. Entrò subito in confidenza con Alina ed ebbe con lei una fugace avventura amorosa, mantenendo successivamente i contatti tramite Facebook e Whatsapp. Infine dichiarò che non aveva avuto più notizie di lei sui Social da circa una settimana. Alla domanda: “Perchè lei ha chiuso proprio recentemente il gruppo Cigno Bianco”, egli rispose semplicemente che si era stufato e non aveva più tempo da perdere con la sua attività sempre più proficua di programmatore. Federico decise di non tornare in ufficio così, prima di salire in auto, inviò un messaggio a Gabriele avvertendolo che sarebbe andato a casa. Era scombussolato come mai nella sua vita, aveva bisogno di un tiramisù psicologico. Decise quindi di chiamare Rebeca in viva voce. Attese almeno sette squilli e, vedendo che non rispondeva, stava quasi per chiudere la linea quando:
“Pronto?
Ciao Rebeca sono Federico.
Ciao Federico, sono Adelaide, Rebeca si sta facendo la doccia.
“Ciao carissima, tutto bene?” E mentre le fece questa domanda pensò che fosse strano che non stessero facendo la doccia insieme.
“Tutto bene amore e tu come te la passi?”
Federico, sentendosi dire amore, prese subito la palla al balzo, anche se sapeva benissimo che le sudamericane dicono amore come dire caro, e disse:
“non sono troppo al top, ho bisogno di tenerezze, di coccole.”
“Ma amoree! Vieni qui subito da noi che ti consoliamo per bene.”
“Ok tesoro, mi hai convinto, preparatemi una buona feijoada. Passo in enoteca e porto del buon vino rosso, ci vediamo fra poco”.
Federico staccò la linea e, con un gran sospiro di sollievo, ricordandosi di una vecchia canzone di Eros Ramazzotti, pensò: “donne, grazie di esistere”. Ma, proprio una donna, Alina, che faceva parte ormai del suo passato, gli stava alquanto complicando la vita.
Passarono ormai troppe notti a Monza nelle quali l’oscurità della sera portava i presagi della vendetta. La locanda Da Romeo fu il teatro dell’avverarsi delle premonizioni maligne di rivalsa.
-Eccoci Annika, accomodati pure, cosa ne pensi della mia locanda?-chiese Romeo Cosentino.
-Bella, non male, molto rustica e allo stesso tempo molto trendy.-
In realtà, Annika pensava che fosse indecente, bruttissima; ormai non ne poteva più di dover recitare la parte della compiacente.
Arrivò il cameriere e Cosentino ordinò subito l’antipasto di pesce della casa, senza neanche chiedere alla ragazza cosa desiderasse. Mentre attesero, Romeo disse ad Annika:
-Ora sfilati lentamente le mutandine e porgimele dentro il pugno chiuso.-
Annika, sbigottita, si chiese quali altre richieste indecenti avrebbe dovuto attendersi da quell’uomo, e pregò che quella sera si riuscisse a realizzare il piano diabolico ai suoi danni. Guardandosi intorno imbarazzata, cercò di sfilarsi le mutandine senza essere notata. Le fece cadere in terra e, poi, fece scivolare un tovagliolo per poterle raccogliere tranquillamente. Le passò quindi in un pugno chiuso a Romeo, il quale, senza neanche curarsi di chi potesse vederlo, le annusò come se fossero una maschera di ossigeno; infine, sorridendole, le mise nella tasca della sua giacca.
Annika, continuando la recita, dovette, suo malgrado, sorridergli a sua volta; tuttavia, dentro di sé, provava un misto di nausea, disgusto e odio. Terminati l’antipasto, il primo e il secondo,
Romeo ricevette una telefonata e si appartò per poter parlare liberamente dei suoi loschi traffici. Annika prese dalla borsetta la boccetta di sonnifero e, sempre stando attenta a non essere osservata, la versò nel bicchiere di Romeo. Finalmente arrivarono alla fine della cena; Cosentino non dovette neppure pagare il conto in quanto era il proprietario della locanda. Usciti all’aperto, mentre si dirigevano all’auto, Romeo diede una pacca sostenuta al sedere di Annika. Lasciarono il parcheggio della locanda seguiti dalla macchina dei gorilla e, non visti, dagli uomini di Antonio Garbin che li tallonavano. Non trascorsero nemmeno due minuti di strada che Romeo ebbe dei fortissimi attacchi di sonno e disse:
-Stasera non so cosa mi succeda, ora mi fermo e, Annika, tu ti metti alla guida.-
Si fermarono e, mentre scesero dall’auto, uno dei due bodyguards gli chiese se non fosse il caso che guidasse lui al posto suo. Ma Cosentino impose che assolutamente dovesse guidare Annika. Ripartirono e Romeo entrò completamente nelle braccia di Morfeo. Annika proseguì alla guida per un altro paio di minuti e poi, improvvisamente, girò a destra in un viottolo stretto a senso unico. Gli uomini di Romeo che la stavano seguendo, dovettero sterzare a fatica, rischiando di andare a sbattere contro il muro del lato opposto. Così Annika si distanziò ulteriormente dalle guardie del corpo di Cosentino, che accelerarono per raggiungerla, ma vennero bloccati da un Ducato che sbarrò loro la strada. I due gorilla strombazzarono all’impazzata per avere libera la strada, mentre, da lontano, videro che l’auto del loro capo si era fermata. Annika scese e, contemporaneamente, arrivarono due uomini mascherati che prelevarono Romeo per portarlo in un’altra macchina. I Bodyguards non fecero nemmeno in tempo a ripartire che, ormai, i rapitori si erano dileguati. Gli investigatori che, ancora più distanziati, seguirono la scena, non poterono fare altro che la parte degli spettatori senza poter intervenire.
Federico era sdraiato nel centro del letto in mezzo alle due brasiliane nude. Teneva ciascuna delle sue mani piacevolmente appoggiate sui sederi morbidi delle sudamericane che dormivano. Guardava il soffitto rosa con un sorriso soddisfatto, talmente appagato da avere una faccia da ebete. Rebeca e Adelaide prepararono una feijoada squisitissima. Si gustò una delle cene migliori della sua vita, nonostante la giornataccia passata. Ma, in serbo per lui, non ci fu solo una degustazione culinaria. Le due ragazze mantennero pienamente la promessa di consolarlo. Le ore che passò con loro sfumarono felicemente con la stessa leggerezza delle piume al vento. Tanta allegria ma anche parecchia sensualità aleggiò nell’aria e fu messa in pratica fra le lenzuola. Adelaide non faceva lo stesso lavoro di Rebeca, era una fisioterapista e massaggiatrice. Cominciò a massaggiare energicamente le spalle di Federico mentre Rebeca lambiva dolcemente quasi tutta la pelle del suo corpo, alternando anche baci intensi alla francese. Rebeca aveva una fisionomia che si avvicinava alle donne del nord Europa, mentre Adelaide era tipicamente sudamericana con la pelle mulatta e seni ancora più prosperosi. Dopo aver massaggiato le spalle di Federico,
Adelaide passò ai piedi, mentre Rebeca si concentrò ancora di più a baciare la sua bocca appassionatamente. Dopo parecchi minuti di massaggi ai piedi, Adelaide salì lungo le gambe e, poi, ancora più su, finché Federico sentì, con paradisiaco piacere, il calore della sua bocca e della sua lingua sulle sue parti intime. Intanto, Rebeca continuava a baciarlo con trasporto. Terminati i preliminari, i tre giovani diedero vita a una composizione orchestrale lirica indimenticabile. Archeggi di violini, viole, violoncelli e contrabbassi. Arpeggi sensuali e armoniosi. Suoni piacevoli all’unisono di clarinetti, ottavini, corni e controfagotti. E, per finire, un’apoteosi di ottoni, trombe e tromboni a volontà.
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Forte
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Thriller che ti prende…
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Già letto Bloody Facebook in Speranze Letterarie Facebook ma lo rileggo volentieri anche qui…
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Letto un capitolo non vedo l’ora di leggere già il successivo.
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Bloody Facebook: mistero, violenza e passione.
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Bloody Bllody Bloody e ancora Bloody Facebook
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Ottimo lavoro. Complimenti
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L’ha ripubblicato su Write and Create (from Creative Writing Course)e ha commentato:
http://www.writingandformula1.wordpress.com
Ciao
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Ciao, very good
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