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<<Sono passati pochi giorni dall’omicidio del suo fidanzato e lei è già diventata una star system degna del mondo hollywoodiano, a quanto vedo. A parte le sceneggiate che è andata a fare in TV da Barbara D’Urso e da Eleonora Daniele, mi pare che se ne sia già fatta una ragione della perdita di Alberto, viste le innumerevoli foto postate sui Social e il suo ingresso in Caserma: abbiamo dovuto fare intervenire i nostri carabinieri e anche quelli di Abbiategrasso, per la massa di giornalisti che le impedivano di entrare. Ma non le pare signorina Mirella Porta che stia proprio esagerando?>>
La ragazza, seduta di fronte al capo RIS di Parma Vignati era come impietrita alla sua domanda, non aveva evidentemente ragioni sulle quali appigliarsi.
Longobucco, di fianco al suo collega, la stava osservando attentamente notando una peculiarità evidente in tutte le donne della sua generazione, sembravano tutte fatte con lo stesso stampino: capelli lunghi e lisci, tendenzialmente mori; labbra carnose o perlomeno rese abbondanti con miracolosi rossetti lucidalabbra. Occhioni grandi e sensuali, perfettamente truccati come vip del cinema e magrezza quasi impressionante, con gli zigomi sporgenti. Aspetto sensuale, forse sì, ma che facevano tornare in mente i marziani raffigurati nei fumetti degli anni cinquanta, ma con i capelli mori e lisci.
L’ex capo RIS si stava annoiando terribilmente ad assistere all’interrogatorio della ragazza. Anche perché, lo stesso, non avrebbe portato a degli indizi che avrebbero fatto scovare l’assassino. L’omicida mascherato andava ricercato in un losco passato che lo riguardava direttamente. Non appena avrebbero concluso con la pratica della fidanzata della vittima, Longobucco sarebbe andato nel locale dove aveva visto i filmati del killer, ma questa volta per collegarsi al PC e navigare nella rete informatica dei RIS. Doveva verificare un caso avvenuto molti anni addietro a Piacenza, in cui egli partecipò come stagista.
Le domande alla ragazza intanto procedevano:
– da quanto tempo era insieme ad Alberto?
– era un legame serio?
(Domanda del cazzo! Esclamò Longobucco a se stesso)
– c’era qualche persona che poteva essere gelosa del vostro rapporto?
– avevate mai fatto uso di stupefacenti insieme?
– quella sera dell’omicidio avevate per caso litigato?
“Altra domanda del cazzo!”, esclamò ancora l’ex capo RIS dentro di sé e pensando ancora alla giovane, fresca e artefatta presenza della ragazza, rivangò i tempi in cui lui era adolescente per spezzare un po’ la noia che ormai lo aveva dominato. Gli venne un lieve sorriso sulle sue labbra rammentando un episodio grottesco che lo riguardava: quando andava a spiare due amiche che si allenavano a limonare con tanto di lingua e saliva, così non facevano la figura delle ragazze inesperte. E in quel momento fece una gran fatica a trattenersi dal non scoppiare in una fragorosa risata, quando si ricordò che lui si eccitava, a letto alla sera, immaginandosi le due amiche che si allevano a infilarsi le banane nelle parti intime, cercando di lacerarsi l’imene.
Finalmente l’interrogatorio terminò e Longobucco era davanti al computer che l’addetto informatico militare aveva appena avviato e, in pochi minuti predisposto il collegamento all’archivio dei casi affrontati dai RIS di Parma, di almeno trent’anni addietro.
L’ex capo RIS digitò nel matchcode Piacenza e un range di data dal 1989 al 1996 e lesse a bassa voce gli accadimenti:
“Un vagabondo ucciso da un tossico, una donna decapitata dal marito geloso, un uomo avvelenato mortalmente dalla moglie per prendersi i soldi dall’assicurazione e, infine, una giovane donna madre che si è tolta la vita impiccandosi, col sospetto che fosse stato un suicidio simulato perché la madre della defunta aveva denunciato un uomo, colui che però risultò non colpevole.
Come caspita non ha fatto venirmi in mente quest’ultimo caso?
È evidente che sto invecchiando! “
Longobucco ricercò chi fosse l’uomo accusato e poi assolto:
VITTORIO TAGLIABUE
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